IL PROBLEMA NON E’ (solo) LA GRECIA, E’ IN GIOCO L’EUROPA
di Laura Garavini - L'Europa è stata sull'orlo dell'abisso. Adesso si tratta di trarne le giuste conseguenze, per assicurare un futuro migliore a tutto il continente. La crisi che l'Europa sta vivendo può diventare anche un'opportunità per mi- gliorare le cose che non funzionano. E l'Italia in questo può giocare un ruolo importante. Non partecipando alle logiche del muro contro muro dei giorni scorsi, l'Italia può essere un pontiere credibile per riconsolidare l'Europa. Un ruolo di cui si sente un sacrosanto bisogno. Senza tanti giri di parole: nelle ultime settimane è stato perso gran parte dello spirito europeo. Siamo di fron- te ad un infiammarsi di nuovi particolarismi nazionali e a troppi governi che non guidano, bensì si lasciano trascinare dalle paure delle possibili reazioni in casa loro. Questo rende più difficile la collaborazione in una comunità che si è sempre basata sul compromesso, cioè sulla capacità di tutti di mettere la causa comune al di sopra delle faccende nazionali, al fine di potere raggiungere tutti insieme un traguardo importante. Mi augu- ro che l'essere stati sull'orlo del precipizio nei giorni scorsi ci abbia insegnato che l'alternativa ad un'Europa capace di dialogo è un'Europa che si sbriciola e che ci fa retrocedere tutti insieme, di decenni. Sarebbe un bene se le vicende del recente passato riportassero sull'agenda europea anche una riforma pro- fonda delle istituzioni europee. Sappiamo da tempo che servono iniezioni di ulteriore democrazia nelle istitu- zioni europee. E di fronte al revival dei particolarismi nazionali servono ancora di più. Un'Europa che nelle sue decisioni si basasse meno sui governi nazionali e di più sul Parlamento europeo, l'unica istituzione euro- pea eletta direttamente e democraticamente da tutti i cittadini europei, sarebbe meno esposta alle forze cen- trifughe degli interessi nazionali che hanno fatto soffrire molto l'Europa in questi giorni. Così da avere un Parlamento europeo che diventi finalmente il protagonista della politica del continente. Ma può funzionare solo se riusciamo a rianimare lo spirito europeo, finito nei giorni scorsi al reparto terapia intensiva, dando spesso pochissimi segnali di vita. Bisogna ascoltare le critiche di coloro che contestano un'U- nione europea costruita troppo sull'economia e troppo poco sui valori fondanti. La sfida più grande consiste nel creare integrazione europea in settori cruciali come l'immigrazione, il terrorismo, il welfare, la giustizia, i diritti, la sicurezza, la difesa. La crisi della Grecia, che a dire il vero era una crisi dell'Europa, ci ha fatto capire come sia difficile collaborare nell'Unione europea, ma ancora di più ci ha fatto capire che non c'è alternativa se vogliamo risolvere i grandi problemi che questo continente ha di fronte. L'alternativa è buttare il continen- te nel caos. Ed è di fondamentale importanza il fatto che la Grecia continui a far parte di questo processo. Tutti, Germa- nia inclusa, non possono permettersi una Grecia fuori dall'Unione europea, per motivi prettamente politici prima che storici. Non solo perché c'è il concreto rischio che la Grecia finisca per entrare nella sfera d'influen- za russa, con tutte le conseguenze di natura geopolitica che questo comporta. Ma perché un'uscita greca dall'Ue avrebbe il sapore di una sconfitta bruciante per il progetto europeo. Che è e deve rimanere un appro- do definitivo e irrinunciabile. Dobbiamo guardare avanti, ma per potere agire meglio in futuro, va capito cos'è successo nelle setti- mane scorse. Innanzitutto la politica d'austerità imposta da Bruxelles ha fatto soffrire milioni di per- sone creando un brutto humus politico su cui si sono alimentati i populismi nei paesi in crisi. D’altro lato c'è una totale assenza di senso di responsabilità. Lo si è visto in modo eclatante ad Atene, ma anche da parte di diversi rappresentanti dei Governi dell'Europa del Nord. Puntare solo sull'austerità porta ad un vicolo cieco, come il governo italiano ha sottolineato più volte. Il Piano Juncker di 315 miliardi, scaturito anche dalle pressioni del Pd, è una prima importante risposta che va verso un sostegno dell'Europa alla crescita e agli investimenti. Va fatto di più per accelerare quest'iniziativa, per poter raccogliere i frutti di questo sforzo comune. Una volta detto un "No" chiaro e tondo ad una politica di austerità che strangola l'economia e quindi il futuro della gente, va sottolineato anche il fatto che il salvataggio di paesi in crisi non può arrivare solo dall'esterno, cioè da Bruxelles e dai partner europei. Ciascuno è chiamato a fare la propria parte. L'Italia lo sta facendo e la Grecia deve iniziare a farlo anche lei. L'atteggiamento di Tsipras nelle ultime settimane sicuramente non ha aiutato. Anzi... l'offerta Ue che la Grecia ottiene oggi è molto peggiore di quanto le era stato offerto prima del referendum. La strategia di Tsipras non ha pagato. Il referendum ha avuto effetti solo nocivi: non ha dato nessuna risposta politica, ha creato caos economico, ha danneggiato profondamente la fiducia internazionale e soprattutto ha fatto soffrire il popolo greco ad oltranza. La Grecia non è ancora riuscita ad approvare riforme incisive in settori cruciali come quello della corruzione, della concorrenza, dell'efficienza della pubblica amministrazione. Anche gli interessi particolari dei militari e degli armatori, così come il regime fiscale privilegiato per alcune isole e la tassazione irrisoria cui sono sog- gette le flotte greche sono problemi che finora non sono stati affrontati per niente o non a sufficienza da parte del Governo greco. Per troppo tempo ad Atene c'era la voglia di camuffare i problemi interni con i soldi dei partner Ue. L'austerità è un vicolo cieco, ma affidarsi solo agli aiuti degli altri lo è altrettanto. Così come è un vicolo cieco pensare di risolvere tutti i problemi facendo nuovi debiti, pensando di farli pagare successivamente dalle prossime generazioni. Facendo debiti come si vede si consegna uno Stato nelle mani delle banche e questo limita la libertà di decisione di uno Stato democratico, oltre a soffocare le prospettive delle future generazioni. Allo stesso tempo va detto, con ancora più forza: se c'è un partner in difficoltà, che si rende disponibile ad affrontare i problemi a casa sua, questo partner va aiutato! Questo fa parte dei valori centrali dell'Ue. Non rispettarli significa mettere in dubbio i fondamenti della casa comune. In questo senso era più che contropro- ducente che dal ministero di Schäuble nella fase calda delle trattative, trapelasse un dossier che indicava una strada molto concreta per una Grexit. Non è un'attenuante il fatto che tanti altri Paesi del nord e del nordest dell'Europa si siano mostrati ancora più rigidi della Germania, verso la Grecia. L'Europa ha un futuro se la solidarietà rimane un valore fondamentale e se tutti i partner rifiutano populismi e agiscono con responsabilità. L'avvelenamento dei rapporti fra stati partner ed amici è uno dei mali più grandi di cui soffre l'Europa attualmente. Il termine "dialogo" viene dal greco (ed esiste guarda caso anche in tedesco!). Non rinneghiamo questo fondamentale ingrediente della convivenza democratica a causa di egoi- smi che non vanno mai lontani. La storia ce lo insegna! (da www.huffingtonpost.it