Roma – L’emigrazione italiana è cambiata e con lei anche bisogni e richieste di chi la compone. Nella valigia di chi sceglie di lasciare l’Italia oggi, ci sono forse gli stessi sogni e le stesse paure di chi partiva il secolo scorso, ma nuove esigenze caratterizzano il “viaggio”, temporaneo o permanente che sia. Puntare sulla digitalizzazione dei servizi consolari e rafforzare la presenza sul territorio è la ricetta di Luigi Maria Vignali - da poco alla guida della Direzione Generale per gli Italiani all’Estero e le Politiche Migratorie del ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale - per intercettare le richieste della nuova Italia che vive fuori dall'Italia. Prima di tutto, spiega Vignali, è necessario “migliorare i servizi degli italiani all’estero anche attraverso un forte impulso alla digitalizzazione. Dobbiamo dare ai nuovi emigrati dei servizi a distanza in grado di completare un percorso iniziato qualche tempo fa e che adesso va portato a ulteriore compimento: cioè la possibilità di dialogare anche senza recarsi fisicamente in consolato”. Senza però chiudere le porte dei servizi consolari a chi “vuole mantenere un collegamento fisico e diretto”. Un altro grande obiettivo è quello di “rafforzare la presenza italiana sul territorio”, ha continuato il Direttore della DGIEPM spiegando che all’estero “c’è tutta una realtà che va valorizzata, anche per poter cogliere quegli elementi di valore aggiunto che le nostre collettività possono dare”. Secondo Vignali “la nuova emigrazione è una priorità importante perché i flussi verso l’estero sono ricominciati e sono sostenuti”. Non si tratta solo di “giovani, studenti o ricercatori – ha spiegato Vignali -: anche se è vero che c’è stata una fuga di cervelli importante, i giovani che lasciano il Paese e hanno meno di 40 anni fanno parte della metà di questo movimento”. L’altra metà, è composta di persone che “hanno più di 40 anni e che giovani non possono essere considerati se non d’animo e di coraggio per lanciarsi in questa avventura – ha sottolineato Vignali -. Ci sono poi i pensionati che vanno a vivere all’estero per usufruire di un potere d’acquisto maggiore della pensione; c’è un’altra piccola minoranza, ma significativa, di minori”. Ci sono anche “interi nuclei familiari che si spostano per cercare lavoro” e anche per quanto riguarda i titoli studio “non sono tutti laureati”, ha detto ancora il Direttore della DGIEPM. Le richieste e le esigenze della nuova emigrazione sono cambiate: “Sono estremamente diverse da quelle dell’emigrazione di terza o quarta generazione con cui siamo abituati a confrontarci all’estero – ha continuato Vignali -. Quel tipo di italiano chiedeva servizi di collegamento con la madre patria, voleva studiare italiano, essere legato alla cultura italiana, chiedeva servizi che in qualche modo mantenessero questo legame anche da un punto di vista amministrativo e civilistico”. I nuovi emigrati, invece, vogliono altro, “vogliono corsi di lingua locale, vogliono capire il contesto nel quale si trovano, vogliono essere introdotti nel mondo del lavoro locale ed essere affiancati per i primi servizi”. Su questo punto “abbiamo già cercato di intercettare la domanda di nuovi servizi lanciando dei portali e delle modalità di incontro”, ha sottolineato Vignali ricordando i progetti Primo approdo a Londra, Primi passi a Berlino. Qui si inserisce anche la funzione della rappresentanza italiana all’estero: Comites e Cgie “svolgono un ruolo estremamente importante e mi piacerebbe che fossero più conosciute da tutte le realtà, all’estero e nazionali, vorrei che potessero espletare appieno la loro funzione che è quella di rappresentanza delle nostre collettività, di collegamento con le realtà istituzionali, di ascolto dei bisogni della collettività”. Ma non solo: “Tra le loro funzioni c’è quella di fare nuove proposte” ha spiegato Vignali. Poter “contare sul loro ruolo” è importante, ma “in alcune situazioni si è persa un po’ di rappresentatività” e quindi a Comites e Cgie il compito di “trovare il modo di farsi conoscere e apprezzare. In alcuni casi ci sarà bisogno di un ricambio generazionale, ma più che altro è un problema di intercettare i nuovi bisogni”. Le parole chiave sono “ascolto, collaborazione con le istituzioni e proposte per innovare”. Altro punto che la Direzione guidata da Vignali deve affrontare è l’effetto Brexit sui nostri connazionali nel Regno Unito: “Sicuramente poniamo la difesa dei diritti dei nostri cittadini come priorità negoziale. Una priorità non solo sostanziale ma anche temporale, vogliamo che questo sia il primo capitolo ad essere negoziato e che emerga con tutta la forza l’importanza di una tutela dei nostri connazionali”. Una delle prime preoccupazioni di chi vive nel Regno Unito è sapere “cosa succede se il negoziato fallisce”: il negoziato “non può fallire – assicura Vignali -, ma comunque va messo in sicurezza, poi possiamo confrontarci aspramente con i britannici su altre questioni”, come quelle finanziarie o commerciali. Altra domanda: Cosa accade a chi è da poco tempo nel Regno Unito? “Dobbiamo poter dar loro un periodo di tempo sufficiente a maturare quei cinque anni che il Regno Unito chiede per avere il permesso di residenza permanente – ha affermato il Direttore della DGIEPM -. Dovremmo prevedere un periodo transitorio: questa è una priorità molto forte per dare garanzia a chi si è già recato nel Regno Unito di poter continuare a rimanere”. Secondo Vignali è necessario anche “semplificare le modalità per dimostrare che si è risieduti nel Regno Unito. Ora sono complesse – spiega - perché non erano state pensate per i cittadini europei, ma per quelli extra europei e bisognava dare dimostrazione di tutta una serie di requisiti legali di residenza. Adesso è necessario semplificare drasticamente per i nostri cittadini”. Oltre alla Brexit, l’Europa deve fare i conti con il fenomeno migratorio che – ha precisato Vignali – “non è un’emergenza ma una questione con cui dobbiamo imparare a convivere e a saper gestire”. Il 6 luglio l’Italia ospiterà una conferenza ministeriale “incentrata sul ruolo dei Paesi di transito, attraversati dalle rotte migratorie - ha proseguito il Direttore della DGIEPM -. Per i Paesi di origine stiamo portando avanti una battaglia di sviluppo per affrontare le cause profonde dei fenomeni migratori; con i paesi di transito, invece, dobbiamo vincere un’altra battaglia, quella di protezione, di lotta ai trafficanti di essere umani e di fornire alternative a questi migranti”. Sottolineando il “ruolo importante dei Paesi di transito”, secondo Vignali “dobbiamo aiutarli anche a sostenere le comunità locali che trovano in questi traffici delle fonti di reddito. Ecco perché è importante prevedere delle economie di sostituzione per i Paesi di transito, sostituire il modello economico di sviluppo che non può essere basato sui traffici ma su un altro tipo di investimenti, come quelli privati, di risorse economiche, di risorse da valorizzare”. Sostegno alle comunità locali, quindi, sostituzione del modello economico, assistenza, lotta ai trafficanti e al tempo stesso offrire alternative ai migranti, come il rimpatrio volontario assistito: “Ai migranti che volessero tornare nel loro Paese di origine potremmo offrire dei pacchetti di reintegro volontario: non si tratta di rimpatriare forzatamente ma di offrire delle prospettive di reinserimento, dei pacchetti di Cooperazione allo sviluppo per i luoghi di origine, delle prospettive di ripartenza sociale ed economica dai loro luoghi”, ha detto Vignali. I rifugiati che scappano dalle guerre e dalle persecuzioni, invece, “vanno protetti, assistiti e reinsediati in Europa, con dei canali umanitari. Se ci sono rifugiati che scappano da situazioni di emergenza devono essere reinsediati a partire dai paesi di transito”. Tutto questo, con il fondamentale sostegno dell’Europa: “La Commissione europea è con noi, ci sostiene, si rende conto che da una gestione comune delle politiche migratorie dipende il futuro stesso dell’Europa, altrimenti rischia di disgregarsi su questo impatto dei flussi migratori - ha concluso Vignali - alcuni Paesi membri ci sono molti vicini, come la Germania, o la Francia che ha dato dei segnali importanti in questo senso con la nuova presidenza Macron; la Spagna, i Paesi Bassi: sono tutti Paesi che ci sostengono, che sono vicini all’Italia nella gestione dei flussi. Per altri Paesi, invece, il concetto di solidarietà rimane ancora molto teorico”. E dal Consiglio europeo dei giorni scorsi è uscito un accordo per “sostenere di più l'Italia” proprio sui flussi migratori. Ad annunciarlo Donald Tusk, presidente del Consiglio Ue, che ha sottolineato come la situazione nel Mediterraneo centrale resti “critica per gli arrivi irregolari”. (NoveColonneATG)