Finalmente, ci siamo. La Casa d’Italia di Zurigo sarà ristrutturata. Oltre un lifting alla ricerca del tempo perduto. Quando, ancora tanta parte dell’emigrazione italiana, pensava di rientrare al più presto nel nostro paese per aiutarlo a cambiare e costruire un futuro di progresso.
Lo slogan che accompagnava i “treni rossi” (Torna a votare. Vota per tornare) a ogni importante scadenza politica, era la sintesi di un sogno. La conquista del paradiso attraverso la partecipazione democratica della moltitudine composta dagli straordinari cittadini emigrati.
Talvolta non mancò, tuttavia, anche qualche protagonismo nella terra dei confederati. Il sette giugno del 1970. La rivolta, frutto di rabbia e passione politica, per l’ingratitudine e il diniego del contributo italiano (anche di sangue) allo sviluppo economico e sociale della Svizzera, contro l’iniziativa dello xenofobo Schwarzenbach. La reazione morale della comunità italiana, ma non solo, e dell’anima democratica e aperta della società elvetica realizzarono il miracolo: Schwarzenbach fu sconfitto.
Centro di mobilitazione antirazzista
Le case d’Italia, al plurale, furono il centro della mobilitazione morale: per organizzare i gruppi di lavoro, stendere un documento, inventare uno slogan (Etre solidaire. Mitenand. Assieme) creare entusiasmo e consenso per la battaglia di verità e giustizia.
La comunità italiana che si fa parte di uno stato nel segno della solidarietà e del riconoscimento collettivo in una bandiera. L’avvio, questo sì, di un magma sociale che si riconosceva in due storie: gli italos noti nello sport - il calcio, soprattutto - la cui sintesi si realizzò, più tardi, nei voli sui sentieri del pavé verso Roubaix del Lucano-Svizzero Fabian Cancellara.
L’integrazione protagonista nei gangli vitali della Confederazione - esclusa, in gran parte, la politica - evidenziata dalle gru degli alti edifici in costruzione, alla cui sommità campeggia, generalmente, una scritta nominale italica, ha tolto agli antichi centri - le case d’Italia, ma non solo - la magia del punto di riferimento e d’approdo.
Le iniziative su integrazione e naturalizzazione
Sempre nelle case d’Italia, in Svizzera, iniziano le discussioni sulla naturalizzazione delle seconde e terze generazioni. Prendere o no il passaporto svizzero? Via via l’idea si afferma e influenza tanti nostri giovani connazionali che decidono di acquisire la seconda nazionalità. Dal 1983, dopo ben quattro rifiuti consecutivi alle urne, popolo svizzero e cantoni hanno approvato la scorsa domenica (12 febbraio 2017) di facilitare la naturalizzazione ai giovani stranieri di terza generazione. Non è una rivoluzione, ma un piccolo passo avanti, perché le condizioni di accesso restano ferree.
Rinnovarsi o morire. In alcuni casi, almeno parzialmente, è accaduto. A Berna, per esempio. In altri, no. E Zurigo, oltre a Lucerna, ne è il segno più eclatante.
Una imponente struttura sempre più ghetto e figlia di una memoria stantia nonostante il tentativo di abbellirla operato da un comitato “pro Casa d’ Italia.” Chi scrive espresse, a suo tempo, un giudizio positivo e indicò una speranza, minata, tuttavia e all’origine, da puri e nascosti interessi commerciali e di parte.
La mia interrogazione nel 2009
All’insegna del motto “Salviamo la Casa d’Italia di Zurigo” nel 2009 ho presentato anche un’interrogazione. In quell’occasione ho voluto dare eco in Parlamento ad un grido di allarme. In quegli anni se ne paventava la vendita. Alla guida del governo c’era Silvio Berlusconi, Ministro degli Esteri era Franco Frattini e ministro delle Finanze Giulio Tremonti. Io ho partecipato all’azione per scongiurare quell’esito. E già allora dicevo che la Casa d’Italia doveva tornare ad essere il centro dell’Italianità. Come in altre metropoli nel Mondo. A Locarno non è stato possibile, a Lucerna non si sa ancora, ma a Zurigo ci siamo riusciti.
È giunta l’ora del coraggio. Saper osare e investire nel nome della memoria e del rinnovamento.
La Casa d’Italia di Zurigo rimarrà chiusa per diverso tempo per una necessaria e sostanziale ristrutturazione indicata dalla recente ispezione ministeriale.
Per il polo scolastico italiano, ospite dell’attuale struttura, occorrerà ricercare, in accordo con le autorità cittadine e cantonali svizzere, una sede esterna.
Una battaglia vinta
Vedo un grande teatro. Una folla in attesa dell’evento. Una mostra. Un Pinturicchio o un Giotto a cui ispirarsi. Un centro di alta cultura. Di una Patria italiana figlia della nuova Europa. Che sta, nonostante la miserabile attualità, nelle nostre aspirazioni. E perché no? Con tutte le garanzie indispensabili, la nuova sede delle istituzioni consolari e culturali italiane.
Qualche ora di viaggio per raggiungere la moderna metropoli su cui veglia la dorata madonnina, così cara ai meneghini e a chi, come me, aspirò a scoprirla aldilà del monte.
Nel brulichio di viale Palestro spicca il vetro cemento del palazzo eretto a celebrare la vitalità confederale svizzera nel capoluogo lombardo. Ecco l’esempio di un qualcosa che può nascere nella città sulla Limmat.
La traversata del San Gottardo, tremila metri e più, sotto la vetta, ha unito due metropoli, due storie, due futuri. Due città gemellate - Milano e Zurigo - nel senso della memoria e nell’arricchimento delle loro grandi culture. L’avvenire entra in noi molto prima che accade (R.M. Rilke). Ma solo se sapremo - istituzioni e comunità - essere all’altezza del futuro che è nei nostri sogni.
On. Gianni Farina
Roma 15 febbraio 2017