Cari amici e compagni,
vi scrivo per condividere con voi le ragioni per le quali ho deciso di sostenere Andrea Orlando come segretario del PD. Con l'occasione vi allego una sintesi delle priorità per i cittadini italiani all'estero che ci vedranno impegnati fino all'ultimo giorno di questa legislatura. Con il congresso e le primarie del 30 aprile dobbiamo affrontare e sciogliere molte questioni, alcune aperte da anni, altre inedite. Riconsiderare la vicenda della riforma costituzionale e del referendum è necessario non per alimentare polemiche personalistiche, ma per superarle: la sconfitta referendaria non riguarda, infatti, solo Matteo Renzi, il quale certo ha le sue evidenti responsabilità, ma interroga e coinvolge un numero più vasto di attori, politici e non, e un ciclo temporale più lungo di questa legislatura. Per dirla in breve, la crisi democratica rimane aperta e anzi tende ad approfondirsi, mentre la risposta che poneva in primo piano l'efficientamento delle istituzioni, il culto della democrazia di mandato fondata sul carisma del capo e sulla disarticolazione delle mediazioni tra leader e popolo (partiti, sindacati, associazioni), è fallita. La crisi della rappresentanza non si risolve attraverso il mito dell'efficienza: questo è il dato di fatto, che ancora fatica ad affermarsi nella consapevolezza dei protagonisti mentre già produce i suoi effetti nella realtà concreta del sistema politico. Il nostro problema non è rilegittimare una classe dirigente rimasta sostanzialmente muta dopo il 4 dicembre, come se l'autocritica spettasse al corpo elettorale, e neppure sancire i nuovi rapporti di forza da trasferire nella composizione delle liste: un congresso concentrato su poteri e gerarchie sarebbe un segnale di grande debolezza. Il problema di fondo è la funzione del partito democratico, il ruolo che intende svolgere nella società e nelle istituzioni, i cambiamenti che ne conseguono, tanto in riferimento allo strumento partito, quanto all'elaborazione di una proposta politica adeguata ai mutamenti profondi dello scenario internazionale e alla cronicizzazione della crisi italiana. Non è di narrazione che abbiamo bisogno. Il sud, i giovani, le periferie non è che "si sentano" esclusi, lo sono: esclusi dal benessere, dalla crescita, sempre più spesso dalla protezione sociale e dal sistema formativo. Non basterà includerli nel racconto, non basteranno le mozioni. Servirebbe un salto di qualità nel dibattito, serviranno provvedimenti concreti e un discorso di verità da parte del Governo, che è essenzialmente espressione di questo partito e lo rimarrà. Anche per questo non ho condiviso la scelta di persone cui mi uniscono una storia e molte idee: se c'è anche solo una possibilità di distogliere il PD dalla sua involuzione adolescenziale, da una concezione muscolare del potere, credo sia doveroso impegnarsi per realizzarla. Andrea Orlando, per il suo profilo e per l'impostazione che ha dato alla sua candidatura, può riaccendere una speranza e dare risposte a una comunità politica disorientata, che deve ritrovare il senso della partecipazione, ricostruire una casa solida e accogliente, aperta non solo a chi rimane e a chi è uscito, ma al Paese che vorremmo convincere a fidarsi di noi. Solo nella partecipazione si può trovare una risposta convincente e strutturale alla crisi della rappresentanza. Una partecipazione consapevole, capace di produrre idee e di formare una classe dirigente all'altezza dei problemi epocali che abbiamo di fronte, non l'adunata degli adoratori e degli odiatori del capo. Se abbiamo l'ambizione di essere una forza riformatrice e progressista, che si batte per una società più giusta e più libera, la personalizzazione della politica non è l'orizzonte che si schiude di fronte a noi, ma il tramonto di un'epoca che sfuma progressivamente alle nostre spalle.