Lodetti: “Gli enti gestori sono, oltre agli IIC, la rete più estesa e competente dedicata all’insegnamento della nostra lingua nel mondo, con all’attivo un bacino di 300 mila alunni, stimati per difetto, ed hanno una valenza strategica per la politica estera, commerciale ed economica del nostro Paese”. Lombardi: “Porre le condizioni per un loro indebolimento o non riconoscerli potrebbe rappresentare una partita in perdita per il nostro Paese, anche dal punto di vista finanziario, oltre che culturale e formativo” Il presidente, Claudio Micheloni assicura l’impegno a rappresentare le istanze del Cgie nel prosieguo dell’esame del provvedimento, impegno che scaturirà la prossima settimana in un parere sullo schema di decreto ROMA – Il Comitato per le questioni degli italiani all’estero del Senato ha approfondito questa mattina con alcuni membri del Cgie le osservazioni formulate da quest’ultimo sullo schema di decreto relativo alle scuole italiane all’estero, ed emerse in ultimo con l’audizione del direttore generale per la Promozione del sistema Paese del Maeci, Vincenzo De Luca alle Commissioni riunite Affari esteri e Istruzione pubblica la scorsa settimana (vedi http://comunicazioneinform.it/alle-commissioni-riunite-esteri-e-istruzione-laudizione-del-direttore-generale-per-la-promozione-del-sistema-paese-del-maeci-vincenzo-de-luca/). Un supplemento di riflessione in vista di un nuovo incontro con De Luca programmato oggi e in particolare – segnala il presidente del Comitato, Claudio Micheloni – alla luce della “preoccupazione emersa per la definizione del ruolo degli enti gestori” in questo contesto. Il primo ad intervenire è stato Gianluca Lodetti, membro del Comitato di presidenza del Cgie, che ha ringraziato il Cqie per la sensibilità dimostrata nei confronti del parere formulato dal Consiglio generale sul provvedimento e ribadito come “senza pregiudiziali il Cgie abbia salutato con favore l’intenzione di riorganizzare in modo organico la normativa sulla promozione di lingua e cultura italiana nel mondo”, “perchè riteniamo che questa sia una componente strategica rispetto all’immagine del nostro Paese all’estero e alla sua internazionalizzazione”. Segnala poi come il Cgie abbia “indagato la diverse domande provenienti dal territorio”, così da rispondere all’esigenza – più volte richiamata anche nel corso dell’audizione di De Luca – di “avere una rappresentazione aggiornata e realistica del sistema di formazione italiana all’estero, in cui compaiono diversi soggetti”: le diverse generazioni di emigrati italiani, le nuove mobilità, gli stranieri interessati al nostro Paese. “La domanda di lingua e cultura italiana oggi ha un carattere molto più eterogeneo di un tempo e deve rispondere alle differenti necessità di questi diversi soggetti – precisa Lodetti, pur ribadendo come il “punto di forza” della nostra promozione culturale sia costituito dalla “massa di discendenti che potrebbero essere perno per un’azione di promozione molto ampia”. Richiama inoltre la pluralità di organismi coinvolti nel sistema di formazione italiano all’estero: scuole italiane, paritarie, IIC, dipartimenti di Italianistica nelle Università ed “una vastissima rete di soggetti, anche privati, come gli enti gestori che offrono ad un’utenza molto ampia una formazione linguistica e culturale molto solida e ben integrata nelle realtà locali”. “Gli enti gestori – rileva Lodetti – oggi sono, oltre agli IIC, la rete più estesa e competente dedicata all’insegnamento della nostra lingua nel mondo, con all’attivo un bacino di 300 mila alunni, un dato stimato per difetto e che testimonia la loro importanza, visto che si tratta di 10 volte gli utenti delle altre realtà scolastiche e di formazione che afferiscono a questo settore”. Essi hanno inoltre “un rapporto con le realtà locali ancora più stretto e sono integrati in tale sistema”, caratteristiche che ne evidenziano la “valenza strategica per la politica estera, commerciale ed economica del nostro Paese”. “In questo tentativo di riordino del sistema crediamo non sia stato sufficientemente messo in luce proprio il ruolo di tali enti, definiti genericamente soggetti attivi senza scopo di lucro nella diffusione della nostra lingua e cultura – ribadisce Lodetti, spiegando come tale profilo – stante così il testo – ne risulterebbe “sminuito”, mentre “secondo noi dovrebbe essere valorizzato e richiamato in articolo specifico del decreto, così come avviene per gli altri soggetti”. Si richiama dunque la necessità di una definizione “chiara e trasparente” di aspetti amministrativi, organizzativi, finanziari e formativi degli enti gestori, una precisazione “che consentirebbe anche di venire incontro ad osservazioni critiche che a volte sono state mosse in proposito e che possa valorizzare la funzione di questa parte importante del sistema di promozione della nostra cultura”. “Il fatto che in questa bozza di decreto gli enti risultino diluiti nella fattispecie dei soggetti privati ci fa venire dubbi sulla reale intenzione del legislatore in merito a questa realtà – afferma ancora Lodetti, associando tale interrogativo “alle difficoltà costanti che di anno in anno abbiamo per assicurare un budget adeguato a tali enti” – richiama nello specifico la decurtazione del 20% di risorse subita quest’anno. Sono dinamiche che “non ci rassicurano in merito alla considerazione attribuita a queste realtà che a nostro avviso – conclude Lodetti – dovrebbe essere maggiore; per questo riteniamo che debbano essere esplicitati ruolo e funzioni in articolo specifico del provvedimento in esame”. Di seguito l’intervento di Norberto Lombardi, membro anche della Commissione Lingua e cultura italiana del Cgie, che, dopo aver ringraziato il Comitato “per l’interlocuzione costante con il Cgie”, richiama e approfondisce le osservazioni già esposte la scorsa settimana. In primo luogo segnala come nonostante si sia più volte puntualizzata la limitazione dell’ambito del decreto alle scuole italiane all’estero esso coinvolga il sistema di promozione di lingua e cultura italiana, toccandone dunque i soggetti partecipi e la legge n.153 del 1971, che era stata – ricorda Lombardi – “strumento sostanziale dell’insegnamento della lingua italiana, come allora si diceva, ai figli dei lavoratori italiani all’estero”. Egli ricorda a questo proposito come, con il mutare del profilo dell’emigrazione italiana – un progressivo “scolorimento” della prospettiva del rientro in Italia e una sempre più profonda integrazione nei Paesi di accoglienza – gli strumenti messi in campo da quella legge siano cambiati adattandosi alle circostanze, di “generazioni inserite nel tessuto sociale e culturale dei Paesi di insediamento e sempre meno in bilico tra permanenza all’estero e ritorno in Italia”. Con questi cambiamenti si è modificata anche “la strumentazione di cui Stato e associazionismo si erano dotati e il concetto stesso della nostra promozione linguistica e culturale, soprattutto dove l’italianità è più legata alla condizione familiare che non ad una prospettiva di riorganizzazione dell’esistenza”, trasformazione cui è seguito un approccio all’italiano quale lingua seconda più che lingua madre. E la trasformazione è in corso ancora oggi con i nuovi flussi, con “ragazzi che seguono le famiglie all’estero e sono interessati a conservare l’italiano ma anche all’integrazione nei sistemi scolastici locali, all’acquisizione non di una lingua fondamentale e madre, ma di un apparato linguistico che è perlomeno duplice”. “Proprio gli enti gestori, scoloriti nella dizione proposta dal testo iniziale di questo decreto, sono quelli che hanno accompagnato in modo più flessibile tali trasformazioni, diventando, su sollecitazione del Maeci stesso, enti di natura privata che rispondono al diritto dei Paesi in cui si trovano, e questo per evitare ipoteche a carico dello Stato italiano – segnala Lombardi, rilevando come a loro si debba riconoscere il merito anche delle esperienze innovative più riuscite in materia di bilinguismo e l’interlocuzione con le istituzioni locali che in alcuni contesti – fa notare – investono in essi più risorse di quanto non faccia l’Italia. Per questi motivi “porre le condizioni per un loro indebolimento o non riconoscerli potrebbe rappresentare una partita in perdita per il nostro Paese, anche dal punto di vista finanziario, oltre che culturale e formativo – ribadisce Lombardi, che condivide il richiamo alla necessità di formulare un articolo loro dedicato nello schema di decreto o, almeno, precisare meglio la loro definizione all’interno del testo. Egli ribadisce poi come non sia coerente il recepimento solo di parte degli articoli del Testo unico in materia di istruzione del 1994 che applicano la legge n.153 nello schema di decreto; sollecita una maggiore “valorizzazione delle professionalità che si sono sviluppate all’estero nella comunità italiana ma non solo” assicurando un maggiore spazio di autonomia agli istituti scolastici; raccomanda una gestione oculata e graduale della transizione prevista ad una co-gestione della materia da parte di Maeci e Miur; una maggiore flessibilità nella definizione del ruolo delle 50 unità di personale scolastico aggiuntivo destinato all’estero; una assimilazione contrattuale del personale assunto a tempo determinato con chi è assunto a tempo indeterminato. Il presidente Micheloni sottolinea da parte sua l’utilità della riflessione e delle osservazioni presentate al Comitato, e assicura l’impegno a rappresentare tali istanze nel corso dell’esame del provvedimento, impegno che scaturirà la prossima settimana in un parere espresso sulla materia da parte delle Commissioni Affari esteri e Istruzione pubblica del Senato. Si interroga inoltre sull’annuncio dei 50 milioni di euro da destinare alla diffusione di lingua e cultura italiana a fronte del taglio del 20% dei contributi agli enti gestori. Conclude infine assicurando la sua condivisione delle considerazioni svolte, cui aggiunge quella sull’insostenibilità dei tagli finanziari decisi in corso d’opera, quando la programmazione dei corsi da parte degli enti è già stata stabilita per l’intero anno scolastico. Di seguito anche l’intervento di Maria Mussini (Misto) che definisce il testo “deludente e un’occasione persa” perché, a suo dire, è “il risultato di una totale mancanza di ascolto della realtà che invece il Comitato si era sforzato in questi anni di rappresentare”. Rileva inoltre “una mancanza di chiarezza di visione” sulla promozione culturale che a suo avviso si sarebbe potuta colmare con un più attivo coinvolgimento del Miur. Infine, Pippo Pagano (Ap) ribadisce come il Comitato abbia constatato l’importanza degli enti gestori e assicura un impegno maggiore “per individuare la soluzione dei problemi rilevati dal Cgie”. (Viviana Pansa – Inform)