Alla Commissione Lavoro della Camera dei deputati si sta discutendo in questi giorni il futuro delle prestazioni assistenziali per i nostri emigrati. La legge delega di contrasto alla povertà (la C. 3594) prevede una norma di cui noi avevamo già denunciato l’inavvedutezza ma soprattutto l’iniquità. E cioè quella di “razionalizzare” le prestazioni non contributive erogate all’estero (integrazione al minimo e maggiorazioni sociali) nell’ambito di un intervento riformatore del sistema delle politiche sociali italiane. Il ddl di riforma recante norme relative al contrasto della povertà, al riordino delle prestazioni e al sistema degli interventi e dei servizi sociali (collegato alla legge di stabilità 2016) parte dalla considerazione che in Italia manca una misura organica che copra le necessità delle famiglie più vulnerabili e in condizioni economiche di bisogno, a partire da quelle con figli. E che le prestazioni esistenti devono essere verificate nella loro appropriatezza rispetto al bisogno – in una logica di efficacia dell’intervento specifico e allo stesso tempo nel livello di copertura di bisogni diversi e in una logica di equità del sistema assistenziale complessivamente inteso. Il Governo per raggiungere questi obiettivi ritiene sia necessario non solo razionalizzare i trattamenti esistenti, ma anche riorganizzare il sistema di accesso alle prestazioni, a partire dalle modalità di valutazione del bisogno. Il disegno di legge delega in discussione in Parlamento intende quindi introdurre una misura nazionale per il contrasto della povertà, da considerare livello essenziale delle prestazioni; la razionalizzazione della normativa in materia di prestazioni di natura assistenziale o comunque sottoposte alla prova dei mezzi, anche rivolte a beneficiari residenti all’estero; e il riordino della disciplina concernente il sistema di interventi e di servizi sociali. Il nostro timore è che per raggiungere questi obiettivi il Governo, su indicazione dell’Inps (fu il Presidente Tito Boeri a sollevare il problema l’anno scorso), voglia rivedere per il futuro il sistema di erogazione delle prestazioni assistenziali italiane nei Paesi extra-comunitari (come è noto l’inesportabilità di tali prestazioni è stata già introdotta dai Regolamenti comunitari di sicurezza sociale) con il rischio che le nostre collettività residenti all’estero meno abbienti e più bisognose possano essere private di uno strumento essenziale di integrazione e supporto al reddito. Ci siamo quindi mobilitati per introdurre proposte emendative ai fini dell’esclusione dal riordino delle prestazioni agli italiani all’estero. Sarà nostra premura seguire con attenzione l’iter del ddl sulla povertà fiduciosi che il nostro intervento sensibilizzi Governo e Parlamento sulla necessità, in questa congiuntura storica – caratterizzata da crisi economiche, politiche ed umane - , di continuare a garantire la tutela dei diritti socio-previdenziali di tutti gli italiani nel mondo.