Di Gianni Pezzano - Quando parliamo degli italiani all’estero fin troppo spesso si pensa in termini di stereotipi e anche che la categoria finisca alla prima generazione. Questi due comportamenti hanno l’effetto di fare dimenticare a molti che le generazioni di discendenti di emigrati italiani,
a partire dalla prima nata all’estero, non sono solo numeri ma potenziali promotori e portavoce, sia per il Bel Paese che per i paesi di residenza. A peggiorare questa situazione è la conoscenza limitata del Bel Paese perché i sistemi scolastici dei loro paesi di residenza ne parlano poco. Perciò molti figli e discendenti di emigrati italiani hanno l’impressione che il Bel Paese sia limitato ai loro paesini d’origine e le tre grandi città di Roma, Firenze e Venezia. Se davvero vogliamo far conoscere al mondo la vera grandezza della nostra Cultura e la varietà enorme non solo di turismo ma di prodotti importanti di tutte le categorie, come paese dobbiamo cominciare a capire che i figli e nipoti degli emigrati italiani sono una risorsa enorme che fin ad ora è rimasta solo potenziale, perché ancora pensiamo in termini limitati verso le nostre comunità all’estero. Questo deve cambiare e possiamo farlo solo cambiando atteggiamento verso i nostri parenti e amici all’estero.
PERCHÉ?
Qualche giorno fa un utente su una pagina americana dedicata agli italiani all’estero ha fatto una domanda sciocca e profonda allo stesso tempo. “Perché quando parliamo degli italiani parliamo sempre di cibo?”. In effetti l’utente ha ragione. Ogni giorno su queste pagine vediamo foto di piatti al tavolo, richieste per ricette e sondaggi su quale piatti sono i preferiti tra gli utenti. L’enormità dei ristoranti italiani in ogni paese, più o meno autentici secondo il paese e le preferenze dei clienti locali, più la tendenza dei figli e nipoti di continuare a cucinare i loro piatti di famiglia, vuol dire che l’unica categoria di prodotti italiani che si avvale davvero delle comunità italiane all’estero è quella del cibo. Ma dobbiamo chiederci perché, sempre quella parola, non abbiamo capito il messaggio che gli oltre novanta milioni di emigrati italiani e i loro figli e discendenti sono veri ponti tra paesi e, di conseguenza, le persone più adatte a promuovere i nostri prodotti ai loro concittadini nei paesi di residenza. Per poterlo fare davvero dobbiamo prima evitare di pensare in certi modi.
PREGIUDIZI
Come partecipante ai primi due Stati Generali della lingua italiana ho visto una prova concreta che i responsabili in Italia della promozione della nostra Cultura sono spesso così convinti della sua grandezza che non c’è bisogno di dimostrarlo all’estero. Questo non è affatto vero, come quando parliamo con i nostri parenti e amici all’estero. Chi nasce e cresce all’estero deve combattere la naturale voglia dei loro compaesani di promuovere la propria cultura e spesso questo vuol dire ignorare intenzionalmente altre culture, a partire dalla nostra. Quindi figli di emigrati italiani in paesi anglo-sassoni imparano a scuola i grandi autori di lingua inglese, ma non imparano niente dei nostri grandi autori, spesso partendo proprio da Dante, e persino il non sapere che autori italiani hanno vinto premi Nobel per la letteratura. Questo fenomeno poi passa anche per le altre categorie di Cultura e prodotti italiani. Per via di questi pregiudizi la promozione della nostra Cultura deve superare una barriera vera che i nostri intellettuali non percepiscono fino in fondo perché sono troppo convinti della nostra superiorità.
SISTEMI ESTERI
Quando vogliamo promuovere la nostra Cultura e i nostri prodotti in altri paesi i nostri promotori e venditori devono conoscere alla perfezione i sistemi e le preferenze dei loro clienti all’estero. Sembra un fatto ovvio, ma lo è veramente? Per capirlo davvero basta soltanto chiederci chi conosce meglio il cliente all’estero con tutti i suoi gusti, preferenze e pregiudizi, venditori nati e cresciuti in Italia, oppure i figli degli emigrati italiani, cresciuti, educati e formati all’estero? Proprio questa è la domanda che i nostri politici e imprenditori devono cominciare a porsi quando vogliono programmare le loro promozioni all’estero. Però in questo abbiamo, come paese, il vizio di pensare solo alla generazione emigrata e non ai loro figli e discendenti. Basti pensare al recente convegno a Catanzaro dei consultori regionali da tutto il mondo. Quanti di questi non erano di prima generazione e che percentuale dei loro corregionali all’estero rappresentano? E come la Regione Calabria o anche le altre regioni che cercano di utilizzare rappresentanti all’estero.
EDUCAZIONE
Però, il primo passo da fare per mettere in moto in modo efficace le comunità italiane è di educare i figli e nipoti degli emigrati sul loro patrimonio. Ma dobbiamo farlo in modo sistematico e attento perché la loro conoscenza del Bel Paese è limitata proprio dall’educazione dei loro paesi che li rende perfetti per promuovere i nostri prodotti. La RAI deve rendere i suoi programmi più comprensibili per chi ha una conoscenza limitata della nostra lingua. Allo stesso modo, dobbiamo incoraggiare i giovani all’estero a imparare la lingua e per fare questo dobbiamo dimostrare a loro che renderebbe la loro vita più interessante e, perché no, anche più produttiva. Ricordo il mio primo viaggio in Italia all’età di sedici anni. Pensavo di saperne qualcosa, ma ogni giorno di quel viaggio mi faceva capire che ne sapevo veramente poco, a partire dalla Storia delle famiglie di mamma e papà. Questo era il motivo per cui i miei studi hanno cominciato a dirigersi verso questi interessi e ora scrivo articoli nella lingua del miei genitori. Non ho dubbi che molti altri figli e nipoti di emigrati sentono gli stessi sentimenti quando visitano l’ Italia per la prima volta e dobbiamo essere in grado di dare loro i mezzi per potere sviluppare gli interessi che nascono da questi viaggi.
PONTIERI
Ma dobbiamo oltretutto capire che emigrati e i loro discendenti sono anche pontieri perché sono i migliori a creare legami economici e culturali tra paesi. Questo fa parte dell’idea originale dell’Unione Europea e il Progetto Erasmus è la migliore espressione di questo concetto. Però, il concetto vale anche per paesi di altri continenti perché la pace che vogliamo nel mondo nasce solo se riusciamo a creare ponti tra paesi, continenti e popolazioni. Chi è meglio dei figli di emigrati che conoscono più di un paese, nel creare i ponti che molti sognano per un mondo migliore? Ma questi concetti e idee non valgono niente se pensiamo solo in termini limitati come abbiamo fatto fino ad ora. Per questo motivo dobbiamo smettere di pensare in termini di risorse potenziali, ma cominciare a mettere in azione programmi e piani a lungo termine che mettono in gioco la risorsa internazionale più importante del nostro paese, i discendenti dei nostri emigrati. I loro genitori e nonni hanno aiutato l’Italia per più di un secolo con i soldi che inviavano ai parenti rimasti a casa, comprando i nostri prodotti, nei loro viaggi in Italia e in generale con il loro comportamento quotidiano. Quindi, l’Italia come paese, a partire dai nostri politici e imprenditori, deve capire che non basta avere una risorsa potenziale che non vale niente se non la utilizziamo in modo efficace. Bisogna metterla in moto perché a lungo termine farà solo bene per il paese. Cosa aspettiamo per farlo?(Gianni Pezzano)
OUR (STILL) POTENTIAL RESOURCE
Who better than the children of migrants who know more than one country to create the bridges that many dream for a better world? By Gianni Pezzano When we talk about Italians overseas we all too often think in terms of stereotypes and also that the category finishes in the first generation. The effect of these two attitudes is to make many forget that the generations of descendants of Italian migrants, beginning with the first generation born overseas, are not only numbers but potential promoters and spokespersons for Italy and the countries of residence. Making this situation worse is the limited knowledge of Italy because the school systems of the countries of residence say little about it. Therefore, many children and descendants of migrants have the impression Italy is limited to the small towns of origin and the three great cities of Rome, Florence and Venice. If we truly want the world to know the true greatness of our Culture and the enormous variety not only of tourism but of important products of every category, as a country we must begin to understand that the children and grandchildren of Italian migrants are an enormous resource that up till now has only been a potential because we still think in limited terms about our communities overseas. This must change and we can only do so by changing our attitude towards our relatives and friends overseas,
WHY?
A few days ago a user on an American page dedicated to Italians overseas asked a question that was foolish and profound at the same time. “When we talk about Italians why do we always talk about food?” In effect the user is right. Every day on these pages we see photos of dishes on the table, requests for recipes and surveys on which are the users’ favourite dishes. The huge number of Italian restaurants in every country, more or less authentic according to the preferences of the local customers, plus the tendency of children and grandchildren to continue cooking family dishes means that the only category of Italian products what truly uses the Italian communities overseas is that of food. But we must wonder why, once more that word, we have not understood that the more than ninety million Italian migrants and their children and descendants are true bridges between countries and subsequently they are the people most suitable for promoting our products to their fellow countrymen in the countries of residence. In order to be so we must first avoid thinking in certain ways.
PREJUDICES
As a participant in the first two Estates General of the Italian language I saw concrete proof that the people in Italy responsible of our Culture are often so convinced of its greatness that there is no need to show it overseas. This is not at all true, such as when we talk about our relatives and friends overseas. Those who are born and grow up overseas have to fight the natural desire of their countrymen to promote their own culture and this often means intentionally ignoring other cultures, beginning with ours. Therefore, the children of Italian migrants in Anglo-Saxon countries at school study the great English language authors but know nothing of our great authors, often beginning with Dante and even not knowing that Italian authors have won the Nobel Prize for Literature. This phenomenon then also passes on to other categories of Culture and Italian products. Due to these prejudices the promotion of our Culture must overcome a real barrier that our intellectuals do not perceive fully because they are so convinced of our superiority.
FOREIGN SYSTEMS
When we want to promote our Culture and our products in other countries our promoters and salespersons must know perfectly the systems and preferences of their clients overseas. This seems an obvious fact but is it really? In order to truly understand this we need only ask, who knows better the overseas client with all his or her tastes, preferences and prejudices, salespersons born and grown up in Italy or the children of Italian migrants born, educated and trained overseas? This is the every question that our politicians and entrepreneurs must begin to ask themselves when they want to plan their promotions overseas. However, in this aspect we have, as a country, the bad habit of thinking only of the generation that migrated and not of their children and grandchildren. We only have to think of the recent meeting in Catanzaro in Italy of the regional representatives from around the world. How many of them were of first generation and what percentage of the people overseas from that region do they represent? And like the Calabria Region, also the other regions that try to use representatives overseas.
EDUCATION
However, the first step to take to efficiently put into action the Italian communities overseas is to teach the children and grandchildren of migrants of their heritage. But we must do so systematically and carefully because their knowledge of Italy is limited for the very reason that the education in their countries makes them perfect for promoting our products. RAI must make its programmes more understandable for those who have limited knowledge of our language. At the same time we must encourage the young people overseas to learn the language and to do this we must show them that it would make their lives more interesting and, why not, productive. I remember my first trip to Italy when I was sixteen. I thought I knew something about the country but every day of that trip made me understand that I knew truly little, beginning with the history of my mother and father’s families. This was the reason that my studies began to be directed towards these interests and now I write articles in my parents’ language. I have no doubts that many other children of migrants feel the same emotions when they visit Italy for the first time and we must be able to give them the means to develop the interests raised by these trips.
BRIDGE BUILDERS
But above all we must understand that migrants and their descendants are also bridge builders because they are the best people for creating cultural and economic links between countries. This is part of the original idea for the European Union and Project Erasmus is the best expression of this concept. However, the concept is also valid for other continents because the peace we want in the world can only come about if we manage to create bridges between countries, continents and populations. Who better than the children of migrants who know more than one country to create the bridges that many dream for a better world? But these concepts and ideas raw worth nothing if we think only in limited terms as we have done up till now. For this reason we must stop thinking in terms of potential resources and begin putting into action long term programmes and plans that put our country’s most important international resource into play, our migrants’ descendants. Our parents and grandparents helped Italy for more than a century with the money they sent their relatives who stayed at home, by buying our products and in their trips to Italy and generally with their day to day behaviour. Therefore, as a country Italy, beginning with our politicians and entrepreneurs, must understand that it is not enough having a potential resource that is worth nothing if we do not use it effectively. We must put it into play because long term it will only do good for the country. What are waiting for to do so? Di Gianni Pezzano
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