STOCCOLMA - “Nel trascorrere della vita di noi tutti, si sente a volte il bisogno di staccare dalle incombenze quotidiane o settimanali. I due giorni di presunto riposo del finesettimana diventano anche loro una ricorrenteroutine non del tutto distensiva. Se con spirito globalizzato consideriamo le varie etnie, i vari paesi, le varie comunità religiose, ci accorgiamo che in tutti vige la consuetudine di una pausa periodica di più largo respiro. In Italia un tale intervallo è ilFerragosto, mentre i paesi nordici hanno la San Giovanni, festa grosso modo coincidente col solstizio d'estate. I musulmani hanno il mobile Ramadan, che viene vissuto come una ricorrente festa serale. I cristiani, di tutte le dottrine, di tutte le latitudini e di tutte le meridiane, sono accomunati dalla Pasqua e soprattutto dal Natale, culmine del distacco collettivo dalle consuete faccende”. A scrivere è Fulvio Leone che affida le sue riflessioni al portale della Fais “italienaren.com”, edito a Stoccolma. “Molti italiani di Svezia di prima generazione avranno, spero e suppongo, un bel ricordo del periodo natazizio trascorso, più o meno giovani, nella Madrepatria. Tipici sono i ritorni occasionali degli emigrati per pochi giorni, per festeggiare, più che la nascita di Gesù Bambino, il rito del calorefamiliare della prima fase della propria vita. Erano ammirevoli i lunghi viaggi natalizi di lavoratori operosi e gagliardi, che si intraprendevano, specie negli anni Cinquanta e Sessanta, in treni stipati provenienti dalla Germania e diretti giù giù fino in Calabria o in Sicilia. Questi spostamenti ferroviari di andata e ritorno sono oggi un bel ricordo, non esistendo le circostanze già da lunga pezza; ormai si viaggia in aereo a prezzi stracciatissimi oppure in macchina attraversando il cuore dell'Europa. Ma il più bel ricordo di Natale per molti può significare, oltre a genitori e fratelli, un esercito di cugini, zii, cognati, amici di famiglia, bambini e fidanzatini, tutti felicemente riuniti insieme. C'erano probabilmente anche i nonni se non erano già passati a miglior vita. Ai loro tempi ne avevano fatto tanti, cinque, sei, fino a dieci; e taluni numeravano i figli maschi, tranne s'intende il primogenito il cui nome era scontato: Secondo, Quinto, Ottavio. I loro figli ne hanno fatto solo due, tranne le solite eccezioni, e oggigiorno è tanto se se ne fa uno solo. Ci si riuniva in casa di chi aveva più disponibilità logistiche e pecuniarie, e si facevano escursioni a frotte in casa di amici e conoscenti. Tartine ben assortite, brioscine imburrate e infarcite di prosciutti formaggi e salamini, e poi stuzzichini di ogni sorta. Dolcetti abilmente confezionati da provette ed entusiaste casalinghe; e non poteva mancare lo spumante nostrano, chiamato impropriamente champagne. In certe famiglie allargate, alla gloriosa tombola che procedeva a forza di fagioli, si affiancavano altri giochipiù smaliziati, con carte italiane o francesi: sette e mezzo, macao, baccarà, il mercante in fiera. I più volenterosi capifamiglia facevano il banco, e si puntavano soldi veri, perché si matenesse viva l'emozione, ma per piccole somme, monete e monetine. In fondo era una consuetudine innocente perché si giocava soltanto nel periodo natalizio, e quasi sempre per ciascuno la festa si concludeva a tarda sera con piccolissime vincite o perdite. E se era pranzo, il sovrabbondante menù poteva variare anche a seconda dell'asse nord-sud. Ad esempio pasta con le sarde a Palermo, capitone a Napoli, tortellini alla bognese verso il nord, ossobuco a Milano, tacchino ripieno e lenticchie a Roma e in tutto il Bel Paese. E gli stucchevoli dolci erano, a seconda, cassata siciliana, torrone, cantuccini toscani, panforte di Siena. Comunque tutti gli italiani, dalla Vetta d'Italia a Lampedusa, erano (e sono) uniti e accomunati dall'eredità di San Babila, il rituale Panettone, poi coadiuvato dal pandoro veronese. E si faceva il presepe e l'albero di Natale, non solo a uso e consumo dei bambini. Prima dell'avvento del banale e pratico albero in plastica, se non si trovava l'abete, andava bene anche un pino. E alla Standa e all'Upim era uno sfolgorio di ninnoli, palle e palline di varie dimensioni e di tutti i colori; e, oltre alla Sacra Famiglia, una folla di Re Magi, pastori, pecorelle e capelli d'angelo. Non tutti potevano permettersi di comprarli, ma l'ingresso era libero anche a quel tempo (c'era scritto) e lo spettacolo gratuito. Come è cambiato il Natale dei nostri giorni? Il Natale che viviamo in Svezia è diverso da quello mediterraneo? In un'Europa i cui paesi si assomi- gliano sempre di più, le differenze ci sono, ma non credo siano molto grandi a Natale. Il panettone, un po' come la pizza globalizzata, è arrivato quassù già prima di molte altre specialità alimentari. Man mano le ricette italiane, fatte salve quelle tradizionali con le varianti di un tempo, si sono moltiplicate, diversificate, vieppiù sofisticate; Google ce ne dà una ricca messe. Ciò che unisce il nord e il sud europeo di tradizione cristiana mi sembra sia un'evoluzione comune: il più accentuato carattere commerciale. Strenne piccole e grandi a dritta e a manca, a figli e nipoti, a parenti stretti e lontani, ad amici, a colleghi, a vicini di casa, a dirimpettai. Ma che ce ne facciamo di tutti questi regali e regalini? Io posseggo già tutto ciò di cui ho bisogno. Per fortuna è invalsala cosuetudine di ritornare al negozio con l'indelicato scontrino per scambiare. Al posto di questa profusione commerciale, non sarebbe meglio devolvere i nostri soldi in beneficienza, di cui c'è gran bisogno? Anche Bambinello Gesù era poverello, e inoltre in Italia ce n'è una certa tradizione: "non fiori ma opere di bene". Ma gli antropologi ci insegnano che donare è appagante, e soprattutto rafforza i legami con le persone che ci sono care. E poiché nelle società opulente c'è abbondanza di tutto, spesso si cerca di regalare qualcosa di inusitato. Carissimi amici mi hanno regalato un cespuglio e non so che farmene, dove metterlo e come curarlo. Ma non importa, quel che vale è l'amore, l'affetto, il calore, la stima, la vicinanza della gente che ci circonda; e, se è vero, a Natale diventiamo tutti un po' più buoni, specie, come si dice in Svezia, mangiando i biscotti alla cannella e allo zenzero”. (aise -FULVIO LEONE)