DI MATTEO FORCINITI - MONTEVIDEO - “Non è il 2 giugno e nemmeno il 25 aprile. Per tanti italiani emigrati in Uruguay la vera festa italiana porta la data del 20 settembre. Si tratta di una ricorrenza ottocentesca che remota le sue origini alla breccia di Porta Pia, penultimo capitolo del Risorgimento che portò all'annessione di Roma al Regno d'Italia. Siamo nel 1870 e gli echi di quell'importantissimo avvenimento storico attraversano in breve l'oceano per arrivare alla memoria dei tanti italiani giunti nel Río de la Plata durante la prima grande ondata emigratoria”. A scriverne è Matteo Forciniti sul numero di oggi di “Gente d’Italia”, quotidiano diretto a Montevideo da Mimmo Porpiglia. ““Gli emigrati italiani consideravano la festa del Venti settembre come la più sentita e popolare, e riuscirono a comunicare questo spirito alla comunità locale” spiega la storica argentina María Luján Leiva nel suo libro “Fratelli d'Italia”. “Si chiamava la “Festa d’Italia” o la “Festa di Garibaldi”, facendo sì che la tradizione popolare unificasse i due nomi amati, senza soffermarsi sulla verità storica che non documentava la presenza di Garibaldi a Porta Pia”. Secondo la docente dell'Università di Buenos Aires, “la diffusione e l'entità di questa celebrazione rivela un carattere laico dell'immigrazione italiana nel Plata, così come l'influenza di una leadership liberale nella comunità italiana”. Anarchici, socialisti, repubblicani e garibaldini conferirono a questa festività “un forte contenuto ideologico. Si esprimeva l'orgoglio delle origini, la decisione di una residenza e progetti di cambiamento in una nuova terra”. Per Maria Sagario, presidente del Circolo Garibaldino di Montevideo, il 20 settembre del 1870 ha una notevole importanza: “È stato il culmine dei valori risorgimentali che possiamo riassumere con la famosa frase libera Chiesa in libero Stato, anche se si dovrà aspettare fino ai Patti Lateranensi del 1929 per la separazione definitiva tra il potere temporale e quello spirituale”. Ma come vivevano gli italiani questa celebrazione? La Sagario cita uno scritto di suo marito Carlo Novello per spiegare l'interpretazione che veniva data in Uruguay a questa data. Ricorda in particolare le celebrazioni che si svolgevano a Pocitos, un quartiere di Montevideo: “Era una zona modesta con una fortissima presenza di immigrati italiani poveri. Durante questa giornata si innalzavano le bandiere italiane, non si lavorava e si facevano grandi festeggiamenti. Ognuno apportava ciò che poteva in base alle sue necessità. Si mangiava, si beveva e si cantavano canzoni in ricordo della patria lontana”. Il Venti settembre non riguardava solo i connazionali della capitale. Tutt'altro. La sua presenza è stata molto forte soprattutto nei vari dipartimenti del paese. “La festa è stata una grande successo, ha raggiunto la brillantezza che tutti si aspettavano visto l'appoggio entusiasta ed unanime che ha ricevuto la colonia italiana in città”. Così scriveva El Telégrafo, quotidiano di Paysandú, mercoledì 22 settembre del 1920. Il giornale si soffermava sul “grande aiuto ricevuto dal resto della popolazione, dagli amici e dagli ammiratori dell'Italia e dagli uomini che professano i principi liberali trionfanti nella giornata del 1870”. Da Paysandú ci spostiamo a San José, dove si trova l'associazione italiana più antica del paese fondata nel 1869. Nella rassegna storica curata da Miguel Senattore si scrive chiaramente: “La Società Italiana resta sempre compromessa e ispirata ai valori del XX settembre, così cari a tutta la collettività italiana”. Per questo motivo si riafferma con decisione l'esistenza di uno “spazio culturale indipendente, tollerante e pluralista che permette la libera manifestazione del pensiero”. In definitiva, questo anniversario è strettamente collegato alla figura di Giuseppe Garibaldi la cui figura quest'anno riveste un ulteriore importanza per via del 210° anniversario della sua nascita. Bisogna ricordare che l'eroe dei due mondi è particolarmente popolare in Sud America dove combattette diversi anni. In Uruguay fu capo dell'Armada Nacional (la marina militare) e condusse diverse battaglie per l'indipendenza del paese. Per la presidente del Circolo Garibaldino, “il generale rappresenta il concetto di libertà universale e di repubblicanesimo democratico. È stato un personaggio storico molto particolare e poi con l'Uruguay aveva un rapporto speciale: la considerava la sua seconda patria”. Proprio per queste ragioni, i garibaldini celebrano ogni anno il 20 settembre come data simbolica per la difesa della libertà di manifestazione del pensiero. In un paese dove è molto forte la memoria dell'eroe -ancora più dell'Italia- non è un caso che il 20 settembre sia stata una festività ufficiale fino agli anni trenta. Oggi, grazie alla legge 17.778 del 2004, viene riconosciuta la giornata come “celebrazione al libero pensiero”. Oggigiorno - con un'italianità in grande decadenza - anche questa solennità ha perso chiaramente tutto l'entusiasmo di quei gloriosi anni e il poco che resta lo si trova nell'interno del paese, dove la ricorrenza sembra essere molto più sentita rispetto a Montevideo. A Dolores (dipartimento di Soriano) rimane una Società Italiana che porta il XX settembre con orgoglio nel suo nome fin dal 1888. Nella giornata di domenica, inoltre, diverse associazioni organizzano pranzi e feste mantenendo l'antica tradizione. Probabilmente, questa maggiore importanza nell'interno si può spiegare con il fatto sono presenti quasi esclusivamente gruppi unitari e sono pressoché assenti le divisioni regionali come succede invece nella capitale. Per comprendere i cambiamenti che ha vissuto questa celebrazione ricorriamo ancora una volta alle parole della professoressa María Luján Leiva: “Alla decadenza della festa contribuirono la particolare congiuntura locale, il compromesso politico in Italia che la escludeva come celebrazione ed anche una mutazione profonda della componente umana dell'immigrazione italiana. Non si può, inoltre, non considerare la trasformazione della vita popolare e di quartiere, afflitta dai cambiamenti sociopolitici ed economici del dopo guerra. La celebrazione del Venti Settembre era stata, per gli italiani, un modo per inserirsi nella nuova realtà, non accettandola però passivamente, così com'era, ma trasformandola””. (aise)