La lentezza della ripresa economica in Italia, il permanere di ampie sacche di disagio economico e di disoccupazione e quindi l’urgenza di introdurre misure di contrasto alla povertà, hanno indotto il Governo a presentare ed approvare un ddl (una legge delega) in materia di contrasto alla povertà e di riordino delle prestazioni previdenziali ed assistenziali e del sistema degli interventi e dei servizi sociali. Il testo di legge delega è arrivato in questi giorni alla Camera dei deputati che dovrà analizzarlo e votarlo per consentire al Governo l’emanazione dei decreti legislativi attuativi della delega. Lo strumento della legge delega rende molto complessa l’azione di conoscenza, comprensione e proposta che siamo chiamati a fare in sede parlamentare, in questo caso con particolare riguardo a diritti e doveri dei nostri connazionali all’estero. Ho già nei giorni scorsi segnalato il rischio che la “riforma” dei trattamenti assistenziali previsti dal ddl possa ripercuotersi sulle pensioni degli italiani residenti all’estero, così come esplicitamente indicato nel disegno di legge delega. Vediamo però di capire meglio le possibili conseguenze per i “beneficiari delle prestazioni dell’Inps residenti all’estero”. Tra le prestazioni di natura assistenziale abbiamo il trattamento minimo, già non esportabile in ambito UE e dello spazio economico europeo, gli assegni al nucleo famigliare e le maggiorazioni sociali. Il trattamento minimo è oggi corrisposto in rarissimi casi: a condizione che si possa far valere un’anzianità contributiva in costanza di rapporto di lavoro di almeno 10 anni in Italia e non si superino delle soglie di reddito individuale e famigliare. Nei paesi a welfare avanzato i redditi sono tali che in pochi casi si rientra nei limiti e comunque la condizione dei 10 anni limita ulteriormente la platea dei possibili beneficiari di tale prestazione. Se il Governo con la delega del Parlamento introducesse l’inesportabilità delle prestazioni assistenziali, ciò varrebbe solo per il futuro mentre gli importi delle pensioni attualmente integrate al minimo verrebbero cristallizzati in virtù di una garanzia costituzionale relativa ai diritti acquisiti; di converso le maggiorazioni sociali potrebbero essere revocate definitivamente. Ma sono certo che nella discussione sul disegno di legge delega e sui decreti attuativi affronteremo la questione e cercheremo di tutelare al meglio diritti e interessi dei nostri lavoratori e pensionati residenti all’estero. Per quanto invece riguarda gli assegni per il nucleo familiare, giova ricordare che essi sono previsti da molte convenzioni internazionali di sicurezza sociale. Escluderli non è possibile, né sarebbe logico escluderli per le pensioni autonome, cioè non in convenzione, e lasciarle per le pensioni in convenzione internazionale. Si potrebbero al limite introdurre limiti reddituali più stringenti. Anche qui i redditi prodotti in paesi a welfare avanzato, anche solo da pensioni, porta i beneficiari a livelli tali per cui gli ANF sono ridotti o non corrisposti. Sulle maggiorazioni sociali e sulla 14esima ricordo che ho presentato una proposta di legge chiedendo che vengano corrisposte a saldo anziché in anticipo rispetto alla valutazione del reddito prodotto. Sarebbe sufficiente questa misura organizzativa per risparmiare tempo e danaro. Invece si rischia di colpire proprio i più deboli, in paesi a welfare debole e coloro i quali hanno un reddito molto basso. In conclusione, si rischia di contrastare la povertà creando altra povertà, forse in qualche angolo del pianeta più distante da Roma. (On. Marco Fedi)