Gli interventi di Eugenio Marino, già responsabile nazionale del partito per gli Italiani nel mondo, Anna Grassellino, chiamata a ricoprire ora l’incarico e del responsabile Esteri del Pd, Piero Fassino
MARINO: “come Pd abbiamo la responsabilità e il dovere di passare dalla fase delle politiche di emergenza, della quotidianità e degli interventi a breve termine, a una politica di adeguamento e di ripensamento complessivo delle nostre composite comunità e del loro rapporto con il Paese, in termini di complessità, sussidiarietà, integrazione locale, modernità e impresa etica”
GRASSELLINO: “La combinazione italiani ed estero è un cocktail vincente per le persone, per le imprese e può diventarlo anche per la nazione”
FASSINO: “Occorre ripensare in un contesto più ampio anche le nostre collettività presenti all’estero, con un duplice impegno: battersi perché esse possano sentirsi cittadini a tutti gli effetti nel luogo in cui vivono e, proprio in virtù di questo, liberi di riaffermare e far vivere la loro identità originaria”
ROMA – Nel corso dell’ultima giornata dei lavori del convegno organizzato dal gruppo Pd della Camera dei Deputati e intitolato “Il Pd per gli italiani all’estero. Una legislatura feconda”, anche gli interventi di Eugenio Marino, già responsabile nazionale del partito per gli Italiani nel mondo, Anna Grassellino, chiamata a ricoprire ora tale incarico e il responsabile Esteri del Pd, Piero Fassino.
MARINO si è soffermato su “L’evolversi delle comunità italiane nel mondo in rapporto al Pd”, chiarendo di ritenere che in esso “passi il destino delle nostre comunità e il loro rapporto con l’Italia”. Ha tracciato quindi un breve excursus storico dell’emigrazione italiana, rilevandone l’unicità per “volume di partenze, continuità nel tempo e dispersione planetaria” e il suo legame con la madrepatria, un “sentimento di appartenenza sul quale le collettività hanno costruito la propria identità cosmopolita e italica”, tratteggiandolo poi in rapporto con le diverse fasi politiche della storia dell’Italia sino ai giorni nostri; “momenti nei quali lo Stato – ha rilevato, – e poi a scalare i partiti nella propria dialettica e diversa visione del mondo, rifletteva su queste comunità, sul loro rapporto con l’Italia e quindi sulle politiche da programmare per questo universo”. In questo modo avveniva anche “l’individuazione di una politica pubblica per l’emigrazione rispetto alla quale i singoli partiti potevano confrontarsi in termini elettorali”, dinamica politica che è cambiata però per Marino a partire dagli anni Novanta, con un legame che è andato “progressivamente assotigliandosi” e paradossalmente proprio con l’approvazione delle sul voto all’estero e l’ingresso al Parlamento dei deputati e senatori eletti direttamente dai connazionali. “All’inizio degli anni 2000 si è anche fermata la riflessione e l’attenzione pubblica dello Stato, come se l’introduzione della Circoscrizione Estero e dei parlamentari, da soli, potessero bastare – afferma Marino, rilevando come ciò abbia comportato l’isolamento dei parlamentari stessi. “L’unico filo comune che lega l’evoluzione delle nostre comunità allo Stato italiano è la tradizione popolare, culturale e sociale frutto delle ispirazioni cristiana e socialista confluite nel Pd. Ecco perché – evidenzia l’esponente democratico, – se davvero oggi riteniamo di essere l’architrave democratico del Paese, anche quello sparso nel mondo, come Pd abbiamo la responsabilità e il dovere di passare dalla fase delle politiche di emergenza, della quotidianità e degli interventi a breve termine, a una politica di adeguamento e di ripensamento complessivo delle nostre composite comunità e del loro rapporto con il Paese, in termini di complessità, sussidiarietà, integrazione locale, modernità e impresa etica. Dobbiamo farlo – aggiunge – stimolando la riflessione da principale forza di Governo, da reale forza di rappresentanza dell’universo italiano all’estero capace di tenere insieme vecchie e nuove migrazioni, tradizione e nuovi bisogni, opportunità e innovazione”. L’auspicio, per giungere a un tale ripensamento, è l’organizzazione nella prossima legislatura di una “nuova Conferenza sugli italiani nel mondo, o meglio sugli italici e sui nuovi giovani migranti, un incontro istituzionale, che veda la partecipazione di Presidenza della Repubblica, presidenze di Camera e Senato e Ministero degli esteri e che ridia al Paese una visione complessiva dello Stato verso le nostre comunità”. Infine, un monito al partito perché ritrovi la sua unità e la capacità di “tenere insieme quell’universo vario di mondo politico di centrosinistra”. Se così non fosse, il rischio è per Marino “l’isolamento, il non essere più punto di riferimento e collante delle nostre collettività e delle nostre migliori tradizioni e realtà associative, ma collettore di rabbie, frustrazioni e generatore di divisioni del nostro stesso campo”. “Proviamo, invece, a unire il Pd – conclude Marino – condividendo ruoli e responsabilità per lavorare tutti a recuperare un pensiero complessivo, organico e nella tradizione del nostro mondo e sul nostro mondo”.
In collegamento via Skype interviene ANNA GRASSELLINO, che dopo aver frequentato un dottorato negli Usa ed essere stata per un periodo anche in Canada, a Vancouver, oggi dirige un laboratorio di ricerca a Chicago. “Sono all’estero dal 2006, non sono mai stata trattata diversamente, né perché straniera, o donna, ma sono stata messa in condizione di svolgere ricerca in un ambito internazionale, dove ho trovato la cultura dell’ascolto, autentica, importanti infrastrutture e grandi risorse che mi hanno aiutata a fare anche importanti scoperte – afferma Grassellino, sottolineando di aver seguito il convegno e le analisi svolte e di essere felice di mettere a disposizione del partito la sua esperienza di connazionale all’estero e la sua disponibilità a conoscere in presenza le collettività residenti fuori dai confini nazionali. Tiene a sottolineare come il suo successo sia anche merito dalla “forte preparazione che l’Italia mi ha fornito” e come importanti intuizioni nei gruppi di ricerca all’estero siano dovuti “al fondamentale contributo di tanti ricercatori italiani”. “La combinazione italiani ed estero è un cocktail vincente per le persone, per le imprese e può diventarlo anche per la nazione. Il nostro compito – rileva – è riflettere e formulare proposte concrete che continuino a qualificare la nostra azione in modo che aumenti la percezione nei nostri connazionali di essere parte della nostra nazione, non solo per tradizione culturale e affetti, ma anche come parte di un sistema qualificato che in maniera bidirezionale dà sviluppo e servizi”. “Se vogliamo pensare alla crescita della nostra nazione su scala globale dobbiamo favorire la mobilità, lo scambio e l’interazione, coinvolgendo in tutte le forme possibili gli italiani all’estero, che sono portatori di chiavi di successo in tutti i settori e in special modo della cultura della diversità, di cui dobbiamo farci promotori per il Paese”. L’auspicio dunque è di giungere ad una “sintesi piena di idee e progetti concreti” attraverso l’ascolto e la riflessione in atto anche attraverso occasioni come quella di questa due giorni.
Plaude all’iniziativa anche PIERO FASSINO, che ritiene giusto “proporsi di dare al lavoro del Pd nelle comunità italiane nel mondo una continuità che consenta di esercitare un ruolo importante a vantaggio delle collettività e del nostro Paese”. Segnala inoltre come la presenza italiana nel mondo sia stata decisiva per tanti Paesi di emigrazione, “consapevolezza che spesso non c’è in Italia”, anche per la distanza che ci separa dall’emigrazione “storica”. “Ricordare il passato invece illumina il presente e il percorso da fare nel futuro – rileva Fassino, sottolineando poi come oggi il mondo stia repentinamente cambiando perché “conosce la globalizzazione in ogni dimensione”, e il tema sia “come si guida tale globalizzazione, come minimizzarne i rischi cogliendone le opportunità”. “Il tema politico che ci troviamo oggi di fronte è la globalizzazione della sovranità: nessuno Stato può governare processi più grandi e larghi della sua sovranità, per questo occorre costruire luoghi di sovranità politica che siano in grado di guidare la globalizzazione, così come avviene nelle istituzioni continentali o regionali che sono sorte per dare soluzioni in scala più grande a problemi complessi. Ogni politica – aggiunge Fassino – va ripensata in una dimensione più larga e anche gli interessi nazionali non spariscono, ma vanno ricollocati in una sfera politica più ampia”. Si tratta di un ripensamento che deve avvenire “anche delle nostre collettività presenti all’estero, tenendo a mente che il nostro impegno nei loro confronti è duplice: battersi perché esse possano sentirsi cittadini a tutti gli effetti nel luogo in cui vivono e, proprio in virtù di questo, liberi di riaffermare e far vivere la loro identità originaria”. Fassino ricorda poi una terza importante funzione assolta dai connazionali nel mondo: “essere un ponte di relazioni tra l’Italia e i Paesi in cui sono residenti, una funzione che oggi è centrale perché è cresciuta l’interdipendenza”. Un ponte costruito anche grazie alla composizione variegata della nostra emigrazione, che fa delle nostre comunità “una straordinaria risorsa che noi dobbiamo essere in grado di valorizzare”. L’esponente democratico rivendica poi la “giustezza di aver approvato la legge sull’esercizio di voto all’estero”, un successo che “ci ha consentito di liquidare l’argomento che gli italiani all’estero fossero di destra, argomento basato sul fatto che essi si riconoscono nel Tricolore, che infatti è la bandiera del Paese e non di una sola parte politica”. Ricordando dunque come il voto dei connazionali si sia rivelato importante nelle passate consultazioni politiche, Fassino rileva la necessità che il partito resti “loro punto di riferimento”, “si organizzi seguendo il cambiamento della società” e dunque “utilizzando anche le nuove tecnologie pur restando radicati sul territorio, perché niente sostituisce il rapporto con le persone”. In vista dell’imminente campagna elettorale l’impegno dell’esponente democratico è dunque quello di lavorare per “presentare il Pd nelle migliori condizioni possibili e per costruire un’alleanza di centro sinistra” che possa trovare consensi anche tra gli italiani all’estero. (Viviana Pansa – Inform-usef)