di Agostino Spataro (Buenos Aires) Domani 25 ottobre, in Argentina si andrà a votare per eleggere il Presidente della Repubblica, la Camera dei deputati e i governatori di 11 province, fra cui quella di Buenos Aires. Elezioni importanti, anche se, seguendo la campagna elettorale e le reazioni della gente, così non parrebbe. Il più diffuso quotidiano argentino (decisamente anti kirchinerista) ha bollato la campagna elettorale come ” lunga e grigia” forse perchè, deluso dei risultati del suo candidato preferito (Mauricio Macri) che, nei sondaggi finali, non e` riuscito a sopravanzare il candidato dell`oficialismo Daniel Scioli. In realtà, il confronto politico e programmatico fra i tre principali candidati presidenziali è stato scialbo e poco alternativo. Non si sono notate differenze sostanziali sul terreno delle scelte strategiche, neanche su quello delle politiche economiche e sociali. Tutti e tre figli dello stesso dio-mercato, pronti a dar seguito – in misura e con modalita diverse – alle pretese del FMI mirate ad “aggiustare” il debito estero e la spesa pubblica nel senso di un ridimensionamento della politica d’inclusione sociale che ha positivamente caratterizzato la decade kirchinerista. Per altro, c`è da notare che sono tutti e tre oriundi italiani: Daniel Scioli per il peronista-kirchnerista “Fronte per la vittoria” (FPV); Mauricio Macri, sindaco di Buenos Aires e rappresentante del grande capitale per l’aggregazione centrista “Cambiemos” e Sergio Massa, peronista centrista già ministro kirchinerista e intendente della provincia del Tigre, per il fronte “Uniti per una nuova alternativa”(Una). Così dicasi per i candidati vicepresidente: Zannini per FPV e e Gabriela Michetti per “Cambiemos”. Un dato molto singolare questo che vede, per la prima volta nella storia elettorale della moderna Argentina, una corsa tutta “italiana” per la conquista della presidenza. Secondo i sondaggi, gli altri tre candidati, fra i quali – da seguire con attenzione – Nicolas Del Cano per il “Fronte della sinistra” non hanno alcuna possibilità di giungere al traguardo finale. Casualità o c’è dell`altro? Ovviamente, l’italianità dei tre candidati papabili nulla aggiunge e nulla toglie alle caratteristiche del confronto elettorale e alla qualità dei programmi. Non è nemmeno da prendere come motivo di orgogliosa rivincita sulla tradizionale prevalenza politica della componente iberica. Tuttavia, il dato non è da disprezzare, poiché appare anche come segno di affermazione sociale, economica e politica della vasta comunità di origine italiana in Argentina. Se a tutto ciò si aggiunge che anche il Papa argentino è di origini italiane vien voglia di dire che la fase attuale è un momento eccezionale per l’ìtalianità. Senza vacui orgogli e cercando di capire il “fenomeno”, non resta che auspicare che i nuovi governanti s’ispirino a quel che di positivo e di grande c’è (c’è stato) nella tradizione politica e culturale italiana e non a quel che oggi passa il convento. Molto probabilmente vincerà Scioli, al primo o al secondo turno. Una vittoria necessaria, ben accetta, che dovrebbe chiudere ogni possibilità di revanche delle forze moderate e centriste e, perchè no, anche di quei settori reazionari (militari e non solo) che per la prima volta hanno pagato per le loro gravi responsabilità e complicità con la dittatura. Scioli garantirà una coerente continuità al “progetto” kichnerista ? Su questo aspetto qualche preoccupazione serpeggia anche all’ interno de Fronte per la Vittoria, soprattutto nella tendenza di sinistra, più vicina alla presidente uscente Cristina, che teme non tanto una svolta antitetica quanto un aggiustamento, graduale ma incisivo, delle politiche d’inclusione sociale e un riorientamento della rete di relazioni internazionali argentine intessute, con un certo successo, dal 2003 in poi. Di tale disagio si sono fatti portatori alcune associazioni peroniste più ortodosse come quelle ispirate ad Evita e la “Campora” tramite alcuni giovani esponenti fra cui Massimo Kirchner e Alex Kicillof, ministro uscente dell’economia che ha voluto chiudere la sua campagna elettorale il giorno prima e nello stesso stadio in cui ha chiuso Scioli. Insomma, nessuno può avventurarsi in previsioni oggi premature. Tuttavia, l’impressione che se ne ricava è che tali fermenti potrebbero favorire la creazione di uno spazio nuovo e ampio per un’azione unitaria e intelligente della sinistra di classe che, purtroppo, anche stavolta non è riuscita a presentarsi compatta all’elettorato e soprattutto con uno schieramento elettorale più diversificato, ben oltre i confini del suo rigido schematismo ideologico. In realtà, l’izquierda argentina ha visto crescere la sua influenza in taluni settori del lavoro operaio e dei servizi, ma non sembra si sia posto il problema delle alleanze necessarie per sorreggere un progetto vincente e di autentico cambiamento. Tuttavia, è probabile che riesca a spuntare un incremento dignitoso della sua forza politica e della sua rappresentanza parlamentare.