di Tonino D’Orazio - Non si può essere di sinistra se favorevoli alla mondializzazione. Il vero viso della globalizzazione è lo sfruttamento della Terra e del genere umano tramite l’indebitamento. Ciò che abbiamo di fronte sono innumerevoli paradossi e terribili contraddizioni.
Troppe. Da un lato vi sono i buoni sentimenti e le emozioni umane, ancora molte per fortuna. Dall’altro c’è la dura realtà mascherata se non passivamente condivisa. Una sinistra che non ha più nulla da dire, talmente litigiosa e irretita intellettualmente che perde man mano il suo “corpus” ideologico. Recita il Manifesto: “The courage to stand alone” (Il coraggio di stare soli). Ovviamente non è più sufficiente. Dimenticando che una nazione ha sempre bisogno di un contro-potere credibile e che un popolo ha sempre bisogno di speranza di cambiamento per tentare di affrancarsi da nuove schiavitù. La sinistra si vuole “aperta” sul mondo. In realtà è diventata anch’essa utile al totalitarismo mercantile. La triste realtà è che sfruttiamo la miseria del resto del mondo. Massacriamo l’ambiente, magari il più possibile lontano da noi, a casa d’altri, o per riverbero. La mondializzazione e l’ecologia, due “virtù” della sinistra sono in realtà le due più grandi ipocrisie attuali. Da idee sono diventate merci a vantaggio del capitalismo. La nostra ecologia consiste nel delocalizzare il nostro inquinamento. Il tutto per pagare meno i danni che facciamo, con grande margine di guadagno, movente deontologico del capitalismo. Oppure a costruire e dover comprare macchine sempre più “nuove” e meno inquinanti (forse), ma che in fondo sono una goccia nell’oceano e il solito tentativo di renderci solo individualmente responsabili. Ci sono navi portacontainer gigantesche (giapponesi, cinesi, svizzere, danesi, tedesche e anche italiane) che consumano e inquinano ogni anno cadauna quanto circa 55 milioni di automobili. Ve ne sono migliaia che solcano gli oceani. Il pensiero va a quella fabbrica tessile in India con le porte chiuse a catenaccio per forzare gli schiavi moderni a rimanere alla catena di montaggio. Oppure nell’aprile del 2013 quando il tetto di una fabbrica tessile in Bangladesh, che lavorava per grandi marche occidentali, è crollato uccidendo 1.100 operaie/i, per un salario di 50 euro mensili. Eppure non è cambiato nulla. 5 minuti di emozione, uno di silenzio, e non è cambiato proprio nulla. Anzi i benpensanti di “sinistra” più evoluti e “moderni” sono diventati i peggiori, proprio perché diventati un ostacolo agli interessi dei popoli che dovrebbero difendere. Il principio più importante della sinistra è di rappresentare chi soffre. Essere di sinistra significa avere un senso esclusivo dei beni comuni e la volontà e la solidarietà di occuparsi dei più deboli e dei più fragili. A parole in fondo siamo tutti di sinistra, cattolici compresi. Essere di sinistra significa non essere demagogici né “spararsi le pose”. Senza questi concetti fondamentali non si è di sinistra e si va all’estinzione. Perché oggi, in assenza di contro-potere ideologico, su questo terreno desertificato di moralità e di decenza, si sta sviluppando una mondializzazione mortale, subdola a sembianza democratica, ma profondamente fascista. La mondializzazione finanziaria ha creato il suo proprio Stato. Uno Stato sovrannazionale, che dispone di mezzi propri, delle sue reti d’influenza e dei propri programmi di azione. Si tratta di una costellazione, FMI, Banca Mondiale, Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCDE) e Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC). Queste quattro istituzioni parlano con una voce sola trasmessa dalla totalità dei mass media mondiali per esaltare le “virtù del mercato”. Questo Stato mondiale è un potere senza società e questo ruolo viene sostituito dai mercati finanziari pilotati e dalle imprese gigantesche con la conseguenza che le società umane realmente esistenti sono società senza potere. L’OMC, per esempio, sin dal 1995, è diventata un’istituzione con poteri sovrannazionali e posto al di fuori di qualsiasi controllo delle democrazie parlamentari. Può dichiarare le legislazioni nazionali in materia di diritti del lavoro, di ambiente o di salute pubblica “contrarie alla libertà del commercio” e chiederne l’abrogazione. Il disarmo del potere finanziario deve diventare un’azione e un ritornello costanti per dirsi di sinistra. E non sperare che vinca per abbattere avversari politici che iniziano almeno a dirlo. La sinistra è capace di proporre per il proprio paese la soppressione dei “paradisi fiscali” dissuadendo le banche nazionali ad aprirvi delle filiali, o boicottandoli, o recuperando l’immensa evasione esistente? Di aumentare la fiscalità sulle rendite da capitale, pari a quelle dei lavoratori, bloccando così la speculazione, compreso il famigerato spread? La tassazione, anche modica, (la proposta Tobin Tax era allo 0,1%, 20 volte e anche 100 volte meno di quello che le banche chiedono ai loro clienti), delle transazioni finanziare? Sapendo di recuperare immense risorse per lo sviluppo civile e sociale per il proprio paese? Sapendo anche di bloccare, almeno in parte, flussi finanziari senza controllo che, con la libertà totale della circolazione dei capitali, (alla fine quali sono quelli puliti?), destabilizzano e corrompono globalmente la democrazia in ogni Paese. Basti pensare che, ogni giorno, circa 1.500 miliardi di dollari (quasi il “debito” italiano) fanno spola, andata e ritorno, tra le varie borse mondiali speculando semplicemente sulla variazione del corso delle monete. Allora non si può essere tacciati di fascista se si è contro la mondializzazione-sfuttamento di uomini e natura. La mondializzazione è fascismo commerciale dove vince sempre il più forte. Ultimi 30 anni di esperienza no? Sappiamo che in Cina, in Bulgaria, in Turchia, in India o in Cambogia i lavoratori, nel produrre i nostri beni “di marca”, o le nostre macchine, guadagnano un terzo del loro minimo vitale e lavorano anche 12 ore al giorno, bambini compresi. Tralascio l’Africa per decenza. Essere di sinistra significa lottare contro la mondializzazione, rifiutare il consumismo di massa e le sue macerie, optare per la semplicità volontaria, favorire i circuiti corti, le produzioni locali, l’acquisto di occasioni, il riparare le merci e un sentimento e un’azione ecologica forti. Questo non è sovranismo, o economia proudhoniana, è solo civile rispetto di vivere. Significa quindi rifiutare questa mondializzazione assurda, inumana. Ammettere e riconoscere che il nostro benessere riposa sullo sfruttamento di altri, anche se lontani e agire di conseguenza. Sfruttare gli altri non è un progetto moralmente (eticamente?) accettabile, non solo per la sinistra. Bisogna decidere e credere che non esista un capitalismo “buono e gentile” che porti sviluppo a tutti. Che può esistere un’Alternativa. Quando la sinistra dirà chiaramente al popolo queste cose e come vorrà contrastarle, allora potrà riprendere un cammino che altri, oggi, mentre lei continua a litigare irresponsabilmente fino all’estinzione, sembrano aver intrapreso al loro posto.