“Perché non riconoscere questa verità? Perché continuare a parlare di tagli che non abbiamo mai fatto!?”. E poi: “Renzi è ancora l’uomo giusto per dare al Pd una seconda opportunità”
Intervista di Laura Neri – sabato 16 settembre 2017
On. Marco Fedi, deputato Pd eletto all’estero e residente in Australia. La pausa estiva è ormai alle spalle. Si ricomincia. Da dove?
Dalle nostre comunità, dalle aspettative dei protagonisti delle nuove mobilità, dalle speranze delle nostre comunità all’estero, da chi esporta beni o idee e fa impresa all’estero. Dai loro bisogni, dal loro spirito d’iniziativa, dai servizi che ci chiedono.
Finora cosa è stato fatto?
Ecco, si ricomincia, intanto, dalle cose fatte, che sono tante.
Per esempio?
Per quanto riguarda la fiscalità, ricordo le detrazioni fiscali per carichi di famiglia e le agevolazioni fiscali, sia per quanti risiedono nell’area economica europea sia per coloro che operano in Paesi extra-UE; il riconoscimento del credito d’imposta nel caso di ‘Voluntary Disclosure’, le agevolazioni fiscali per i lavoratori che rientrano in Italia.
E poi?
L’esenzione IMU e TASI per la prima casa dei pensionati che percepiscono pensioni estere e pensioni italiane in convenzione, la riduzione TARI di due terzi e l’esenzione del Canone Rai per chi non possiede apparecchio TV o non riceve segnale digitale, con autocertificazione, e per chi trasforma il contratto di fornitura di energia elettrica da residente a non residente.
Sul tema dell’internazionalizzazione del sistema Italia, dobbiamo ricordare l’aumento delle dotazioni di bilancio per le Camere di Commercio all’estero e il riconoscimento del ruolo degli Enti gestori dei corsi di lingua e cultura italiana nel decreto attuativo per l’estero della Legge sulla “Buona Scuola”, l’aumento del contingente scolastico per l’estero e l’aumento della dotazione del capitolo 3153 riguardante appunto gli Enti gestori; lo stanziamento di fondi per le minoranze italiane residenti in Slovenia e Croazia e per le nostre comunità istriane, fiumane e dalmate e l’aumento dei contributi alla Società Dante Alighieri.
C’è, inoltre, un fatto nuovo e rilevante: il fondo di investimento in campo linguistico e culturale che dovrebbe rafforzare, con 150 milioni di euro in quattro anni, l’intero sistema della promozione della lingua italiana nel mondo.
Per quanto riguarda gli obiettivi raggiunti per l’editoria italiana nel mondo, ricordo la nuova legge sull’editoria e i decreti attuativi: l’approvazione di un emendamento dei deputati PD estero sulle pubblicazioni per gli italiani all’estero ha comportato l’aumento delle risorse per le agenzie stampa specializzate e l’aumento delle risorse per la stampa in lingua italiana pubblicata nel mondo.
Anche sul tema della rappresentanza (CGIE e Comites) l’esecutivo ha fatto passi in avanti rinnovando gli organismi di rappresentanza, con l’impegno nella prossima legge di bilancio di lavorare per garantire le dotazioni finanziarie necessarie a garantire l’operatività di questi organismi.
Altri obiettivi sono stati centrati anche per quanto riguarda la rete diplomatico-consolare nel mondo, con lo stop a chiusure di sedi e l’utilizzo delle percezioni consolari per la rete consolare, oltre alla riapertura della rappresentanza diplomatica di Santo Domingo.
Sul tema degli accordi e delle ratifiche internazionali e della previdenza sociale, ricordo l’accordo fiscale con la Svizzera, una svolta storica per la lotta all’evasione, la ratifica dell’accordo di sicurezza sociale tra l’Italia e il Canada, quella dell’accordo di sicurezza sociale con il Giappone e l’accordo sulla previdenza sociale tra Italia e Israele.
L’impegno continuerà nei prossimi mesi sui temi della previdenza e dell’assistenza, in particolare per la stipula di nuovi accordi di sicurezza sociale, con priorità per quello con la Nuova Zelanda e con alcuni Paesi dell’America Latina finora esclusi dal quadro complessivo delle convenzioni, come Cile, Ecuador, Perù e Messico; per il rinnovo di alcuni accordi bilaterali di sicurezza sociale stipulati negli anni ‘70 e ’80, da ritenere oramai obsoleti, come quelli con il Brasile, l’Argentina, gli Stati Uniti; per l’avvio di trattative con i paesi di emigrazione-immigrazione con i quali non sono state ancora stipulate convenzioni per la conversione delle patenti di guida.
Abbiamo poi una serie di priorità che riguardano il personale a contratto della rete diplomatico-consolare nel mondo: dal pagamento in valuta locale delle retribuzioni agli aumenti retributivi, impegnati come siamo a garantire equità e parità di trattamento.
Esattamente ciò che chiediamo con le pensioni. Le quattordicesime devono essere pagate anche a chi risiede all’estero, evitando che vadano a chi non ha titolo per riceverle, quindi dopo la verifica reddituale.
Lei ha approfittato delle settimane di agosto per girare il territorio. Come ha trovato gli italiani di Australia?
Infreddoliti, grazie alle insolite basse temperature regalateci dai cambiamenti climatici, ma pronti a discutere di matrimoni tra persone dello stesso sesso (discussione in corso grazie al plebiscito voluto dal Governo australiano prima di metter mano a questa riforma); di pensioni, dopo che Boeri ha minacciato pesanti modifiche; di politica, chiedendo le ragioni per le quali il PD si è diviso; di economia, a cospetto dei segnali positivi per l’occupazione e la crescita; di opportunità di investimenti, di collaborazione tra Università, di servizi consolari, di patronati e sicurezza sociale.
Insomma una comunità in costante fermento. A questo si aggiunge la crescente consapevolezza che rafforzando i legami tra Italia e Australia si moltiplicano anche le opportunità di crescita: non possiamo rischiare che vincano le idee retrograde che propongono chiusure e muri, culturali e legislativi. La comunità italiana chiede anche attenzione alle modifiche che l’Australia propone sulla mobilità, per quanto riguarda i visti, e sulla cittadinanza.
Lo jus soli è finito su un binario morto, argomento chiuso. Ma come, non era uno dei simboli della sinistra di governo?
La domanda che rivolgerei a chi si oppone a questo jus soli, che vuole facilitare il riconoscimento della cittadinanza italiana ai nati in Italia da genitori con un regolare permesso di soggiorno, è molto semplice: la storia della nostra emigrazione sarebbe stata molto diversa se nei Paesi di arrivo non avessimo trovato legislazioni sulla cittadinanza che hanno consentito a tanti figli di italiani nati all’estero di inserirsi immediatamente, da cittadini, in quelle realtà. Perché i figli di lavoratori immigrati che nascono in Italia non meritano le stesse opportunità? Lo dico in particolare al MAIE che conosce questa realtà.
Non si vince una battaglia sul riacquisto della cittadinanza italiana limitando le opportunità agli immigrati!
Fino a quando potremo dire no ad una scelta di civiltà? E’ necessario impegnarci tutti per superare ogni ostacolo. Detto questo, però, le leggi si approvano con le maggioranze. Se al Senato in questo momento non esiste una maggioranza che ne consenta l’approvazione, dovremmo porre la questione di fiducia? La fiducia si pone quando un Governo nasce, oppure per far cadere emendamenti e accelerare l’iter di approvazione di una legge. Non per misurare la tenuta di un Governo o per sfidare gli alleati. Dobbiamo convincere le forze politiche ed i singoli parlamentari a sostenere un progetto politico sul quale si misura oggi la nostra civiltà culturale, politica e giuridica.
L’abbiamo vista in missione con il sen. Francesco Giacobbe. E’ pronto il ticket Pd Camera-Senato per le prossime elezioni nella vostra ripartizione?
Non è pronto alcun ticket perché non siamo noi ad autocandidarci. Prima di tutto perché i circoli PD nel mondo vogliono far sentire la loro voce sia sui programmi che sulle candidature. In secondo luogo perché i tempi stringono e le scelte programmatiche sono urgenti. In terzo luogo donne e uomini da candidare devono essere il risultato del giusto equilibrio, sempre molto difficile da raggiungere, tra rinnovamento, continuità e capacità di attrarre consenso.
Dopo tre legislature sono pronto a passare il testimone. Vorrei però parlarne in modo aperto e sereno con chi dovrà decidere. Ma ricordo che il tempo stringe e le responsabilità non sono ancora chiare. Credo che non possa essere solo il segretario a decidere senza consultazione.
Se lei dovesse scegliere un tema, uno solo tra i tanti, da portare avanti nella sua prossima campagna elettorale, quale sarebbe?
L’italianità nel mondo si è molto differenziata e articolata. Per ragioni storiche, sociali, culturali. Oggi non siamo più davanti al tradizionale “mondo dell’emigrazione”, ma a tanti mondi, a tanti protagonisti, a tanti soggetti. La forza di un paese come l’Italia è stata sempre quella di sapersi plasmare, di sapere aderire alle diverse situazioni che nel mondo esistono e cambiano in continuazione.
Dunque?
La mia ripartizione elettorale tocca l’Africa, l’Oceania, la Cina, l’Australia e si estende fino alla Nuova Zelanda. Non una semplice ripartizione, ma tanti mondi diversi. Per questo, mi piacerebbe poter parlare dei loro problemi ai discendenti della vecchia emigrazione e agli expat, a chi ha problemi di pensione e a chi ha l’obiettivo di conquistare un lavoro, a chi vuole assicurare ai suoi figli la padronanza della lingua e della cultura d’origine e a chi per i figli cerca una strada veloce e sicura di integrazione linguistica e culturale.
Ecco, vorrei lavorare su questi temi. Vorrei già proporre soluzioni innovative. Vorrei, in sostanza, proporre un patto tra generazioni per parlarsi e costruire forti collaborazioni, tra soggetti protagonisti dell’emigrazione, enti gestori, camere di commercio, Università e mondo della ricerca, consolati, patronati ed associazioni, imprese e grandi gruppi economico-finanziari, una nuova frontiera della comunicazione ed una nuova capacità di collegarsi, sia su singoli progetti che nel parlarsi.
Solito check: qual è, secondo la sua visione, lo stato di salute del Pd in Australia e, più in generale, in Italia?
In Australia, non diversamente dall’Italia, le divisioni interne al PD hanno prodotto sia un allontanamento dalla politica attiva che la nascita di nuove forme aggregative. Questo, però, non significa automaticamente perdita di consenso elettorale. Indubbiamente abbiamo pagato un prezzo e rischiamo di perdere consenso, ma dobbiamo reagire rafforzando la nostra capacità di dialogo.
Alcuni nostri esponenti nazionali, alcuni colleghi, mostrano una spregiudicatezza di comportamento che lascia a volte stupiti. E’ come se fossero certi della sconfitta e nella sconfitta vedessero opportunità di rafforzamento della propria corrente o di se stessi. Primo grave errore che rischia di farci perdere altri iscritti.
Quale strada, allora, dovrebbe seguire il Partito Democratico?
Dobbiamo essere il partito del dialogo, delle differenze, dare spazio al dibattito interno. Poi – è vero – dobbiamo decidere. Vedo però il rischio di un decisionismo senza discussione e senza consultazione. Misureremo nella discussione programmatica, vicina, e nella consultazione sulle candidature, meno vicina, la capacità di dialogo del PD, in Italia e all’estero.
Riuscirà il Pd a farsi perdonare dagli elettori all’estero i tanti tagli alla cultura italiana e alla rete consolare degli anni scorsi?
Credo che il PD di Renzi e ora di Gentiloni non abbia nulla da farsi perdonare. Abbiamo insieme invertito un trend, inaugurato dal Governo Berlusconi, quello dei tagli lineari e dei tagli mirati, sempre verso la Farnesina. Con i Governi Renzi e Gentiloni siamo tornati ad investire! Perché non riconoscere questa verità? Perché continuare a parlare di tagli che non abbiamo mai fatto!?
Ho ricordato prima tutti gli obiettivi raggiunti. Tra questi lo stop alle chiusure di consolati e la riapertura di Santo Domingo, decisioni targate PD. Nel periodo del Governo Monti sono state prese alcune decisioni dure per far fronte all’emergenza economica ma è innegabile il cambio di direzione e di passo. Con la scuola siamo tornati a 12 milioni di euro e chiediamo di poter utilizzare anche il fondo di 150 milioni di euro in 4 anni, di cui 30 nel 2018.
Certamente abbiamo dovuto lavorare per ottenere questi risultati, sul decreto attuativo “Buona scuola”, aumentando il contingente scolastico all’estero e rafforzando il ruolo degli enti gestori. Ma il nostro ruolo di parlamentari è proprio questo. Noi in Parlamento siamo presenti, altri no.
Renzi, dopo la batosta del referendum, è ancora Renzi? Ovvero, è ancora l’uomo giusto su cui il Pd deve puntare per vincere?
Renzi ha vinto le primarie, quindi è l’uomo che il popolo del PD, iscritti, elettori e simpatizzanti, ha scelto. Ed è l’uomo giusto per il PD. Certamente ha fatto alcuni errori. Il referendum non è tra questi. Renzi era uscito molto bene dal referendum, assumendosi la responsabilità politica della sconfitta con le dimissioni. Ha lavorato bene per ricominciare a tessere la tela della costruzione del PD, ma poi ha trovato le minoranze che gli hanno impedito di lavorare.
Ora, chi doveva uscire è uscito. Però adesso è il momento della fiducia, del rapporto solido interno, del lavoro comune: non una ulteriore resa dei conti.
Renzi è l’uomo giusto per dare al PD una seconda opportunità.
Ma deve farlo dialogando non solo con gli elettori, cosa che fa magistralmente, ma anche con il suo partito, con chi lavorerà alla campagna elettorale, con chi crede nel PD e lo sostiene ogni giorno, nei circoli e nella società civile.
Giochiamo, in conclusione. Fedi giornalista. Rumors da Montecitorio? Di cosa parlano i suoi colleghi in Transatlantico?
Non frequento molto il transatlantico e comunque non raccolgo gossip. Immagino si parli molto di elezioni. Di voto in Sicilia, di voto politico a febbraio, quindi scioglimento delle Camere a gennaio, di alleanze da non fare e di quelle da fare. Di andare da soli o accompagnati.
Ascolto con scarsa attenzione. Nessuno parla del voto all’estero. Eppure, anche se mi auguro che alla fine non vada così, e il PD possa vincere e formare un Governo senza troppe difficoltà, il voto estero potrebbe essere ancora determinante. Sia al Senato, per la maggioranza, che per il numero di voti da sommare al risultato nazionale, utile a decidere la formazione politica che, da sola o in coalizione, avrà ottenuto più voti.
In assenza di una nuova legge elettorale, tutto pare importante. Poi potrebbe non esserlo. Ed io mi auguro proprio che non lo sia, per evitare una nuova drammatizzazione sugli italiani all’estero che non giova né a loro né all’Italia.