Coloquio internacional

“Escenarios actuales de los gobiernos progresistas en América Latina, ¿fin de ciclo?.

Puebla- 7/8 de noviembre 2016- Aduana Vieja

(BUAP- Università di Puebla- Mexico)

 

 RELAZIONE DI AGOSTINO SPATARO (dir.Informazioni dal Mediterraneo- www.infomedi.it- Italia)

 Europa: quando la destra governa mediante la “sinistra”.

1… Desidero ringraziare l’Istituto di Scienze sociali “Alfonso Veléz Pliego” della Benemerita Università di Puebla per avermi invitato a questo Colloquio internazionale, al quale partecipo non per proporre ricette salvifiche, che peraltro non ho, ma soprattutto per conoscere la vostra realtà latinoamericana, per apprendere qualcosa dalle vostre interessanti esperienze politiche e di governo.

Da vecchio militante della sinistra, portero' un modesto contributo, non esaustivo, alla riflessione, al dibattito in corso, qui e altrove, sul futuro della sinistra in Europa e in America latina.

La relazione avrà un taglio eminentemente politico e si articolerà su due punti principali:

1) una valutazione sintetica, un’informazione sullo stato e sulle prospettive della sinistra in Italia e in Europa;

2) alcune impressioni sui processi politici recenti in America latina, come da me percepiti nel corso dei miei studi e viaggi.

Dopo tre decadi di frequentazione e di relazioni con il mondo arabo, l’America latina è stata per me una grande scoperta, per il suo fervore creativo in campo culturale e sociale, per le sue lotte e per le nuove idee politiche messe in campo, per la passione spinta fino al sacrificio supremo di tanti militanti e dirigenti progressisti, uomini e donne, per i suoi contrasti, per quel senso di umanità che qui ancora si respira.

Non voglio dire che il vostro sia il “migliore dei mondi possibili”. Anzi, per certi aspetti, è una realtà molto dura, difficile. Tuttavia, è un mondo per il cui cambiamento vale la pena impegnarsi, lottare, pensare.

Il mio non è un caso isolato. Negli ultimi anni, specie dopo il “crollo” del muro di Berlino, in Italia e in Europa è cresciuto l’interesse verso la sinistra, i movimenti progressisti latino-americani.

Attenzione dovuta all’originale esperienza di lotta e di governo che qui si stava svolgendo, con risultati apprezzabili, in controtendenza con i processi neoliberisti che si affermavano in varie parti del mondo. 

Noi, militanti e dirigenti della sinistra, orfani dei nostri partiti, abbiamo cercato in America latina  un riferimento politico, ideale, una speranza per continuare.

Abbiamo apprezzato il grande valore dell’esperienza latino-americana che ha saputo:

- contrastare il neoliberismo dilagante con azioni di lotta e progetti mirati a recuperare, a fissare un’identità politica, etnica e culturale, a dimensione continentale;  

- offrire risposte sociali forti, inclusive alla massa dei lavoratori, a centinaia di milioni di poveri;

- indicare una prospettiva economica autocentrata alle forze sane dell’imprenditoria;

- assicurare dignità e sovranità agli Stati nel quadro di nuove istituzioni regionali, sovranazionali.

In poche parole: ci è parso che lo sforzo intrapreso in diversi Paesi latinoamericani guidati, con alterne fortune, da schieramenti progressisti e di sinistra (dal Brasile all’Argentina, dall’Uruguay al Cile, dall’Ecuador al Venezuela, dalla Bolivia al Nicaragua, ecc), sia riuscito a migliorare le condizioni di vita dei lavoratori, delle masse povere e delle popolazioni autoctone.

La novità sta nel fatto che tale trasformazione è avvenuta con il consenso elettorale, nel vivo di una rinascita democratica.

Una grande lezione, politica e morale, che le forze di progresso hanno dato alla destra, alle oligarchie internazionali che in America latina hanno, quasi sempre, favorito, imposto regimi illiberali e antisociali e sanguinose dittature militari.

La vostra lotta ci ha fatto capire una sacrosanta verità, generalmente disconosciuta, ossia che di America ce n'é più di una e che quella latina non era più al guinzaglio degli oligarchi nordamericani, e intendeva, intende, costruire il futuro con le proprie idee, valorizzando lo straordinario e ricco patrimonio di risorse umane, materiali, agricole e ambientali, ecc.

Insomma, una nuova Liberazione, dopo quella dal colonialismo e dalle dittature militari oppressive.

Così a noi è apparsa la vostra realtà durante le ultime due decadi: un moto di popoli e di culture, felicemente in controtendenza.

Poiché, mentre in Europa, negli Usa e in varie parti del Pianeta crollavano gli indici di sviluppo, dei Pil, i redditi e diritti dei lavoratori, in varie parti dell’America latina il movimento popolare, progressista ha intrapreso, con successo, battaglie memorabili per la giustizia sociale e per un’equilibrata crescita economica.

Una lotta emblematica, per la vostra, e per la nostra, emancipazione dal tallone di ferro del neoliberismo.        

2… Con questo spirito, con queste speranze abbiamo guardato all’America latina del nuovo secolo, mentre assistevamo, intristiti, alla frantumazione, alla dispersione della sinistra marxista in Italia e in Europa.

In Europa la sinistra, storicamente forte soprattutto in Italia, Francia e Spagna, è crollata insieme al “muro” per implosione o perché fagocitata dal canto delle sirene del neoliberismo asociale e corruttore.

La liquidazione dei partiti di massa sia d’ispirazione marxista ma anche (demo) cristiana, il ridimensionamento del ruolo, della forza dei sindacati erano il presupposto necessario per consentire al neoliberismo di avere le mani libere nella destrutturazione, a suo favore, delle economie e delle stesse società.

Anche la sinistra “riformista”, socialdemocratica, quella – per intenderci- che si riconosce nella “internazionale socialista”, è stata ridimensionata, addomesticata e posta al servizio del grande capitale.

A questa specie di sinistra, cui sono stati cambiati i connotati politici tradizionali, sono state affidate importanti funzioni di governo, per fare il “lavoro sporco” che alla destra sarebbe impedito fare.  

Tanto da far dire che in Europa c’è una “sinistra” che governa per conto della destra.

E’ questo il caso dei vari partiti socialisti, socialdemocratici, laburisti che hanno governato in Spagna, in Gran Bretagna, in Germania e oggi in Francia e in Italia.

Purtroppo, temiamo che a questa lista si possa aggiungere Syriza in Grecia.

Perciò, c’è bisogno di chiarezza. Per uscire dall’equivoco, per sapere chi è e che cosa rappresenta la sinistra in Europa.

- Le conseguenze di tale stravolgimento sono sotto gli occhi di tutti e si materializzano sotto forma di una precarietà diffusa e di un attacco senza precedenti ai diritti sociali e al potere contrattuale dei lavoratori, alla scuola e alla sanità pubbliche, allo stato sociale (“welfar”).

La disoccupazione, in particolare giovanile, ha raggiunto punte davvero inaudite e inaccettabili. Un attacco spietato di fronte al quale i lavoratori, i giovani sono lasciati, praticamente, soli, divisi, disorientati, impauriti.

Non ci sono partiti, sindacati, forze intellettuali in grado di difendere i loro diritti acquisiti negli anni del dopoguerra e di progettare un futuro diverso, alternativo a quello programmato dal neoliberismo.

-         S’invoca la crisi come alibi. Ma la crisi non è uguale per tutti. Anzi, per taluni gruppi è stata occasione di lucro, di uno scandaloso arricchimento a danno dei ceti popolari. 

-         Proprio durante la crisi, in Italia e in Europa, si è verificato un colossale spostamento di quote della ricchezza nazionale e patrimoniale dai ceti meno abbienti a favore di ristretti gruppi di potere economico e finanziario.

Nulla di nuovo sotto il sole: la tendenza conferma che al centro di ogni scontro politico, ideologico c’è sempre il problema della distribuzione e dell’appropriazione della ricchezza nazionale.

Soprattutto, nei paesi del sud-Europa crescono disoccupazione e povertà, emigrazione legale (in uscita) e immigrazione clandestina (in entrata). Con un allarmante saldo negativo specie per l’Italia dove, nei giorni scorsi, per la prima volta, il numero dei nuovi emigrati italiani in Europa e nel mondo ha superato il numero degli immigrati (irregolari) arrivati in Italia.

3… Tuttavia, non tutto è perduto. Esiste una sinistra dispersa, piuttosto diffusa, potenziale direi, che cerca nuovi punti di riferimento per organizzarsi, per proiettarsi nel futuro come forza alternativa.

A mio avviso, si tratta di un bacino importante, umano e politico, che se organizzato e rinvigorito dalla presenza delle nuove vittime del neoliberismo (giovani disoccupati, tecnici e lavoratori sfruttatti, ecc.) potrebbe ri-aggregare un vasto schieramento sociale e proporsi come nuovo soggetto politico in vari Paesi.

Compito non facile, ma nemmeno impossibile.

La nuova sinistra deve darsi un orizzonte ampio, realistico, unitario. Da soli nessuno può farcela.

Per quanto banale possa apparire il concetto, in democrazia ogni testa è un voto. Le teste dei ricchi e della loro corte di tirapiedi sono una piccolissima minoranza in confronto alla stragrande maggioranza dei poveri e di chi non partecipa al banchetto.

Il problema e’ come far passare tale concetto nella testa della gente, come dare ai lavoratori, al popolo la coscienza della loro forza e la speranza di ristabilire il primato della maggioranza.

Utopia? No. Solo un nuovo pensiero, una grande lotta coordinata a livello mondiale. Del resto, negli ultimi secoli, molte “utopie” hanno valicato gli orizzonti della scienza, della tecnica e della storia e sono divenute realtà portanti dello straordinario progresso dell’umanità.

Il socialismo che vogliamo è oggi un’utopia, la più bella utopia che mente umana abbia concepito, che dobbiamo coltivare, prima di tutto, dentro di noi.

Poiché – come scriveva Platone nel suo “Repubblica”“l’esemplare di questa nostra Città sta forse nel cielo, e non è importante che esista in qualche luogo; a quell’esemplare deve mirare chiunque voglia, in primo luogo, fondarla dentro di se.”   

Oggi, in Europa vi sono tre realtà interessanti da considerare:

 1)   quella di “Podemos” (in Spagna) che- specie dopo il colpo di scena del Psoe a favore del governo del Partito popolare-  dovrebbe- a mio parere- superare il limite del movimentismo e acquisire una più marcata progettualità di partito di lotta e di governo;

2)      il partito “Linke” in Germania che, anche nelle recenti elezioni della regione di Berlino, ha confermato la buona performance elettorale ottenuta in altri importanti land tedeschi;

 3) “Syriza” in Grecia che, forse, troppo generosamente si fatto carico del difficilissimo compito di “governare” la devastante crisi greca,  provocata da decenni di malgoverno della destra e dei socialisti del Pasok, in combutta con la UE e con alcune banche tedesche.

Spiace dirlo ma, a parte le buone intenzioni, anche Syriza rischia di apparire come una forza di sinistra che governa per conto di una destra esausta e impresentabile, per conto della Troika.

- Ovviamente, esistono altre realtà “minori” che però non trovano la via, i mezzi, una rinnovata volontà unitaria per ripartire.

E dire che il neoliberismo lavora contro se stesso, produce i suoi potenziali nemici ossia una massa crescente di forze sociali escluse, emarginate dal benessere che potrebbero costituire il nerbo dello schieramento. 
Verso questo enorme bacino la sinistra deve orientare il suo impegno politico e organizzativo.

Abbiamo bisogno di analisi vere, anche autocritiche, di correzioni di rotta e di comportamenti per giungere all’elaborazione di un grande progetto di ricostruzione di una nuova sinistra europea.

Oggi, l’Europa vive una crisi profonda che va ben oltre il dato socio-economico.

Il mondo deve sapere che senza una moderna e forte sinistra di classe, la crisi europea potrebbe degenerare e sfociare in una nuova deriva populista di destra, perfino nazi-fascista.

 Alcune impressioni sull’America latina

Detto ciò, desidero presentare alcune riflessioni sulle esperienze dei governi progressisti dell’America latina per come le abbiamo percepite in Italia, in base a un’informazione molto carente e in gran parte distorta, scorretta.

Pensiamo che, seppure con qualche errore e qualche eccesso, la stagione dei governi progressisti sia stata una fase importante di riscatto sociale e democratico, di fuoriuscita dal lungo periodo delle dittature militari di destra e dei governi servili e corrotti al guinzaglio del Fondo monetario internazionale.

governi progressisti hanno ripristinato, rafforzato, la democrazia, favorito un reale avanzamento sociale dei popoli, dei ceti meno abbienti in particolare prima esclusi dai diritti più elementari e fondamentali. Grazie a queste politiche, alle nuove istituzioni regionali, alla coesione continentale creatisi, l’America Latina si è proposta come protagonista della scena mondiale. 
Un bel salto di cui va dato merito a quanti hanno lottato e pagato per realizzarlo.  

In questa importante regione del mondo, prima cavia delle strategie neoliberiste Usa ed europee, c’è stata una reazione democrática di massa che ha prodotto movimenti e governi progressisti, popolari e nazionali, oggi sotto attacco.

Purtroppo, la sinistra, d’ispirazione marxista, non è riuscita a coglire l’occasione per unirsi, rafforzarsi, per uscire dal “minoritarismo”, dall’ideologismo e proiettarsi verso una più proficua politica delle alleanze.  

Per tutti, vorrei citare il caso delle ultime elezioni presidenziali in Argentina, che ho seguito direttamente sul posto. In quel Paese, importantissimo per la tenuta del nuovo equilibrio geo-politico della regione sudamericana, il centro destra di Macri ha vinto il ballottaggio di stretta misura, con un 1,5% in più rispetto a Scioli (Fpv).

In questo duello all’ultimo voto, il Frente de Izquierda (Fit), il cui candidato Cano ottenne al primo turno il 3,38%, dei voti, diede l’indicazione dell’astensione. Così sull’altro versante, il partito socialista. 
 In sostanza, l’astensione di queste due forze di sinistra ha bruciato circa il 5% dei voti e- di fatto- favorito la vittoria di Macri (+ 1,5%) ossia di uno schieramento che sta provocando un danno gravissimo ai lavoratori, al popolo argentini.

 Certo, la candidatura di Scioli non era entusiasmante, tuttavia bisognava tener conto- a mio parere- che il FpV, formazione peronista interclassista, rappresenta anche gli interessi di una parte importante (maggioritaria direi) dei lavoratori argentini.

La politica è l’arte delle cose possibili, del raziocinio secondo cui- in certe situazioni- il male minore (ammesso che il kirchnerismo lo sia) è preferibile al male maggiore.                                                                 

Davvero non si capisce questo “regalo” fatto alla destra restauratrice in un paese importante, strategico com’e’ l’Argentina.

A noi hanno insegnato che non si puo’ fare política senza un sano realismo, senza un’attenta analisi dei rapporti di forza in campo, restando impantanati fra le maglie di un pensiero minoritario.

Un piccolo passo nella giusta direzione e' sempre preferibile alla sconfitta.  

La sinistra, i movimenti progressisti lottano per vincere, per governare gli Stati, il mondo. 
E’ un loro diritto democratico, poiché le loro idee, i loro programmi rappresentano, potenzialmente, gli interessi della stragrande maggioranza degli abitanti della Terra.  

La vera dittatura è quella del neo-liberismo ossia una piccolissima minoranza che sta imponendo al mondo il suo rovinoso punto di vista

Impianto teorico ed esperienze concrete

La svolta democratica in America latina è stata il frutto delle vittorie di  alcune aggregazioni elettorali, nazionali e progressiste, quali: il kirchnerismo in Argentina, il “chavismo” in Venezuela, il lulismo in Brasile e di altre similari in Bolivia, Uruguay, Cile, Ecuador, Paraguay, Nicaragua, ecc. 
Differenti una dall’altra, ma connotate da un comune denominatore politico.

Nonostante i successi evidenti, credo sia opportuno interrogarsi su quanto c’è di sinistra e quanto di opportunismo patriottardo in queste esperienze.

In particolare: sono riproponibili o abbisognano di una correzione di tiro, di un ampliamente del raggio d’azione, della política delle alleanze?                                                          

                                                                                                                                                  

In ogni esperienza si possono verificare errori, abusi che contraddicono i programmi annunciati e lo sforzo unitario. 

E’ tempo di bilanci; di valutare i risultati e anche i limiti e le debolezze riscontrate lungo il cammino.

Vanno verificate- a mio parere- anche le stesse politiche d’inclusione per capire quanto c’è di diritto e quanto di assistenzialismo.

Cos¡ la stessa questione morale. In un mondo dove ricatto e corruzione dilagano, è necessario stabilire una rigorosa incompatibilità fra chi mira ad arricchirsi con la politica e/o col governo e chi dedica il proprio impegno di dirigente e di governante per l’affermazione dei valori morali della sinistra, del progressismo democratico. 
Queste due tipologie non possono convivere nello stesso partito e/o movimento.

Sappiamo che la questione della moralità pubblica non è un problema solo latinoamericano, ma che imperversa in tutto il mondo.

Soprattutto in Occidente dove è alimentata dal disegno perverso del neoliberismo il quale utilizza la paura, il ricatto e la corruzione come strumenti per influenzare, dominare la scena politica e l’azione dei governi.

Questo richiamo non è astratto moralismo, ma sostanza politica!                                        

-         Basterebbe valutare il costo finanziario della corruzione, degli sprechi per rendersi conto del danno materiale che si arreca ai popoli e allo stesso Pianeta.

-         A mio parere, chi è chiamato a un incarico di responsabilità pubblica deve assoggettarsi ai principi della trasparenza, dell’onestà; deve sottoporsi al controllo democratico e popolare.                                                                                                      

      Chi non rispetta tali condizioni non puo’ militare nelle fila della sinistra, di governare in suo nome e/o in quello del popolo.

 

 Un nuovo “Piano Condor”?

Complessivamente considerata, l’esperienza latino americana è positiva, a tratti esaltante, tanto da configurarsi come una sorta di “anomalia” felice nel contesto globale mondiale.

Tuttavia, oggi, è sotto attacco a causa di certi errori compiuti durante il percorso e, soprattutto, per effetto di manovre oscure, torbide (un nuovo piano Condor?) mirate al superamento dell’anomalia ossia al “recupero” dell’America latina al disegno delle oligarchie economiche e finanziarie Usa ed europee.

Questa è la novità e insieme il grande problema cui devono dare una risposta le forze democratiche e di sinistra della regione e del mondo.

 Per realizzare tale “recupero” sono state reclutate, mobilitate forze diverse, interne e internazionali: dai grandi gruppi mediatici editoriali alle grandi banche d’affari, dai governi servili a personaggi più o meno oscuri della politica, della letteratura, a settori delle gerarchie e dei movimenti religiosi.

E’ stata anche favorita una sorta di “via giudiziaria al neoliberismo” che- come in Italia negli anni ’90- mira alla liquidazione dei partiti di massa, per lasciare campo libero alle politiche di deregulation in campo sociale ed económico.

In tale contesto, sarebbe utile dedicare un po’ più di attenzione al ruolo delle Chiese cristiane e in particolare di quella cattolica che oggi ha un Papa argentino.

Materia delicatissima sulla quale le opinioni sono contrastanti. Forse è prematuro un giudizio definitivo su tale pontificato. Tuttavia non si possono ignorare alcune incongruenze fra il messaggio e l’azione concreta di rinnovamento. Non abbiamo visto atti concreti di dismissione di ruoli mondani (banche e societa', ecc) e del collateralismo della Chiesa rispetto ai poteri forti economici e politici.

In generale- mi sembra ci sia uno scarto fra le clamorose denuncie “anticapitaliste”di Bergoglio (che hanno rabbonito i movimenti della teologia della liberazione) e il dramma attuale dell’America latina sotto attacco di un perverso disegno neo-liberista che ha gia’ destabilizzato il Paraguay, il Brasile e forse la stessa Argentina e oggi minaccia seriamente l’esperienza chavista del Venezuela.

E’ chiaro che queste forze non vogliono il dialogo, ma lo scontro per riappropriarsi del potere.

Una strategia oscura, avventuristica che va condannata senza esitazioni da tutte le forze democratiche e pacifiste. Comprese le gerarchie local della Chiesa che- in certi casi- invece la favoriscono.

All’indomani dell’elezione del Papa argentino espressi, anche alla luce d'informazioni provenienti da ambienti progressisti argentini, in un articolo controcorrente, (http://www.agoravox.it/Un-Papa-argentino-per-frenare-il.html) , tradotto in castillano, una preoccupazione sulle probabili finalità di tale elezione.

Sinceramente, sperai, spero ancora di sbagliarmi quando scrivevo fra l’altro:

“El llamado “gobierno profundo” del mundo occidental, o sea la “cúpula” invisible (o casi) de los grandes oligopolios multinacionales y de los grandes bancos (en dificultades), no puede tolerar que Sudamérica, el primer ratón de laboratorio de su obtusa estrategia de saqueos, llegue a liberarse de su antiguo cepo.

Habiendo fallado con el voto democrático que derrotó a los partidos de derecha (sus aliados), sin poder reproponer la solución autoritaria (nuevas dictaduras), temo que se orientarán a recurrir sobre el difundido y genuino sentimiento religioso católico, sobretodo sobre sujerarquía, para poner en movimiento una contraposición, también de tipo ideológico, con los gobiernos democráticos y progresistas locales.

Es decir, lo que hoy se teme es la repetición de lo que sucedió en la Europa centro-oriental con la elección por sorpresa del “Papa polaco” en los inicios de la estrategia neoliberal...”

 - La stessa “operazione Cuba”, suggerita dal Vaticano a Obama, va vista con occhio critico. Anche se fosse una buona intenzione potrebbe essere stata recepita dagli Usa come parte integrante del disegno di “recupero”di cui sopra.
 Vedremo cosa accadrà. Fa ben sperare il recente voto quasi unanime  dell’assemblea dell’ONU col quale s’invitano gli Usa a togliere l’odioso blocco economico contro Cuba. 

Tuttavia, ammesso che si “normalizzino” le relazioni con gli Usa, i problemi restano e- se non si dovesse avviare un serio processo di autoriforma in senso economico e democratico- il sistema cubano potrebbe incontrare serie difficoltà di tenuta.(CONTINUA/1)