Una riflessione di Fabio Porta, deputato del PD eletto in America Meridionale e Presidente dell’Associazione di Amicizia Italia-Brasile “La spettacolare e sensazionalista operazione organizzata intorno all’interrogatorio dell’ex Presidente Lula da parte del giudice Sergio Moro (ispiratosi, per sua stessa ammissione, all’operazione “Mani Pulite”) ha evidenziato, più che i reali elementi relativi all’inchiesta in corso (la cosiddetta operazione “Lava Jato”) le debolezze e i rischi della radicalizzazione dello scontro politico e della deriva giustizialista che il Brasile sta vivendo in questi mesi. Non c’è dubbio che il Brasile, una delle più grandi democrazie del mondo e – ancora oggi e nonostante la forte crisi economica – uno dei Paesi più ricchi e potenti – abbia bisogno di una urgente e non più prorogabile riforma del sistema politico, fonte esso stesso di episodi ripetuti di corruzione e malgoverno; ad ammetterlo, proprio ieri e sulle colonne dello “Estado de Sao Paulo” è l’ex Presidente della Repubblica Fernando Henrique Cardoso: “Non si tratta solo di Dilma o del PT – scrive Cardoso – ma dell’esaurimento dell’attuale sistema politico brasiliano”. E ancora: “E’ ora di dire la verità: non usciremo da questa situazione senza uno sforzo collettivo ed un cambiamento delle regole del gioco”. A colpirmi, nelle scorse quarantotto ore, è stata la virulenza e il vero e proprio odio scatenatesi sulla “rete” (e non solo) da parte di soggetti di ogni genere. Molto più che le prese di posizioni politiche, in un senso o nell’altro, e più che le prese di distanza o le disquisizioni giuridiche sulla legittimità o meno di questa operazione. Due le immagini che mi hanno maggiormente impressionato: un video “postato” su FB da Oscar Maroni (il discusso e già inquisito proprietario del “Bahamas”, una nota casa notturna di Sao Paulo) nel quale si rende omaggio al giudice Moro con un “ingresso vitalizio” alla casa-bordello e una foto di Lula accanto a Fernando Henrique Cardoso, con la scritta: “Tutti i brasiliani vogliono la loro prigione: non importa chi andrà per primo in carcere !”. No, non è questo il Brasile che conosco e che ho imparato ad amare in oltre venti anni di lavoro sociale e politico; venti anni nei quali proprio il governo di Cardoso prima e quello di Luis Inacio Lula da Silva poi hanno dato al Paese una dignità ed un rispetto internazionale mai avuti prima. Mi ha fatto male, e questa è forse la “terza immagine” che mi ha fatto soffrire in queste quarantotto ore, vedere denigrati i grandi leader del mondo che hanno reso omaggio in questi anni a questo Brasile (in Italia Prodi, DAlema e, più recentemente, lo stesso Matteo Renzi) . No, non siamo stati accecati da nessuna icona e non idolatriamo nessun mito; il mondo ha riconosciuto nei decenni scorsi i grandi passi in avanti fatti dal Brasile, e ciò non vuole dire nascondere o non vedere problemi e contraddizioni del Brasile di oggi che il popolo brasiliano e le sue istituzioni devono affrontare e risolvere. Proprio perché noi italiani conosciamo bene l’operazione “Mani pulite” ci permettiamo di mettere in guardia chi in Brasile sta cedendo con eccessiva facilità alla facile scorciatoia del giustizialismo e della spettacolarizzazione delle inchieste come via alla riforma della politica. Alla crisi della politica e alla sua legittimazione si risponde percorrendo decisamente la strada delle riforme, come ha scritto opportunamente sul Corriere della Sera di domenica il Ministro per le Riforme Istituzionali Maria Elena Boschi. Circo mediatico e giustizialismo sono, al contrario, funzionali alla negazione della politica e non ne favoriscono una sua riforma. Un insegnamento utile, in Italia come in Brasile.”