ROMA - Tante le voci delle associazioni che oggi hanno partecipato alla prima assemblea congressuale del Forum delle Associazioni Italiane nel Mondo convocata a Roma. Dopo la relazione introduttiva di Pietro Lunetto, i lavori della mattina sono proseguiti con il dibattito. Primo ad intervenire Aldo Alenta (Alenta). L’associazionismo, ha esordito, è “un mondo difficile da catalogare e coinvolgere” oltre che “ignorato dal mondo politico-istituzionale che, anno dopo anno, si sta ritirando dal campo, dopo le “concessioni” culminate col voto all’estero. Ora tutti puntano sulle business community e allora – ha proposto Alenta - bisogna interloquire con lo Stato e fare comunità per collegarsi agli imprenditori”, in una sorta di approccio “economico”, che per Alenta “è quello che attrae la forza politica”. Il rappresentante dell’Unaie ha quindi lanciato un “appello alla concretezza: dobbiamo far capire la funzione delle associazioni e puntare sui giovani con scelte di campo precise”, prima tra tutte quella di “accettare il loro modello organizzativo - aderire alle loro associazioni “virtuali” – e passare il testimone, sentendoli perché loro sono il futuro”. Presente ai lavori, anche Eugenio Marino, responsabile del Pd mondo chiamato a portare un saluto ai presenti. “Ho apprezzato la relazione molto politica di oggi che – ha osservato Marino – è stata diversa da quella svolta agli Stati generali. In quella occasione avete detto che le associazioni devono essere apolitiche. Non sono d’accordo: per me devono essere apartitiche, ma non apolitiche. Le associazioni fanno politica, devono fare politica e dialogare con tutti i partiti e le istituzioni”. Allo stesso tempo, i partiti “devono stare nelle associazioni e dialogare con loro”, così come accade nel Cgie. Per Massimo Angrisano (Filef) il Faim può essere una “opportunità, se superiamo divisioni e ampliamo la rete”. Se le istituzioni hanno “abbattuto il loro intervento, la loro attenzione e il loro interesse, oltre che le risorse” bisogna “riprogrammare le associazioni provando a diventare attrattivi verso le nuove migrazioni” e attraverso loro “promuovere un livello più alto di partecipazione” soprattutto in vista del referendum confermativo di ottobre. Secondo Carlo Ciofi (Ctim) il Fiam deve redigere “proposizioni nuove tenendo conto di quello che accade nel mondo”. Il Forum “deve dare uno scossone all’emigrazione”, riattivare il rapporto con le regioni e “rispolverare le consulte”. Così come al Cgie, Ciofi ha ricordato ai colleghi anche la drammatica situazione in Venezuela invitando il Forum ad impegnarsi per portare aiuto ai connazionali. Arrivata da Barcellona, Valeria Saltarelli ha portato al forum i saluti della Casa degli italiani, nata 150 anni fa, confermando la “disponibilità a lavorare” all’interno del Fiam. Anche l’Anfe è a disposizione del Forum, ha confermato Goffredo Palmerini, secondo cui “più che disattenzione c’è un difetto di conoscenza”. L’Italia ha rimosso la storia dell’emigrazione e ancora non rimedia: compito del Faim, quindi, dovrebbe essere anche quello di “mettere in sinergia le specificità di tutti, per far comprendere e conoscere l’emigrazione agli italiani”. Del rapporto con i corregionali all’estero, ma anche con i migranti sul territorio, ha parlato Laura Salsi della Filef di Reggio Emilia, una associazione nata nel 1970 che “dalla fine di quegli anni ha dato attenzione anche a chi arrivava sul nostro territorio e da allora non ha mai smesso”. Michele Consiglio (Acli Svizzera) ha sostenuto che “il diritto delle persone di muoversi è lo snodo delle politiche di questo secolo”. Quanto ai nuovi migranti “la partita non si gioca solo sui servizi e l’accoglienza”, ma anche sulla rappresentanza. Per Roberto Vezzoso (Istituto Fernando Santi – Marchigiani nel mondo) il punto è chiedersi “come le associazioni possono essere utili al territorio” soprattutto nel dare informazioni chiare e certe ai tanti giovani che partono dall’Italia. Mario Zoratto (Oltre confine – associazione culturale Bruno Zoratto) ha presentato la nuova associazione, sintetizzato l’opera di Bruno Zoratto, scomparso nel 2004, e ribadito che “la potenza delle associazioni è la rete di strutture in Italia e all’estero”. Il Faim deve “difendere i valori degli italiani all’estero ma anche avviare una riflessione non banale per cercare soluzioni su mobilità, integrazione e sviluppo socio economico”. Critico l’intervento di Salvatore Augello (Usef) che dalla giornata di oggi si aspettava “più concretezza”, visto che “dello strumento vero e proprio ancora non c’è contezza”. La struttura del Faim, per Augello, deve essere “verticale, con un organismo che dirige e entra in contatto con il mondo dell’emigrazione”, se no diventa un Forum “ricco di sigle ma povero di persone”. La “verticalità riempirebbe il Faim di contenuto”, magari “prendendo il posto delle consulte regionali che ormai sono morte”. Come membro del Carse, Augello ha ricordato che quella siciliana che non viene convocata da anni e che quindi le associazioni che la compongono l’hanno riconvocata il 12 luglio. Presente a questa parte dei lavori anche Fabio Porta, deputato Pd e presidente del Comitato italiani nel mondo e promozione Sistema Paese della Camera. Oggi, ha esordito, “viviamo un passaggio epocale nelle politiche degli italiani all’estero. Dobbiamo tutti fare una riflessione a 10 anni dall’elezione dei primi eletti all’estero”, ha aggiunto Porta, secondo cui “anche grazie alla riforma costituzionale, che spero approveremo, ci apprestiamo ad entrare in una nuova fase in cui la circoscrizione estero può essere un fattore importante nel rapporto tra Italia e italiani all’estero”. Porta ha quindi invitato il Forum a “volare alto, a dire “no” al particolarismi, agli interessi locali, ma a guardare alla nuova emigrazione e agli italici. Dovremmo parlare meno di noi stessi e più delle grandi questioni” ad esempio di come le associazioni possono “crescere alla luce della riforma del terzo settore”, ma anche della “informazione e dell’editoria italiana all’estero nella legge delega ora in Senato; così come della promozione di lingua e cultura nella legge delega sulla Buona Scuola; o di internazionalizzazione”, ha aggiunto Porta, citando il dottorato di Marina Gabrielli sul “Turismo di ritorno”. Tutte queste sono “sfide da vincere per spiegare perché siamo una risorsa”. Il dibattito è quindi proseguito con l’intervento di Guglielmo Bozzolini (Ecap) secondo cui bisogna lavorare al “riconoscimento dell’autonomia della rappresentanza sociale rispetto a quella politica” così che “la prima sopperisca” alle lacune della seconda, ad esempio sul fronte lingua e cultura. In questo ambito, sia il Fiam che i futuri Forum Paese possono “elaborare proposte condivise, non solo rivendicazioni di fondi” facendosi carico di “proposte condivise, pensando non solo ai Paesi dove risiedono italiani, ma anche a quelli da dove partono i migranti che vengono in italia”. Bozzolini ha quindi citato le ultime decisioni prese da Gran Bretagna, Germania o Svizzera su “mobilità e moratorie sui diritti sociali” sostenendo che esse sono in primis “contro italiani e spagnoli” perché sono soprattutto loro i cittadini europei che emigrano. Il Forum, dunque, “deve richiamare l’attenzione della politica italiana su questo punto”. Sicuramente il più giovane in sala, Alberto Piccini è giunto dalla Puglia per parlare della sua associazione, Zig_listen to diversity, nata 4 anni fa “con ricerca sulla memoria storica dell’emigrazione” italiana e regionale, “come strumento non di amarcord, ma per promuovere e dare nuovi codici interpretativi ai nuovi migranti”. Le nuove associazioni sono un “ponte” sia “generazionale” con quelle della vecchia emigrazione, ma anche con gli enti nati in Italia per riunire gli immigrati. Loro, ad esempio, hanno organizzato “laboratori che hanno coinvolto ex emigranti insieme a richiedenti asilo dei centri Spraar nel leccese” per creare “nuovi percorsi” certo, ma anche per scoprire che allora come oggi i problemi di chi lascia il suo Paese sono sempre gli stessi. Intervenuto per Abruzzo mondo, Gianni Lattanzio ha invitato le associazioni a “guardare al futuro non al passato, come ha detto Volpini. La tradizione è il trampolino che ci aiuta a saltare più lontano. Le associazioni devono coltivare le tradizioni per avere radici, ma dalle radici devono trovare la forza per guardare più lontano”. Il Faim deve “collaborare con le istituzioni italiane, con i Comites e il Cgie per creare luoghi accoglienza e orientamento per i giovani migranti. Così vecchi e nuovi costituiranno insieme una rete di presenze”. Mina Capussi (Un mondo di italiani e Segreterio Aitef del Molise) ha ricordato il “bisogno di informazione degli italiani all’estero”, mentre Giuseppe Abbati (Aitef) ha stigmatizzato le “assenze politico istituzionali” alla giornata di oggi che “dimostrano la debolezza delle associazioni. Oggi qui non c’è lo stato e non ci sono le regioni”. Occorre “costituire una rete per creare il consenso, per fare progetti più ampi e condivisi” e occorre “pensare a come far valere i nostri diritti”. A chiudere il dibattito l’intervento di Giuseppe Tabbì (Acli Germania): anche lui ha sottolineato l’importanza di essere al fianco dei giovani migranti anche perché “oggi assistiamo alla perdita di solidarietà nella comunità. Su Facebook fai una domanda e ti rispondono in 150, ma nei modi più assurdi” dunque è più difficile “avere certezze”. Anche per questo a Stoccarda, dove vive, “abbiamo elaborato una guida in italiano e collaborato ad un piccolo centro informativo”. Le associazioni, in questo senso, devono “sviluppare le proprie competenze così da dare informazioni corrette” a chi ne ha bisogno, anche e soprattutto collaborando “con le istituzioni locali” che sono “ancora poco raggiungibili”. (ma.cip.\aise)