(SA) - Forse qualche cosa in più doveva emergere al primo congresso del Forum delle Associazioni Italiane delle Migrazioni (FAIM), tenutosi a Roma il 29 aprile scorso. Esso infatti, non rappresenta solo un modo per rompere il silenzio che da tempo si è addensato sul mondo dell’emigrazione, sul misconoscimento del ruolo delle associazioni, su quanto fa la politica per i tanti italiani sparsi per il mondo. Rappresenta l’ultima frontiera di un movimento che non riesce a rompere l’apatia che c’è attorno a questo settore, che pur ha fatto notevoli passi avanti in passato, sia nell’organizzazione che nel conquistare organismi di rappresentanza che forse non sono stati adeguatamente potenziati e difesi. Mi riferisco ad esempio ai COMITES, che sono rimasti nel limbo per un decennio, come d’altro canto anche il CGIE; mi riferisco alla conquista del voto all’estero ed al fatto che ormai i parlamentari eletti all’estero portano all’attenzione del Parlamento le problematiche di questo articolato e composito mondo delle migrazioni. Questa eredità, questo patrimonio, assieme alla lunga esperienza in emigrazione di centinaia di federazioni, di associazioni regionali, di consulte, deve sapere cogliere e valorizzare il FAIM, se vuole giocare un ruolo attivo nel settore. Non starò qui ad elencare ad elencare le tante cose che ci sono da fare, ma voglio invece richiamare l’attenzione sul tipo di strumento che a mio avviso deve essere il nuovo soggetto politico che nasce da questo primo congresso. Il FAIM, all’origine nasce come organismo di terzo livello, con il compito di raggruppare ì, come sopra diceva, le federazioni, le associazioni regionale, le associazioni nazionali, già presenti nella Consulta Nazionale dell’Emigrazione (CNE), dalle cui ceneri orggi nasce il FAIM dopo lungo confronto e dibattito. Un soggetto politico, quindi, che deve rappresentare un organismo verticale che inquadra ed orienta la politica delle federazioni aderenti, nell’interesse supremo del movimento associativo e delle comunità di migranti. La sua forza è già nella composizione verticale e nella consistenza organizzativa con la quale concorrono i singoli soggetti aderenti. Non v’è dubbio che un soggetto politico di questo tipo, ha anche bisogno di una sua orizzontalità organizzativa e rappresentativa, ma vi sono diversi tipi di orizzontalità, quali ad esempio:
1. quella rappresentata dall’adesione di singole associazioni operanti sui vari territori di emigrazione, cosa non prevista espressamente nello statuto. Allora bisogna mettere mano allo statuto e fissare paletti precisi per potere aderire. Uno di questi paletti è senza dubbio la democraticità della struttura e la sua consistenza di cui va statutariamente fissata in un numero minimo di aderenti per potere accedere al FAIM. Questo porta in se il rischio di esautorare le varie strutture federate alle quali le singole associazioni aderiscono, ma, se ion bene strutturato, questo è un tipo si orizzontalità che può portare alla costruzione di un soggetto ricco di sigle, ma scarso di contenuto umano.
2. altro tipo di verticalità, ed è quella per la quale io sono propenso, è quella che partendo dalla struttura verticale, si arrivi ad una politica di alleanze che sappia coinvolgere e valorizzare l’apporto dei COMITES, del CGIE, del Parlamentari eletto all’estero, delle varie istituzioni che si occupano della politica dell’emigrazione, come gli Istituto di Cultura etc. D’altro canto, così operando non faremmo altro che rispettare quanto previsto dall’articolo uno della statuto del FAIM, che al primo paragrafo, così recita: “Il Forum delle associazioni degli Italiani nel Mondo (FAIM), si compone delle federazioni più rappresentative operanti all’estero, di quelle regionali e delle associazioni della “nuova emigrazione”, come esito del percorso avviato con gli Stati Generali dell’associazionismo degli italiani nel mondo. Qualora si volesse percorrere una strada diversa, allora bisogna mettere mano allo statuto ed adeguarlo allo strumento che sui vuole creare, in maniera diversa, corriamo il rischio di descrivere uno strumento e di dare la vita a qualche cosa di completamente diverso. In ogni caso, il primo obiettivo che si deve porre il FAIM, è senza dubbio quello di cancellare vecchi schemi che vogliono l’emigrazione come un soggetto da assistere, per rilanciare invece lo schema di un settore che al di la da non costituire un peso, costituisce una risorsa enorme e nelle risorse si investe se si vuole che rendano.
Salvatore Augello