Le consultazioni per la formazione del nuovo governo hanno già tracciato più di un solco tra gli eletti nella circoscrizione Estero. I rappresentanti del MAIE si sono affrettati a dichiarare il loro voto favorevole mentre i due dell’USEI si sono divisi in favorevole e contrario.
E questo ad appena qualche giorno di distanza dalla riunione degli eletti all’estero che ha invocato l’opportunità di un maggiore coordinamento tra le diverse posizioni, sia pure nel rispetto delle scelte politiche e culturali di ognuno. Chi sembra avere toccato il cielo con un dito con l’avvicinarsi del governo giallo-verde, che pure sta creando un allarme diffuso a livello internazionale, sembra il MAIE. Sorvoliamo sulla bugia di essere stati all’opposizione di ogni governo, mentre gli atti parlamentari e le agenzie provano che le legislature del MAIE, compresa l’ultima, sono state fifty-fifty, metà in maggioranza e metà all’opposizione, tanto per provarci un po’ con tutti. La folgorazione, comunque, è venuta dalle 12 righe delle 58 pagine complessive che il programma di governo dedica agli italiani all’estero. Trascurando che lo stesso documento, all’intera politica estera del Paese dedica 20 righe di un programma che un istituto di analisi serio come il Cattaneo ha definito sovraccarico di misure securitarie e estremamente vago in politica estera. Gli italiani all’estero, insomma, non come leva strategica della presenza internazionale dell’Italia, ma come pollaio. Venendo, poi, alle famose 12 righe, poiché i colleghi del MAIE hanno l’eleganza di fare confronti di comodo con il passato, bene, stiamo al gioco. Gli italiani all’estero sono evocati come mercato del Made in Italy, non come potenzialità e valore e, comunque, si ignora il massiccio sostegno degli ultimi anni alle politiche di internazionalizzazione e il raddoppio, da noi ottenuto, delle dotazioni per le Camere italiane di commercio all’estero. Per la lingua e la cultura si glissa sui 150 milioni (!) inscritti nel Bilancio 2017; per la rete consolare si ignorano le 290 nuove assunzioni e i 4 milioni annui per i consolati, da noi ottenuti; per i COMITES e il CGIE, si parla in modo equivoco di un “adattamento” alla presenza dei parlamentari, mettendo in discussione la loro autonomia e ignorando la riforma materiale dell’ultimo anno, che ha riportato le risorse finalmente ai livelli pre-tagli; per la riforma del voto all’estero si auspica genericamente il superamento dei “brogli”, una pura ritualità finché non si affronta la questione nei contenuti e nelle modalità di voto. Insomma, l’abbiamo capita: ancora una volta a qualcuno gli italiani all’estero serviranno per la demagogia e per inseguire carriere personali, ad altri toccheranno le responsabilità delle azioni e delle politiche. I Parlamentari PD Estero: Garavini, Giacobbe, Carè, La Marca, Schirò, Ungaro