Secondo i dati dell’AIRE (Anagrafe degli italiani residenti all’Estero), nel 2012 il numero degli emigranti italiani è significativamente aumentato, passando in un anno da 60.635 a 78.941. Ma essi non possono ovviamente registrare il numero di coloro che, alla ricerca di lavoro oltre i confini del paese, si muovono senza aver ancora cancellato la propria residenza in Italia. Siccome si va all’estero per lo più senza contratti di lavoro predefiniti, per un periodo variabile da uno ad alcuni anni il progetto migratorio è in fase di approntamento e nessuno sa con precisione se il paese scelto è quello che fa al caso, né se l’occupazione trovata, spesso precaria, sarà quella definitiva. Ci si barcamena per mesi nella ricerca di possibilità alternative che rispondano al meglio alle proprie caratteristiche e congenialità. Non raramente si approda in un paese e dopo qualche tempo si tenta la sorte in un altro. Oppure, si torna al proprio paese e dopo un determinato periodo si riprova ad espatriare. Inoltre molti dei contratti offerti all’estero sono legati alle specifiche leggi locali che consentono di lavorare o cercare lavoro per un periodo variabile tra i 6 mesi (Svizzera, Canada) e 1 o 2 anni (permessi per vacanze-lavoro in Australia). In ambito UE la possibilità di libera circolazione diminuisce questi vincoli, ma anche in questa area si assiste ad un andirivieni molto consistente e ad un nuovo nomadismo tra i vari paesi. Questo carattere instabile e ricorsivo è uno dei caratteri distintivi della nuova emigrazione italiana e dagli altri paesi del sud Europa. Proprio per ciò, difficile da quantificare in modo preciso. Proprio sulla base di queste considerazioni, secondo stime accreditate, il numero complessivo di chi emigra in questi ultimissimi anni si aggirerebbe tra il doppio e le tre volte rispetto coloro che figurano nei dati ufficiali dell’Aire. Studi recenti indicano che sommando tutti coloro che tentano la sorte all’estero per periodi più o meno lunghi, saremmo già intorno ai 300.000 all’anno. I dati dello Statistische Bundesamt (Istat tedesco), indicano che nell’ultimo anno, soltanto in Germania sono arrivati oltre 35.000 italiani censiti dalla autorità locali, con un aumento del 40% rispetto al 2011, quando erano stati 25.000; si tratterebbe della metà del dato Aire, solo in uno paese tra i tanti che vengono eletti a meta dei nuovi giovani migranti italiani. Se dovessimo proiettare questo dato su altri paesi ed aree di simile peso ricettivo (Svizzera, Francia, Inghilterra e altri paesi del centro-nord Europa) ci aggireremmo già intorno ai 150.000. A cui sono da aggiungere altre grandi aree metropolitane significative (Montreal e Toronto per il Canada, New York e la California per gli USA, Melbourne e Sydney per l’Australia, San Paolo, Rio e Buenos Aires per l’America Latina) e le nuove destinazioni asiatiche (Cina in particolare, ma anche Est Europa e Africa), oltre ad una lunga serie di destinazioni meno importanti, si dovrebbe facilmente raggiungere il numero di 200.000 espatrii nel 2012. In ogni caso, i dati reali del 2012 o dell’anno in corso li conosceremo tra diversi anni, quando questa emigrazione diventerà stanziale e per molti motivi, le persone si cancelleranno dalle anagrafi dei rispettivi comuni. Troppo tardi per contrastarlo o per rendere meno doloroso per le singole persone. E’ significativo che da molte piccole città e paesi del meridione siano ripartiti molti giovani seguendo le antiche catene migratorie costituite da conoscenti o parenti già emigrati nei decenni passati. Ma allo stesso tempo, è altrettanto significativo che tra le regioni più interessate dai nuovi flussi, figurino in testa la Lombardia e l’Emilia Romagna; come a significare che il fenomeno interessa ormai l’intero paese.
 
PROGRAMMI DI LUNGO RESPIRO…
 
In questo momento noi leggiamo giustamente il flusso di nuova emigrazione dentro l’incedere della crisi; ma questo è solo uno degli approcci possibili. Se dovessimo leggerlo in relazione alle diverse prospettive nazionali riferite all’evoluzione demografica della popolazione, la preoccupazione crescerebbe: studi commissionati dal governo della Germania relativamente all’evoluzione del mercato del lavoro tedesco indicano la necessità di far entrare nell’arco del prossimo decennio, circa 10 milioni di nuovi lavoratori: il trend di accelerazione è già iniziato poiché nel 2012, con 1.081.000 ingressi, si è raggiunto il picco massimo di arrivi in questo paese dal dopoguerra ad oggi (eccettuato il periodo 1989-1995, in cui il flusso di ingressi era addirittura maggiore, ma era relativo agli Aussiedler e Uebersiedler, cioè agli oriundi tedeschi che arrivavano dai paesi dell’est Europa a seguito del crollo del socialismo reale). Solo nel 1970 (anno culmine dell’immigrazione tradizionale dal sud Europa) si registra un numero vicino, ma comunque inferiore a quello del 2012. Ma vi sono ancora altri quadri che accentuano se possibile, la preoccupazione rispetto ad un esodo che rischia di desertificare i paesi del sud Europa: si tratta dell’evoluzione demografica tedesca che stima al 2050 una popolazione che si ridurrebbe, in mancanza di nuova immigrazione, dagli attuali 80 milioni, a circa 50 milioni. Nei prossimi 35 anni, dunque il paese centroeuropeo avrebbe bisogno di un’iniezione di immigrati tale da mantenere stabile almeno l’attuale livello di popolazione; i 30 milioni di persone che rischiano di mancare dovranno pervenire dalla buona volontà di adulti stranieri per i quali si programma dunque un’emigrazione permanente; solo così può essere mantenuto in efficienza il proprio imponente apparato industriale e di servizi e intatto il suo potenziale di nuova grande potenza riemersa. Analogamente in altre aree del mondo si registrano fabbisogni di popolazione aggiuntiva con cui far procedere i trend di sviluppo significativi che si sono registrati negli ultimi 10 anni: in particolare i paesi latino-americani, il Brasile su tutti, che hanno programmato progetti di immigrazione massiccia per lavoratori specializzati in diversi settori produttivi. In assenza di politiche di riequilibrio commerciale e di rilancio dell’occupazione soprattutto in un’Europa nella morsa delle politiche di austerità, questi paesi funzioneranno come idrovore di forza lavoro giovanile aspirando dai paesi più deboli grandi quantità di persone; ovviamente un processo di questo tipo, rafforzerebbe la spirale dell’indebolimento economico dei paesi erogatori di forza lavoro e del parallelo rafforzamento dei paesi più forti, innescando la “auto-sostenibilità” di questi flussi. La fotografia demografica, produttiva e la stessa configurazione politica dell’Europa ne risulterebbe drasticamente modificata rispetto ad oggi.
 
PRECARIETÀ E ASSENZA DI SERVIZI
 
Tra i giovani sono soprattutto i laureati che, spesso anche tramite programmi di studio o stage, tentano la fortuna in paesi in cui stipendi e condizioni contrattuali sono migliori di quello che gli viene offerto in patria. Tra le mete preferite dei giovani italiani, Germania, Svizzera, Francia e Gran Bretagna. Non sempre però le attese e i progetti che spingono i giovani a migrare si concretizzano in effettive storie di successo . Anzi, i giovani italiani, come anche molti altri giovani provenienti dagli altri paesi del sud Europa in crisi, si ritrovano spesso a dover accettare lavori non qualificati, sottopagati e lontani dai loro percorsi formativi. In questo momento, infatti non vi sono misure di orientamento e di concreta assistenza ai nuovi flussi migratori: si parte spesso, come accennato, senza contratti di lavoro già sottoscritti né le informazioni indispensabili per l’inserimento nei nuovi mercati del lavoro. Inoltre, la lingua, le differenze culturali e settori dei mercati del lavoro di fatto già saturi finiscono per deludere i progetti di espatrio e costringono molti giovani a far rientro in Italia nel giro di un paio d’anni. In mancanza di politiche pubbliche e di cooperazione bilaterale che almeno forniscano i basilari elementi di orientamento e di assistenza, sono nate numerose iniziative private di intermediazione tra domanda e offerta a livello internazionale. Tra i tanti, il portale http://www.experteer.it/, molto presente in rete, che offre un servizio di ricerca del lavoro e sviluppo della carriera indirizzato a persone con alte qualifiche e un curriculum di tipo universitario. Il database del sito include 7.500 offerte di lavoro per manager e dirigenti, garantisce una visibilità da parte di un ampio network di “head hunters” e ricerca, tramite la tecnologia del matching, posizioni lavorative in linea con i percorsi formativi ed esperienze. Per chi ha deciso di tentare la fortuna all’estero, è utile sapere che il portale opera anche in Germania (www.experteer.de), Svizzera (www.experteer.ch) e molti altri paesi. Analogamente sono attive agenzie affini in Australia, Canada e altri paesi che sono proiettati su uno scenario analogo a quello tedesco. Oltre a queste numerose iniziative private, (su cui è sempre bene informarsi preventivamente rispetto alla loro validità), sono attive un discreto numero di banche dati pubbliche (vedi http://www.filef.info/), che contengono qualche milione di offerte di lavoro in Europa e nel resto del mondo. Ma il progetto migratorio non è cosa legata solo all’acquisizione di un lavoro; esso coinvolge la persona (e le rispettive famiglie) nella loro interezza ed è auspicabile che, nell’attesa che nuove politiche nazionali ed internazionali sostituiscano, speriamo rapidamente, quelle che ci hanno condotto alla crisi epocale che stiamo vivendo, gli stati si facciano carico pienamente della tutela, dell’assistenza e dell’integrazione dei nuovi migranti, siano essi italiani o extracomunitari. (eminotizie - R.R.T.)