Curata dal Centro studi e ricerche Idos, l’analisi evidenzia come accoglienza, integrazione e nuova cittadinanza siano gli aspetti che fotografano la complessità del fenomeno migratorio in Italia. Alla fine del 2015 sono 5.026.153 gli stranieri residenti, superati dai connazionali all’estero (5.200.000, secondo i dati delle anagrafi consolari). I romeni sono i più numerosi (23%), seguiti da albanesi (9%), marocchini (8,7%), cinesi (5,4%), ucraini, filippini e indiani Tra gli interventi quello di Paolo Naso, rappresentante della Tavola Valdese, che definisce il Dossier una “bussola per orientarsi nel mare magnum di vecchie e nuove migrazioni” e segnala tra le “priorità sociali” “la promozione dell’accoglienza e il modello di accoglienza da promuovere”; il sottosegretario all’Interno, Domenico Manzione, che ritiene necessaria una campagna di comunicazione interna sul carattere strutturale del fenomeno per andare oltre alle risposte emergenziali; il sottosegretario al Lavoro e alle Politiche sociali Luigi Bobba che rileva come “l’integrazione non debba restare una promessa e un annuncio, ma trasformarsi in percorsi e progetti concreti” ROMA – Accoglienza, integrazione, nuova cittadinanza: sono questi i tre aspetti che fotografano la complessità del fenomeno migratorio in Italia fedelmente riportati, numeri alla mano, dalla nuova edizione del Dossier statistico Immigrazione 2016, analisi curata dal Centro studi e ricerche Idos e presentata questa mattina al Teatro Orione di Roma. Il volume illustra dettagliatamente e tiene insieme le caratteristiche dell’immigrazione nella Penisola: il consolidamento della popolazione straniera residente, 5.026.153 alla fine del 2015, solo 12 mila in più rispetto all’anno precedente, l’8,3% della popolazione totale; la dinamicità di questa presenza, con le 250mila persone provenienti dall’estero registrate nelle anagrafi comunali (per ricongiungimento familiare, lavoro o studio e gli arrivi via mare) contro le 45 mila in uscita; l’incremento dei “nuovi italiani”, con i 72 mila nati in Italia da genitori stranieri, gli oltre 800mila alunni di origine straniera che frequentano le scuole (il 54% dei quali nati in Italia, per un’incidenza sul totale degli iscritti del 9,2%) e i 178mila stranieri divenuti cittadini italiani; gli sbarchi dal Mediterraneo che proseguono impetuosi, 153mila nel 2015 e 115 mila da gennaio ad agosto 2016 (ma in Grecia nel 2015 sono arrivati ad oltre 850mila). Per la prima volta, inoltre – segnala il Dossier, – i connazionali residenti all’estero superano gli stranieri residenti in Italia: i primi sono infatti 5 milioni e 200 mila, secondo i dati delle anagrafi consolari. In Italia poi sono presenti 1/7 dei 35 milioni di stranieri residenti nell’Unione Europea. Tra i coordinatori della presentazione, promossa in collaborazione con la rivista interreligiosa Confronti, l’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razzismo della Presidenza del Consiglio dei Ministri e il sostegno del fondo Otto per Mille della Tavola valdese – Unione delle chiese metodiste e valdesi, Franco Pittau, del coordinamento redazionale del Dossier, che ha segnalato come l’obiettivo resti quello di contribuire ad una più approfondita conoscenza del fenomeno migratorio, sfatando pregiudizi pur senza nascondere le problematiche ad esso connesse, che possono essere però superate introducendo una dimensione di “prospettiva”. La speranza è anche quella di “aumentare il sentimento di solidarietà perché noi stessi – rimarca Pittau – restiamo un Paese di emigrazione”, con esperienze dunque molto analoghe a quelle degli immigrati in Italia e in tutto il mondo. Si è soffermato sulle “priorità sociali” del Paese anche Paolo Naso, rappresentante della Tavola Valdese, precisando come esse riguardino sia “la promozione dell’accoglienza che il modello di accoglienza da promuovere” e come il Dossier fornisca “una bussola per orientarsi nel mare magnum di vecchie e nuove migrazioni”, “a partire dai dati e non dalle emozioni, che invece purtroppo condizionano larga parte del dibattito pubblico sul tema”. “Proprio dal Dossier è scaturito anche il progetto dei corridoi umanitari, un esperimento pilota per la gestione dei flussi che nasce dalla semplice applicazione della normativa esistente in un momento in cui l’Europa si chiude su se stessa e sogna una impossibile fortezza – rileva Naso, richiamando quanto messo in atto in questi ultimi mesi, anche in collaborazione con la comunità di S. Egidio, il Maeci e il Ministero dell’Interno, che ha consentito l’arrivo sicuro di 400 persone nel nostro Paese, “in un momento in cui in Europa si concepisce solo la misura del silenzio”, lasciando la gestione dei flussi alle frontiere più esposte. Guardando ai numeri della presenza straniera in Italia, Naso ritiene “insopportabili i ritardi della riforma in materia di cittadinanza” e ricorda come l’immigrazione giovi ad un ribilanciamento della dinamica demografica. Ritiene necessaria una politica che consideri i diversi aspetti della nostra “stratificazione migratoria”, mentre segnala come il numero degli sbarchi potrebbe essere agevolmente gestito e assorbito in un’ottica europea. Sul fronte dell’accoglienza italiana, indica quale modello virtuoso quello dello Sprar, che coinvolge enti locali e territori, mentre stigmatizza quello degli hot spot, meccanismo – dice – “privo di senso umano, dove si decide del destino delle persone unicamente in base al Paese di provenienza”. Infine, Naso rileva l’importanza dell’aspetto religioso delle migrazioni, illustrato nel Dossier, segnalando come “anche le comunità islamiche in Italia si debbano qualificare come contesto di accoglienza” e richiamando il pericolo integralismo e radicalizzazione, “avvertito da queste stesse comunità”. La risposta non può essere però quella della “chiusura dei luoghi di culto islamici come recentemente avvenuto a Roma” perché tale provvedimento, oltre che un “vulnus costituzionale, rappresenta un autogol perché colpisce luoghi di aggregazione e di dialogo – chiarisce Naso, sottolineando l’importanza degli attori religiosi nel percorso di integrazione dei migranti. Il sottosegretario all’Interno, Domenico Manzione, dopo aver segnalato come la Camera dei Deputati abbia finalmente approvato – in prima lettura – una “importante e attesa” proposta di legge organica sulla protezione dei minori stranieri non accompagnati, ricorda come il carattere strutturale dell’immigrazione in Italia, ormai acclarato da tutti gli “addetti ai lavori”, debba essere fatto comprendere anche all’opinione pubblica, attraverso campagne di comunicazione interna che possano generare un accrescimento culturale. Lo stato “emergenziale” che continua ad essere dichiarato da più parti su questo fronte non aiuta infatti a predisporre risposte e soluzioni altrettanto strutturali – sostiene il sottosegretario, ritenendo il Dossier importante anche a questo fine. “L’Europa stessa rifiuta questa visione strutturale del fenomeno migratorio – prosegue Manzione – e vuole costruire muri oppure affida la gestione dei flussi alle navi, misura altrettanto non strutturale”. Per il sottosegretario è dunque necessario “immaginare un sistema completamente diverso, come quello di corridoi umanitari”, che ha dalla sua anche il pregio di “coinvolgere i Paesi dell’altra sponda del mediterraneo, che sono parte integrante del mare nostrum”. Ad illustrare alcuni dei dati contenuti nel Dossier anche un video preparato da Rai News24 e l’intervento del presidente di Idos, Ugo Melchionda, che ritorna sul carattere imponente delle migrazioni a livello mondiale (sono 244 milioni i migranti nel mondo, 65 milioni quelli “forzati”, ossia richiedenti asilo, rifugiati e profughi), un picco mai raggiunto in precedenza e determinato – rileva – dagli oltre 25 conflitti attualmente in corso. L’Italia e l’Europa registrano quindi un “riflesso della situazione mondiale e in scala ridotta”: Melchionda ricorda infatti come in Libano vi siano 183 rifugiati su 1000 abitanti, mentre in Europa sono 2,9. Evidenzia poi come dall’inizio della crisi economica in Italia vi sia una chiusura delle quote di ingresso di lavoratori, chiusura sulla quale ritiene necessaria una riflessione considerando i dati che emergono nel Dossier – in particolare quelli sul contributo, economico e demografico, degli stranieri lavoratori – e guardando a possibili scenari futuri. Egli segnala infatti come il peso degli immigrati che lavorano – il loro tasso di occupazione raggiunge il 10,5% – sia più alto della percentuale della loro presenza sul totale della popolazione e più alto anche di quello registrato nella media Ue (dove gli stranieri sono il 7,3% degli occupati). Alto è anche il numero di disoccupati (456mila, il 15%), mentre è in crescita significativa il numero degli imprenditori stranieri in Italia: 550mila, un +5% -(9% sul totale delle aziende), e in controtendenza con le imprese gestite da italiani (che sono in calo). A confermare il dinamismo, la vitalità e l’importanza della componente straniera sono anche i dati relativi ai loro contributi previdenziali (10 miliardi di euro) e fiscali (per una stima di circa 16 miliardi contro un ritorno di spesa pubblica loro destinato quantificato in 14,7 miliardi di euro), con un bilancio al momento in attivo, visto che i cittadini non comunitari titolari di pensione sono lo 0,3% rispetto ai beneficiari totali. Melchionda segnala poi come la dimensione delle rimesse (5,3 miliardi di euro) sia nettamente superiore al contributo pubblico destinato all’aiuto allo sviluppo (4,2 miliardi), mentre la stima del contributo degli stranieri al Pil italiano è dell’8%. La lentezza dell’iter di riforma della cittadinanza poi, per il presidente dell’Idos, non è comprensibile a fronte del numero delle nascite e degli alunni stranieri che frequentano le nostre scuole. “Non vi è la comprensione di questa ricchezza e di quanto il dinamismo economico degli stranieri potrebbe contribuire alla promozione dei nostri stessi prodotti nei loro Paesi di origine e allo sviluppo di un’economia euro-mediterranea che farebbe realmente la differenza nella competizione globale, assicurando prospettive di pace ad un’area oggi invece molto instabile e in difficoltà – conclude Melchionda. Anche il sottosegretario al Lavoro e alle Politiche sociali Luigi Bobba sottolinea l’importanza di una fotografia aggiornata di un fenomeno complesso e mobile come quello migratorio, analisi numerica che non dimentica però il contesto umano delle singole persone. “L’integrazione non deve restare una promessa e un annuncio, ma trasformarsi in percorsi concreti. Per questo – afferma Bobba – il governo ha con decisione intrapreso un percorso su questo tema in dimensione europea, con il migration compact, il sostegno al patto con l’Africa o lo scorporo delle risorse destinate all’emergenza dal bilancio pubblico”. Tra le iniziative messo in atto dall’esecutivo, il sottosegretario cita anche la legge per il contrasto al caporalato, la proposta di riforma della norma sulla cittadinanza, l’aumento del numero di progetti che riguardano l’integrazione dei migranti presentati nell’ambito del servizio civile e che coinvolgono giovani italiani e ora anche di origine straniera, grazie alla nuova legge sul terzo settore. Richiamati anche progetti che promuovono l’inserimento formativo e lavorativo di soggetti destinatari di protezione internazionale o valorizzano aziende che contribuiscono a tale integrazione, e progetti per la conoscenza del fenomeno attivati in collaborazione con il Miur nelle scuole. “Sono forse piccoli progetti rispetto alle sfide che abbiamo di fronte – ammette Bobba – ma sono un passo nella giusta direzione e che vogliamo senz’altro accelerare”. Sul ruolo di ponte economico e culturale che possono svolgere le giovani generazioni figlie di immigrati tra l’Italia e il loro Paese di origine si è soffermata Lifang Dong, avvocato e socia fondatrice dello studio legale Dong & partners, mentre le conclusioni sono state affidate a mons. Lorenzo Leuzzi, vescovo ausiliare di Roma e responsabile della pastorale sanitaria e universitaria del Vicariato della capitale. Quest’ultimo ha in particolare evidenziato l’impegno delle chiese nazionali sul fronte dell’integrazione ed espresso perplessità sulla capacità “delle grandi correnti di pensiero, italiane o internazionali, di cogliere il momento che stiamo vivendo”. Leuzzi teme la prevalenza di una “teologia del nomadismo, che può suscitare l’idea che l’immigrazione sia una sorta di invasione” e auspica il passaggio ad una “teologia dello sviluppo, che guardi al benessere di tutti”. Un passaggio culturale che richiede la partecipazione di tutti all’elaborazione di un modello di società globale ma sostenibile, capace di superare la semplice “economia della sussistenza” per realizzare il benessere dell’uomo. Tra i capitoli del volume segnaliamo in particolare “Italiani all’estero: globalizzazione, nuovi flussi e lingua” curato da Benedetto Coccia, Norberto Lombardi e Franco Pittau con la collaborazione di Adriano Benedetti. (Viviana Pansa – Inform)