L'incontro a Montecitorio sulla Rai diretta agli italiani all'estero promosso dall'On. Fucsia Nissoli
In una sala del Parlamento, l'On. Fucsia Nissoli ha fatto discutere i vertici della Rai del futuro del servizio pubblico radiotelevisivo diretto agli italiani all'estero e agli italici nel Mondo e le idee sfornate in appena un'ora sono interessanti: "L’intero sistema del servizio radiotelevisivo pubblico, soprattutto quello rivolto fuori d’Italia, va rifondato. Con un obiettivo ben chiaro in testa: fare sinergia" Se in Italia qualcuno usa l’espressione “servizio pubblico”, ci sono alte probabilità che la persona con cui sta parlando alzi gli occhi al cielo e parta con una serie di lamentele. La litania delle cose che non vanno o che potrebbero andare meglio nella burocrazia e nell’amministrazione statale a tutti i suoi livelli (centrale, regionale, provinciale, comunale eccetera) è nota a tutti. “Invece il servizio pubblico, se usato bene, può essere un fondamentale strumento di diplomazia culturale per la promozione dell’Italia nel mondo” dice Fucsia Nissoli, parlamentare della circoscrizione Nord e Centro America, componente della Commissione Affari Esteri e Comunitari della Camera, nonché segretario del Comitato per le questioni degli Italiani all’estero e del Sistema Paese. Ma da dove si parte? Come si sbroglia la matassa del (dis)servizio pubblico? “Si parte, per esempio, dalla comunicazione” dice Nissoli alla Voce di New York. “Quella del servizio radiotelevisivo pubblico”. Ovvero: la Rai. Convinta che “una moderna e adeguata diplomazia della comunicazione e dell’informazione, compresa quella cosiddetta di ritorno, è parte della diplomazia culturale in senso più ampio ed è essenziale all’immagine di un Paese come il nostro”, Nissoli ha chiamato a raccolta un ristretto gruppo di addetti ai lavori: Piero Corsini, direttore di Rai Italia; Federico Fauttilli, componente della Commissione di vigilanza parlamentare sui servizi radiotv; Loredana Cornero, segretaria generale della Comunità radiotelevisiva italofona e Franco Siddi, consigliere di amministrazione della Rai. Moderato da Francesco Tufarelli, l’incontro in un’aula della Camera è stato breve: appena un’ora. Eppure ne sono usciti analisi, critiche e progetti concreti, per nulla “sbrodolati”. A dimostrazione che, se si hanno le idee chiare, non c’è bisogno di parlare troppo. Il tema di fondo lo ha lanciato la Nissoli, ed è una sfida non da poco: “L’intero sistema del servizio radiotelevisivo pubblico, soprattutto quello rivolto fuori d’Italia, va rifondato. Con un obbiettivo ben chiaro in testa: fare sinergia”. Già: sinergia e sistema. Parole chiave ed essenziali un po’ ovunque, tranne forse che in Italia. Quello della Nissoli è un discorso e un progetto ben comprensibile e più che condivisibile. Ma lei, nata in Italia per la precisione a Treviglio, è sposata e vive da tempo con la famiglia negli Stati Uniti, nel Connecticut. Quindi, come milioni di italiani all’estero, si è abituata a Paesi dove il servizio pubblico funziona complessivamente bene. E dove, soprattutto, si fa davvero “sistema”. Ma, polemiche a parte, come servire al meglio gli italiani all’estero? Innanzitutto: senza lamentarsi. Una strategia e una filosofia di fondo ben chiari già dal primo intervento, quello di Piero Corsini, direttore di Rai Italia cioè delle trasmissioni Rai per l’estero. Che pure di lagnanze ne avrebbe da avanzare. Il suo omologo tedesco, per dirne una, dispone di un bilancio dieci volte superiore al suo, anche se i tedeschi nel mondo sono probabilmente meno degli italiani. E lui, con un solo canale a disposizione, deve barcamenarsi. Sapendo in partenza che ci saranno sempre gli scontenti. C’è chi vuole più Commissario Montalbano. Chi, invece, è un fan dei dibattitti televisivi. Chi vuole partite di calcio a ripetizione e chi del pallone non vuole sentire parlare. “A proposito: l’anno prossimo sarò nei guai con tante donne italiane all’estero. La Lega calcio è intenzionata, per la prima volta nella storia del pallone tricolore, a spalmare le partite di ogni giornata del campionato lungo cinque giorni. In pratica: una partita al giorno. Mi aspetto email di fuoco da tante mogli italiane all’estero”. “Anche le mie” interviene a questo punto ridendo la Nissoli. “Non sono una tifosa”. Ma bisogna essere positivi. L’informazione di ritorno, per dirne una, è stata avviata: su Rai 3, al mattino, una trasmissione di Rai Italia fa vedere agli italiani in Italia ciò che fanno gli italiani fuori d’Italia. È un primo passo non da poco. Si tratta di raggiungere un giusto compromesso, di tentare di accogliere le esigenze di tutti. “Il ruolo del servizio pubblico è proprio questo: l’accoglienza” ha sottolineato Loredana Cornero. E l’accoglienza si fa anche attraverso la condivisione della lingua, ha ricordato tracciando le origini della CRI, la Comunità radiotelevisiva italofona: “È parte della Rai, nasce per volere della Rai e trova nella Rai la sua più forte sostenitrice. Fu costituita nel 1985 grazie a due storici dirigenti: Biagio Agnes e Sergio Zavoli. Gettarono le basi di questa comunità con intelligenza e grande lungimiranza, insieme alla Radiotelevisione svizzera di lingua italiana, alla radiotelevisione KoperCapodistria, alla radiotelevisione di San Marino e a Radio Vaticana. Obiettivo: valorizzare la lingua italiana attraverso i media”. Un progetto che ha funzionato se oggi, assieme ai fondatori, della Comunità fanno parte anche altri Paesi la cui lingua madre non è l’italiano: Croazia, Romania, Albania, Malta, Tunisia, Germania … Dagli interventi è risultato chiaro che, come sempre, è tutto una questione di volontà politica. Lo ha detto Franco Siddi, consigliere di maggioranza della Rai. O, meglio, per usare le sue parole: “della cosiddetta maggioranza”. Perché Siddi, a sua volta, ha fatto alcuni puntuti distinguo sulle attuali linee guida di viale Mazzini. “Finora, nonostante i miei tentativi, non sono riuscito a far affrontare la questione di Rai Italia alla pari con quelle che riguardano i canali ‘maggiori’. Eppure è lo stesso Capo dello Stato a sottolineare la policentralità della Rai”. Che si sposa anche con la lingua inglese. “Oggi un obbligo per la Rai”. Siddi ha anche lanciato un’idea: “Bisognerebbe far diventare il portale internet della Rai il portale dell’intera ‘cittadinanza’ italica nel mondo”. Non male, come idea. Purché non resti solo tale. (Niccolò d'Aquino)