Il film Fuocoammare candidato agli Oscar è una scom- messa per l'Italia. Una sfida che il nostro Paese può vincere. E non soltanto conquistando la tanto ambita statuetta. Fuocoammare mostra la nostra immagine migliore, quella di chi aiuta gli altri, di chi soccorre gli stranieri, di chi pensa che i migranti abbiano diritto a cercare in Europa una nuova vita. L'importante è che tutto questo non venga interpretato come un segno di debolezza nei confronti di chi invece fa la voce grossa e la faccia feroce. Una sottomissione rispetto a quegli Stati dell'Unione che hanno deciso di chiudere le frontiere e alzare i muri. Lampedusa è un'isola che ha saputo reagire con forza anche grazie al coraggio di una donna come la sindaca Giusy Nicolini a una vera e propria invasione. Da anni ormai è l'approdo di migliaia di stranieri, ma anche il luogo dove altre migliaia hanno trovato la morte. Il simbolo di una frontiera che non si può chiu- dere perché intorno c'è soltanto il mare aperto. L'Italia non può alzare i muri, non può sbarrare i confini. Siamo la porta dell'Europa e per questo è tutta l'Europa a do ver affrontare quella che non può e non deve essere vissuta come un'emergenza continua. I flussi migratori vanno governati, non subiti. Bisogna pianificare gli in- terventi, impiegare risorse. E dunque non possiamo consentire che le associazioni e le organizzazioni uma- nitarie che gestiscono l'accoglienza rimangano senza soldi. Il governo deve stanziare i finanziamenti e saldare su- bito i conti per non rischiare conseguenze peggiori come quella di abbandonare a sé stessi migliaia di profughi. Soltanto così sarà credibile quando chiederà nuovamente collaborazione per realizzare il Migration Compact. Perché come dice Pietro Bartolo, il medico diventato protagonista di Fuocoammare, «il mondo deve capire. Non voglio più contare i morti, curare corpi sofferenti. Bisogna andare a salvarli sulle coste africane. Fermare questi viaggi disperati».FIORENZA SARZANINI * Corsera 28 settembre 2016