Monza - “Italici. Il nuovo commonwealth come fattore di business per le imprese italiane sui mercati esteri” è il convegno che si è tenuto il 13 giugno presso la Villa Reale di Monza. Vi ha partecipato anche Eugenio Marino, responsabile nazionale PD per gli italiani nel mondo che nel suo intervento ha sottolineato come “dopo più di 150 anni l’Italia continua a essere un Paese di emigrazione, con una consistente presenza italiana nel mondo”. “In questo periodo - ha detto Marino nel suo intervento - abbiamo avuto a fasi alterne una politica migratoria. A volte politiche intelligenti, altre volte politiche inefficaci, altre assenza di politiche generali su questo universo. Per molto tempo si è discusso, e lo si fa anche oggi, di quali siano i problemi in patria legati all’emigrazione, di come arginarla. Oggi, poi, va molto di moda la retorica dei ‘cervelli in fuga’. Si fanno discussioni, anche corrette, su quanto lo Stato abbia investito nel formare cervelli (o forza lavoro in generale). Di quale perdita rappresenti per l’Italia consegnare questo capitale umano a paesi che ne beneficiano a costo zero. E si ragiona su politiche che dovrebbero porre un freno a questo esodo e, qualche volta, su provvedimenti che hanno l’illusorio intento di invertire la direzione e far rientrare chi è partito. Ma raramente si discute seriamente su cosa siano coloro che se sono andati, i loro discendenti, le loro famiglie, coloro che italiani non sono, ma che all’Italia guardano”. “Raramente - ha continuato Marino nel suo intervento a Monza - si discute con cognizione e volontà progettuale di cosa sia questa comunità che Bassetti chiama di italici. E ancor meno si discute di come pensare, valorizzare, mettere l’Italia in connessione sentimentale, culturale, sociale ed economica con gli italici. Sarebbe già un risultato di compensazione economica rispetto a quanto l’Italia ha investito nel formare cittadini, lavoratori e consumatori, che poi ha regalato a paesi nostri competitor. Eppure questo universo mantiene un legame con l’Italia, fatto di consanguineità, radice culturale, affetto, interesse (culturale o economico). Consuma prodotti italiani (dei quali va fiero), crea un substrato fertile che veicola la nostra cultura: intesa come modello di stile di vita e come offerta di prodotti culturali con conseguente risvolto economico. Si tratta di una collettività fatta di milioni di persone che si rapporta anche istituzionalmente con l’Italia. E che vorrebbe farlo anche meglio, in modo più strutturato e meno dispersivo da un punto di vista politico e strategico, perché sa di essere un pezzo di politica estera e di proiezione internazionale. Ma che per farlo avrebbe bisogno di una cabina di regia adeguata, di essere pensata e valorizzata come uno dei pezzi di una megadiplomazia che lavora come sistema Paese a determinati obiettivi. Una megadiplomazia fatta dalla diplomazia ufficiale, ma anche da quella economica (gli imprenditori), da quella solidale delle ong, da quella della stessa massa umana di italici”. Marino ha poi notato che tuttavia “ancora oggi questa comunità valoriale ed economica non è riconosciuta come tale e parte del sistema Paese”. “Eppure - ha sottolineato l’esponente del Pd - ha sue istituzioni di rappresentanza articolate in tre livelli: quello di base dei Comites, che coincide con le circoscrizioni consolari; quello intermedio del CGIE, che coincide con i livelli statali e continentali, che fa capo alla Farnesina; quello nazionale parlamentare, fatto di 18 eletti all’estero nei due rami del Parlamento. Oggi è in corso una riflessione sulla riforma di queste istituzioni e delle realtà associative, che spero - si augura Marino - porti a un’organicità di strumenti e strategia politica verso le comunità italiche e a un investimento politico (ed economico) in chiave contemporanea in diffusione di lingua, cultura e impresa italiana, di servizi ai cittadini e alle imprese, di valorizzazione e riconoscimento di questo universo italico in un contesto di politica estera e proiezione del sistema Paese. Sistema che, in una società globalizzata, più di ieri mette al centro gli scambi commerciali a livello planetario: quindi la circolazione dei prodotti, siano essi materiali, culturali, ideali o politici. Ma metta al centro questi scambi e prodotti, però, con un approccio progressista, che abbia in mente lo sviluppo sostenibile e le ‘risorse umane’, o meglio le ‘Persone’, in particolare le nuove generazioni e gli esponenti della nuova emigrazione e degli italici in generale. Ciò in quanto le imprese esistono perché c’è gente che vi lavora e investe la propria capacità creativa, oltre che per il capitale che vi è investito”. (NoveColonne ATG)