L’Istituto San Pio V e il Centro di ricerche IDOS hanno presentato il volume “Le migrazioni qualificate in Italia: ricerche, statistiche, prospettive”, ulteriore contributo in un settore in cui abbiamo davvero bisogno di dati ed elementi di valutazione oggettivi per disegnare possibili interventi. Lo studio offre una base di dati statistici e di richiami che consentono di avere un quadro attendibile del fenomeno, spesso evocato in termini emotivi o di suggestione giornalistica. Da questi dati si evince che il fenomeno delle migrazioni qualificate è in aumento e ha subito un’impennata negli ultimi anni. E questo sia per una maggiore cultura dell’internazionalizzazione, alimentata anche dalla crescita delle competenze tecnologiche, da considerare un positivo segnale di apertura e sprovincializzazione, sia per un effetto di trascinamento dovuto alla ripresa dei flussi emigratori in generale, sia infine per l’acutizzarsi della contraddizione tra l’elevamento delle qualità professionali e la carenza di possibilità di lavoro adeguate. In ogni caso, va valutato positivamente l’approccio retrospettivo che si è voluto dare alla ricerca, rappresentando l’evoluzione del fenomeno nell’arco di tempo che va dalla fine dello scorso secolo agli anni più vicini. Questi anni, infatti, sono quelli in cui si consolida la tendenza ad una più alta formazione dei giovani italiani, si sviluppano i flussi in ingresso nel nostro Paese e si avvia quel ciclo economico che a distanza di qualche lustro sfocerà nella grave crisi economica e occupazionale destinata a riaprire massicciamente l’esodo, in particolare quello giovanile. Nelle conclusioni ho ribadito l’impegno a continuare gli approfondimenti, anche in sedi istituzionali, per definire proposte ed interventi specifici in questo settore. Il tema dell’integrazione, ad esempio, è fondamentale per le nostre società. La capacità di un Paese di attrarre migranti qualificati, infatti, cresce con la capacità di offrire alti livelli di integrazione. Le società in cui si realizzano alti livelli di integrazione, generalmente garantiscono un ambiente sociale, culturale ed economico, il pieno rispetto dei diritti civili, che condizioni indispensabili per attrarre capitale umano. Oggi l’Italia non è ancora quel Paese, quindi la nostra capacità di attrazione si riduce. Ho invitato il mondo della ricerca, ad esempio, a valutare la perdita netta di capitale umano e di valore aggiunto che si determina con questa ridotta attrazione. Analogamente invito a valutare il costo per il nostro Paese dei ritardi accumulati in questi anni con la mancata approvazione della riforma sulla cittadinanza, con il ritardo accumulato in relazione alle unioni civili ed alle convivenze e con tanti positivi cambiamenti, ad esempio sulla semplificazione e riduzione della burocrazia, che però ancora non producono effetto. La ricerca aiuta fortemente a inquadrare in modo razionale e realistico queste drammatiche questioni e a cercare una strada di recupero di quell’impegno di accoglienza e di integrazione che può aiutare l’Italia e l’Europa a ritrovare un giusto equilibrio in questo difficile momento. On. Marco Fedi