ROMA - Alla presentazione di questo pomeriggio a Roma, nellAuditorium “V. Bachelet” del Church Palace, del volume “Giovani italiani in Australia. Un “viaggio” da temporaneo a permanente” erano presenti non solo i due autori,
Michele Grigoletti e Silvia Pianelli, il regista Matteo Maffesanti ed i rappresentanti della Fondazione Migrantes, monsignor Di Tora e Perego, ma anche il direttore generale per gli Italiani all'Estero della Farnesina, Cristina Ravaglia, i due parlamentari eletti in Australia, Marco Fedi e Francesco Giacobbe, esponenti del mondo associativo, l'incaricata dell'Ambasciata d'Australia in Italia, Jo Tarnawsky, e diversi giovani.
Tra loro Camilla, occhi vispi e profondi, tra i protagonisti del video-reportage che accompagna la ricerca, ad un passo dall'ottenere il visto australiano, grazie ad una sponsorizzazione maturata dopo l'esperienza in fattoria nello Stato del Victoria, ma poi oggetto di una truffa che l'ha costretta a lasciare il Paese. Ora è in Italia, ma è determinata a tornare in Australia e ad inseguire il suo sogno, con consapevolezza e lucidità. In Australia ha trovato se stessa, ma non rinnega le proprie origini ed anzi ne va fiera. E alle autorità presenti ha rivolto un duplice appello: da un lato “far tesoro dei giovani che se ne vanno e che rientrano con una mente fresca”, proiettata alla “multiculturalità” e con una conoscenza dall'interno della esperienza migratoria; e dall'altro offrire anche a chi decida di vivere la propria vita in Australia di mantenere salda la propria cultura per farla apprezzare anche agli australiani.
In effetti, se un merito va dato alla ricerca – oltre all'aver fornito dati sul fenomeno – è quello di aver aperto il dibattito su una realtà della quale tanto si parla ultimamente ma poco si sa. Lo ha ben spiegato monsignor Guerino Di Tora, presidente della Commissione Cei per le Migrazioni e della Fondazione Migrantes, nel suo intervento di apertura del dibattitto, moderato dal giornalista Rai Enzo Romeo. “Papa Francesco sprona i giovani a non lasciarsi rubare la speranza”, ha ricordato Di Tora, “e questo è un volume di speranza e di entusiasmo, di giovani che amano l’Italia, ma che descrivono minuziosamente gli errori compiuti, le cose che non vanno. Ed è da quegli errori che bisogna ripartire mettendo al centro le loro esigenze espresse, anche con rabbia, ma che dicono a noi che siamo chiamati a fare, ciascuno nella propria posizione, la direzione da prendere, da dove dobbiamo partire per fare e, soprattutto, per fare meglio”.
Come è accaduto a chi ha scelto di andare, salvo poi essere riportato in Italia dalla politica. È il caso dei parlamentari eletti all'estero: tra loro ci sono anche due italoaustraliani: il senatore Francesco Giacobbe e il collega deputato Marco Fedi.
Giacobbe ha posto l'accento sull'aspetto umano della ricerca svolta da Grigoletti e Pianelli. Il volume, ha osservato, presenta unna “grande quantità di statistiche” certamente necessarie ad analizzare un “fenomeno in continua evoluzione” qual è quello dell'emigrazione, che il senatore di origini catanesi ha ribattezzato “fenomeno della scoperta del mondo”. Ma, ha aggiunto, “dietro i numeri ci sono gli uomini, che sono gli attori protagonisti di questo fenomeno”.
Gli ha fatto eco nel suo intervento Marco Fedi: la storia delle migrazioni, quelle di ieri e quelle di oggi, in Europa come in Australia, “è fatta di dati, ma anche di vita vissuta. Dobbiamo raccontarla”. Benvenga allora la ricerca promossa dalla Migrantes, che sviscerando un fenomeno della caratteristiche nuove quale la nuova mobilità italiana verso l'Australia, consente di “affrontare questo tema con maggiore energia e consapevolezza”. Fedi ha poi annunciato la volontà di istituire “a livello parlamentare” un Osservatorio permanente dei flussi migratori, spiegando: “dobbiamo dotarci degli strumenti per conoscere un fenomeno”, per essere poi in grado di “elaborare scelte politiche” adeguate. Non molti sanno, ad esempio, che il flusso verso l'Australia ha subito in questi ultimi tempi una flessione a causa dell'introduzione da parte del governo di Canberra di nuove regole fiscali “penalizzanti” per gli italiani, che stanno perciò virando verso la Nuova Zelanda. A Roma si attende la nomina del nuovo ambasciatore, al quale Fedi ha annunciato l'intenzione di presentare “alcune proposte” in materia non solo fiscale, ma anche per la tutela in campo sanitario e per i visti.
Qualcosa intanto si muove a livello locale e ciò grazie all'iniziativa ed alla fattiva collaborazione tra la rete consolare italiana ed il mondo dell'associazionismo italiano in Australia (e non solo. Basti pensare che il Consolato a Londra registra 2mila nuovi iscritti all'Aire ogni mese). Lo ha sottolineato con orgoglio il direttore generale del MAECI Cristina Ravaglia, autrice peraltro della prefazione al volume: per rispondere alle esigenze espresse dalla nuova migrazione – fatta, sì, di professionisti, ricercatori e accademici, ma anche di chi ancora oggi, come nel secolo scorso, si reca all’estero “in cerca di un futuro migliore senza possedere una specifica esperienza professionale” - “gli Uffici della rete diplomatico consolare italiana, insieme ai diversi organismi legati alla presenza di nostre comunità all’estero e anche attraverso il supporto dei mezzi informativi e informatici, stanno da tempo adoperandosi per fornire informazioni sulle opportunità di lavoro, sulla normativa fiscale e su altri aspetti logistici dei Paesi di accoglienza per facilitarvi l’insediamento dei nuovi migranti”.
Particolarmente toccata dal video-reportage “88 giorni (nelle farm australiane)”, che accompagna il volume e la ricerca sui giovani italiani in Australia, Ravaglia si è detta “colpita dall'acrimonia e dalla rabbia” espressa da alcuni ragazzi, ma anche dalla loro “consapevolezza”: sanno “di dover andare”. In questo spirito sono nati gli accordi bilaterali di vacanza-lavoro: l'Italia ha stipulato il primo nel 2001 con la Nuova Zelanda, ma ci sono Paesi, come l'Australia, ma anche la vicina Germania, in cui prendersi un “anno sabatico” e recarsi all'estero fa parte del normale processo di crescita di un ragazzo. Sarebbe auspicabile che diventasse una prassi anche in Italia, dove invece spesso ad emigrare verso l'Australia sono giovani decisamente più maturi dei loro “colleghi” francesi, tedeschi o di altra nazionalità.
L'identikit dell'immigrato italiano “temporaneo” in Australia rileva non a caso un fenomeno tipicamente nostrano: tra i 27 e i 31 anni, ha lasciato l'Italia perché senza lavoro, frustrato e insoddisfatto, non ha nulla da perdere e cerca il posto più lontano possibile per avere uno stacco netto dall'Italia. Fa di tutto per non tornarvi e per questo è disposto anche ad una esperienza nelle “farm”, per quanto dura questa si possa rivelare. Qui entra in contatto con altra gente, con la natura e con se stesso. Ricomincia ad essere sicuro di sé, indipendente ed autosufficiente, comprende cosa siano il sacrificio ed il rispetto e recupera la serenità perduta.
Ad illustrare questi ed altri dati – come ad esempio la maggiore presenza negli Stati del NSW e del Victoria e l'aumento in un solo anno del 24% dei visti Students - i due autori della ricerca, Michele Grigoletti e Silvia Pianelli, anche loro emigrati a Sydney dove hanno fondato il gruppo indipendente di ricerca “Australia solo andata”.
Accanto a loro Matteo Maffesanti, regista del video-reportage “88 giorni nelle farm australiane”, che ha parlato di una esperienza “dal grande impatto emotivo” in luoghi remoti, rurali, lontani dalle città, dove, impegnati nei campi e tra le roulotte, i protagonisti si metteno in gioco, “vivono questa avventura con determinazione, alla scoperta di se stessi e delle numerose possibilità che il viaggio offre”. Sono “ragazzi maturi che, in Australia, stanno scoprendo la possibilità di sviluppare in pieno le loro capacità, quelle stesse che l’Italia non ha riconosciuto”.
Il reportage è una testimonianza visiva dello spaccato giovanile del 2016; mostra e fa capire come mai i giovani hanno fatto questa scelta, dove e con chi vivono, cosa pensano del proprio futuro e cosa si aspettano dall’Australia.
L'intervento conclusivo è stato affidato a monsignor Giancarlo Perego, direttore Generale della Fondazione Migrantes. “Il libro da una parte ci ricorda il cammino nuovo di molti giovani italiani oggi verso l'Australia, alla ricerca di un lavoro, ma soprattutto per conoscere una realtà economica e sociale diversa e per valutare la possibilità di mettere a frutto conoscenze e competenze; dall'altra il libro ci segnala i disagi, anche le sofferenze, i sacrifici, l'abbandono in cui talora vivono questi nostri giovani. In questo senso, la ricerca costituisce un riferimento importante anche per le istituzioni italiane e australiane, al fine di strutturare iniziative e politiche nuove di accompagnamento e di tutela dei giovani in cammino verso l'Australia”. (r.a.\aise)