L’attesa riforma in materia di insegnamento della lingua italiana all’estero derivante dall’esercizio della delega dettata dalla legge 107/2015, costituisce per noi uno degli obiettivi prioritari di questa legislatura. La riforma della “Buona scuola” voluta da questo governo e le stesse dichiarazioni del Presidente Renzi sulla lingua italiana quale ponte più diretto ed efficace tra l’Italia e le nostre comunità, ci hanno permesso di sperare di poter arrivare, dopo tanti anni, ad un risultato concreto. Per questo motivo il nostro augurio è che il decreto non ci consegni una riforma che sia il frutto esclusivo del confronto MIUR e MAECI. In sostanza, che questa riforma di sistema non sia scritta da pochi. La nostra prima preoccupazione riguarda, in questa fase, proprio i protagonisti della riforma. Per ora si tratta soltanto dei due ministeri, il MIUR (Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca) da un lato, e il MAECI (Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale) dall’altro, su un impianto di delega molto ampio. La seconda preoccupazione è conseguente alla prima: dal novembre 2015, periodo in cui abbiamo esaminato una prima bozza, ad oggi, il coinvolgimento del Parlamento è stato minimo. I momenti di incontro sono sempre utili, sia chiaro. Crediamo, tuttavia, che non bastino pochi minuti per predisporre l’impianto di una riforma che si attende da decenni. Che uso faranno i funzionari ministeriali del lavoro svolto dal Comitato per le questioni degli italiani nel mondo del Senato, delle proposte avanzate dal documento dei deputati del PD, delle diverse proposte di legge depositate in Parlamento? C’è davvero il bisogno di conoscere la direzione in cui si sta procedendo. Abbiamo bisogno di capire, ad esempio, se i punti cardine su questa materia avanzati dal CGIE nella sua relazione per l’anno 2014 con proiezione per il triennio 2015-2017, analizzata lo scorso 27 gennaio in seno al Comitato permanente sugli Italiani nel mondo della Camera dei Deputati, siano stati recepiti e in che modo. Abbiamo bisogno di sapere, se la riforma tiene conto del dibattito e del lavoro svolto negli anni, di sapere se punta sulla qualità e sulla formazione, su una programmazione pluriennale, su fondi garantiti, su personale assunto localmente e preveda accordi con i paesi in cui operano gli enti gestori. Abbiamo bisogno che la riforma modifichi sostanzialmente l’orientamento della legge 153/71 e cioè l’assistenza scolastica ai figli dei migranti, ampliandola a tutti i cittadini dei paesi di emigrazione e di presenza italiana nel mondo, come lingua di cultura, lingua comunitaria e lingua straniera: in altre parole rivolgersi a tutti i soggetti, in età scolare e adulti, fissando priorità secondo le esigenze locali determinate con lo strumento del Piano Paese. Vogliamo augurarci che il testo della riforma risponda alle reali attese delle nostre comunità nel mondo. Sicuramente un rapporto più costruttivo con il Parlamento e con il CGIE consentirà di recuperare gli spazi di confronto necessari per arrivare prima e meglio ad una approvazione della riforma. I deputati del PD Marco Fedi e Francesca La Marca