L’ITALIA HA DIMENTICATO “L’ASSEGNO DEL CAFONE”
La Storia non è composta soltanto da episodi. Quando parliamo del passato spesso utilizziamo grandi episodi per segnare inizio e fine per poi dimenticare che la Storia è composta dalle azioni di ciascuno di noi nelle nostre vite quotidiane.
Purtroppo e fin troppo spesso dimentichiamo che queste azioni individuali possono svolgere un ruolo totale molto più grande di quel che immaginiamo. di Gianni Pezzano Nella nostra mente il periodo dopo la seconda guerra mondiale ha segnato l’inizio di un periodo di ricchezza per i paesi occidentali, ma allo stesso tempo, particolarmente noi in Italia, dimentichiamo che le azioni di milioni di emigrati hanno dato un contributo fondamentale al loro paese di nascita che oggigiorno è stato dimenticato. Peggio ancora, molti oggi non sanno che senza il comportamento dei nostri parenti e amici all’estero l’Italia d’oggi sarebbe molto, ma molto diversa.
QUELLA GENERAZIONE SFORTUNATA
Basta leggere i giornali di paesi come l’Australia, la Germania, gli Stati Uniti e altre mete dell’ondata post bellica d’emigrazione per vedere gli annunci funebri di quella generazione doppiamente sfortunata. Era la generazione che ha sofferto gli effetti non di una guerra mondiale ma di ben due. Era anche la generazione che ha pagato un prezzo altissimo per la famiglia sia quella rimasta in Italia che quella che hanno fatto nei loro paesi nuovi. Sabato scorso mio zio Peppino (Joe per gli australiani) in Australia ci ha lasciati all’età di 92 anni ed era di quella generazione. I post dei suoi figli e nipoti sui social media hanno raccontato alcune della storie dei suoi primi anni nel paese e il suo esempio mette il faro sul ruolo fondamentale di quelli nati i Italia negli anni 20 e 30 del 900. Zio non aveva contatti nel paese prima di partire e ha fatto ogni lavoro possibile per fare soldi. Infatti, i suoi nipoti dicono un dettaglio affascinante ed eroico allo stesso tempo. Per non spendere soldi ha vissuto i primi due anni nel nuovo paese in una tenda per poter inviare più soldi possibili ai genitori e i parenti a casa. Con il tempo sono arrivati poi anche sua sorella, mia madre e fratello, zio Gerardo. Questi erano i componenti della nostra famiglia che si sono trasferiti in Australia. Ma non erano gli unici parenti a emigrare e negli Stati Uniti c’è una grande comunità composta da cugini e paesani dal loro comune di origine. Nel parlare di quell’ondata di emigrati italiani molti dimenticano il dettaglio più importante. L’Italia del 1945 era stata devastata da una guerra atroce che nel 1943 è diventata anche una guerra civile crudele. I bombardamenti da entrambe le parti avevano distrutto quel che ora chiamiamo le infrastrutture del paese, dalle ferrovie alle fabbriche e le imprese di tutto il paese. A questo dobbiamo aggiungere uno stato che usciva da una dittatura e ben tre guerre (quella coloniale, l’intervento nella guerra civile spagnola e poi l’intervento disastroso nella seconda guerra mondiale) che hanno lasciato le casse dello stato vuote e una situazione politica confusa dalla ricerca di un nuovo modo di governare con la fine della monarchia e l’inizio dell’era repubblicana. In parole povere, malgrado gli interventi del Piano Marshall americano, l’Italia non aveva i mezzi di poter dare lavoro e da mangiare alla propria popolazione. Per questo motivo emigrare non era una scelta personale, ma un obbligo per permettere alla famiglia di sopravvivere. Infatti, c’erano anche zone d’Italia dove le autorità locali costringevano i giovani a partire perché non sapevano cos’altro potevano fare.
FONTE VALUTA ESTERA E MEMORIA CORTA
Quell’ondata post bellica composta da milioni di nostri parenti e amici ha vuto due effetti, ha ridotto il serbatoio di giovani e meno giovani in cerca di lavoro, ma ha avuto un effetto ancora più grande e fondamentale per l’eventuale sviluppo di quel che è ora uno dei primi paesi industriali del mondo. E per un motivo molto semplice. I milioni di nostri emigrati inviavano soldi alle loro famiglie rimaste in Italia e i soldi erano tra le prime fonti di valuta estera per il paese per almeno due decenni e fu una delle basi del celebre “boom” economico all’inizio degli anni 60. Questo contributo ora è dimenticato dal paese. Infatti, molti hanno cominciato a dimenticarlo sin dall’inizio. Mio zio Gerardo racconta che quando arrivavano i soldi dal fratello Peppino in Australia, e cosi anche alle altre famiglie di emigrati, i paesani si riferivano ai pagamenti come “l’assegno dei cafoni”. I miei genitori hanno avuto una prova della memoria selettiva nel primo viaggio in Italia dopo quasi vent’anni all’estero quando un giorno hanno sentito dire da paesani “Ma perché ve ne siete andati? Se foste rimasti avreste trovato la vostra America qui in Italia come noi…” Ricordo benissimo la rabbia di papà e le lacrime di mamma quel giorno. Sapevo quando soffrivano per la distanza dei cari e la malinconia ogni volta che arrivava un telegramma per dirci della morte di un parente. Però, il sedicenne di allora che ero non sapeva ancora che i genitori spedivano soldi regolarmente in Italia alle famiglie e ora capisce di più che quelle parole non erano altro che una beffa enorme ai loro sacrifici.
DUE PAESI
Quando parliamo d’emigrazione troppi, soprattutto chi non ha mai vissuto da emigrato, non capiscono che gli effetti dell’emigrazione sono multipli e cambiano la vita di due paesi, quello d’origine e il nuovo paese di residenza. Quel sedicenne che ha visto la reazione dei genitori alle offese quel giorno ora abita in Italia e mentre scrivo penso agli uffici in ogni città d’Italia da dove gli immigrati che ora vengono nel Bel Paese trasferiscono soldi ai loro genitori, fratelli e sorelle nei loro paesi di nascita. Proprio come facevano i miei genitori. Con il lavoro gli immigrati aiutano i loro paesi di residenza a crescere e con i soldi che spediscono a casa aiutano chi non poteva partire per trovare i mezzi per rimuovere le condizioni che li avevano costretti a emigrare. Questo fa parte della Storia d’emigrazione che è tutt’ora sconosciuta in Italia o, peggio ancora, dimenticata. Chi non è mai partito dal paese di nascita per far una vita nuova non capisce il prezzo pagato dagli emigrati e i loro figli per questa decisione dura e ancora più crudele. Le discriminazioni che non hanno risparmiato nessuno, italiani compresi all’estero, l’inevitabile allontanamento tra rami di famiglie a causa delle distanze enormi, i litigi in famiglia quando i figli portano a casa fidanzate o fidanzati che non sono italiani (o tedeschi, americani, ecc., ecc…), la tristezza di non poter andare ai funerali o matrimoni dei nostri parenti più vicini, come anche le crisi d’identità dei figli di emigrati quando finalmente si pongono la domanda più difficile, chi e cosa sono?
RICORDARE È UN OBBLIGO
Nel cercare le storie dell’Emigrazione italiana dobbiamo davvero parlare di molto, ma dobbiamo anche fare capire in Italia quel che ora è dimenticato da quasi tutti. L’emigrazione italiana era e continua a essere un motore economico molto importante per il paese ed è ora che sia riconosciuta, a partire da quelle autorità che spesso tralasciano i nostri parenti e amici all’estero. Ricordare e far ricordare è un obbligo e nell’inviare la storie dell’emigrazione italiana chiediamo ai nostri lettori di farci anche sapere quel che i loro genitori e parenti hanno fatto per aiutare chi è rimasto in Italia. È ora che si sappia che senza i nostri emigrati l’Italia oggi sarebbe stata un paese totalmente diverso e certamente non per il meglio. Inviate le vostre storie a: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.