Carissime e carissimi tutti,

sono passati alcuni mesi dall'insediamento del nuovo Parlamento. Circa novanta giorni dopo le elezioni dall'accordo tra Lega e Movimento Cinque Stelle è nato un "contratto di Governo". In tutta sincerità già nel primo mese dall'insediamento

si è intravisto il preaccordo che ci ha portato alla nascita del Governo Conte con l'elezione dei due Presidenti delle Camere. Ammiccamenti e spartizioni da mestieranti della politica millantando novità e cambiamento. Abbiamo un Presidente del Consiglio e un Governo che hanno ricevuto la fiducia da parte di Camera e Senato il 13 giugno. L'Italia grazie ai suoi Ministri è rimbalzata all'onore della Stampa Italiana ed Estera. Dichiarazioni che vanno dall'appoggio alla Russia fino ad arrivare a dichiarazioni sui Migranti e sui diritti civili. Tutto a tracciare una via che è opposta a quanto costruito dai Governi del Partito Democratico. La differenza si è vista subito. E che differenza. Nel 2013, iniziarono cinque anni di lavoro: un lungo tratto di strada sul cammino del risanamento, la conversione dei parametri economici da negativi a positivi, oltre 900.000 occupati in più di cui la maggioranza a tempo indeterminato, numeri record nelle esportazioni e affermazione del made in Italy nel mondo, la svolta nelle politiche degli italiani all’estero, riforme di civiltà come le Unioni civili, il Dopo di noi, il Fine vita e numerose altre. Si è ricostruita, inoltre, l’immagine internazionale del Paese, riconosciuto, dopo anni imbarazzanti, come un partner dignitoso e affidabile. Oggi, di fronte a drammatiche necessità, come il lavoro ai giovani, il contrasto al disagio sociale, la costruzione di una governance a livello europeo dei flussi di immigrazione e lo spegnimento di focolai di guerra in aree di interesse strategico, i partiti premiati dagli elettori hanno consumato due mesi contendendosi la presidenza del consiglio e cercando di scegliere in campi altrui i partner preferenziali. Chi, come gli italiani all’estero, guarda da lontano alla situazione italiana, con spirito di appartenenza ma senza faziosità, rabbia e partigianeria, ha già espresso con chiarezza, anche mediante il voto, il suo orientamento a favore di un paese stabile, rinnovato, con una classe dirigente competente e credibile, attivo e autorevole nelle relazioni internazionali. Non è un caso che il Partito Democratico sia stato riconosciuto dalla maggioranza degli elettori come il riferimento più coerente rispetto a questa idea di Paese. Gli italiani all’estero, anche in questo difficile passaggio sono stati un valore aggiunto, aiutando l’Italia. Non ci è sorpreso il ripescaggio per il rotto della cuffia degli italiani all’estero nell’elenco di intenti, definito enfaticamente “contratto di governo”, stipulato tra Lega e Movimento 5Stelle. Che altro ci si poteva attendere da chi fino a ieri ha considerato chi emigra un incapace di farsi una vita in Italia e si è accanito, in Parlamento e fuori, contro la rappresentanza dei cittadini all’estero, la circoscrizione Estero e l’esercizio di voto che ha reso finalmente ed “effettivamente” cittadini oltre quattro milioni di persone? Preoccupano invece, l’indirizzo di fondo del cosiddetto “contratto di governo” e l’immagine dell’Italia che esso propone all’opinione pubblica e ai nostri partner internazionali. La comunità italiana nel mondo è evocata come mercato del Made in Italy. L’Europa, ancoraggio indispensabile per un Paese con molti problemi come il nostro, è indicata come controparte e, tra le righe, come nemica. Altro che cittadinanza europea! L’internazionalizzazione del sistema Italia, scelta di fondo dei governi a guida PD per superare crisi economica e criticità interne e per aprirsi spazi reali nel contesto globale, esce dall’orizzonte strategico del Paese. Tra gli impegni da assolvere a livello internazionale è più lunga la lista di quelli da rivedere o superare che non di quelli da onorare e sviluppare. Non a caso, il profilo delle nuove forze di governo ai nostri maggiori partner appare “paradossale”. I centri regionali di detenzione per il rimpatrio e l’esclusione dagli asili dei figli degli immigrati ci danno brividi profondi e ci riportano alla mente le pagine più dolorose di xenofobia contro gli emigrati italiani. Gli italiani all’estero hanno bisogno come dell’aria che si respira di un’immagine positiva dell’Italia. Ci sono voluti anni per restaurarla, dopo parentesi di discredito e talvolta da operetta. Oggi si rischia di tornare al punto di partenza. L’opposizione che farò, ragionata, propositiva e ferma, non è dunque una posizione di parte, ma un atto di responsabilità verso l’Italia e verso i cittadini nel mondo. Tra i rappresentanti degli Italiani all'Estero chi siede nelle fila del MAIE e dell'USEI si sono affrettati a dichiarare il loro voto favorevole e oggi abbiamo capito anche il perché. La folgorazione, comunque, è venuta dalle 12 righe delle 58 pagine complessive che il programma di governo dedica agli italiani all’estero. Trascurando che lo stesso documento, all’intera politica estera del Paese dedica 20 righe di un programma che un istituto di analisi serio come il Cattaneo ha definito sovraccarico di misure securitarie e estremamente vago in politica estera. Gli italiani all’estero, insomma, non come leva strategica della presenza internazionale dell’Italia, ma come pollaio. Venendo, poi, alle famose 12 righe, poiché i colleghi del MAIE hanno l’eleganza di fare confronti di comodo con il passato, bene, stiamo al gioco. Gli italiani all’estero sono evocati come mercato del Made in Italy, non come potenzialità e valore e, comunque, si ignora il massiccio sostegno degli ultimi anni alle politiche di internazionalizzazione e il raddoppio, da noi ottenuto, delle dotazioni per le Camere italiane di commercio all’estero. Per la lingua e la cultura si glissa sui 150 milioni inscritti nel Bilancio 2017; per la rete consolare si ignorano le 290 nuove assunzioni e i 4 milioni annui per i consolati, da noi ottenuti; per i COMITES e il CGIE, si parla in modo equivoco di un “adattamento” alla presenza dei parlamentari, mettendo in discussione la loro autonomia e ignorando la riforma materiale dell’ultimo anno, che ha riportato le risorse finalmente ai livelli pre-tagli; per la riforma del voto all’estero si auspica genericamente il superamento dei “brogli”, una pura ritualità finché non si affronta la questione nei contenuti e nelle modalità di voto. Insomma, l’abbiamo capita: ancora una volta a qualcuno gli italiani all’estero serviranno per la demagogia e per inseguire carriere personali, ad altri toccheranno le responsabilità delle azioni e delle politiche. Il voto contrario al governo Lega-5Stelle, che ho manifestato al Senato, al di là di qualsiasi pregiudizio politico si lega ai motivi profondi di cui ci sentiamo portatori come espressione del mondo dell’emigrazione e della nuova italianità nel contesto globale. Di questi valori di apertura internazionale, di rafforzamento dell’immagine e del ruolo dell’Italia, di incontro tra popoli e culture diverse, di governance degli strutturali processi di migrazione, di promozione del Sistema Paese nel mondo, di interculturalità e di solidarietà umana non esistono tracce visibili nel contratto di governo né nel discorso programmatico del Presidente Conte. Un discorso, pronunciato in un ‘aula senatoriale trasformata in una specie di palazzetto dello sport, che si risolve in un lungo elenco di generiche intenzioni e di slogan verniciati di nuovismo, per nessuno dei quali è indicato un qualche elemento di compatibilità finanziaria e di gradualità operativa. L’idea di Paese che ne esce è quella di una società dominata da preoccupazioni assistenzialistiche, pronta a interpretare i vincoli europei in termini conflittuali e polemici, senza alcuna visione multilaterale, inconsapevole delle reti di promozione che pure possiede nel mondo sul piano linguistico-culturale, imprenditoriale e professionale, commerciale, grazie anche alle decine di milioni di persone d’origine. Un’Italia, insomma, che ha scelto i suoi nuovi alleati: in Europa Orbàn e nel mondo Putin. I cinque milioni di cittadini italiani all’estero sono finalmente evocati in un discorso programmatico, ma come protagonisti di brogli elettorali e di criticità, che naturalmente il governo si propone di stroncare. Di fronte all’esperienza di partecipazione democratica realizzata con la circoscrizione Estero vengono i brividi, sarebbe stato mille volte meglio essere ignorati. “Non siamo e non saremo mai razzisti”, ha proclamato enfaticamente Conte. Ma più del programma recitato, pesa il programma reale della “pacchia è finita” e dell’”esportazione di galeotti”, così come le posizioni di altri ministri sulla famiglia, sulle questioni di genere, sui vaccini e altro ancora. In chiusura di quest'anno finanziario e con la discussione della legge di bilancio stiamo assistendo ad uno scenario ridicolo. Un tira e molla contro l'Europa che a nulla è valso se non a fare perdere di credibilità l'Italia e tenere sotto scacco l'Italia dai mercati finanziari con la conseguente perdita di miliardi di risparmi dei cittadini italiani. Dopo anni di in cui le politiche per gli italiani all'estero venivano finanziati con interventi diretti sui capitoli di spesa del bilancio dello Stato quest'anno è arrivato il "cambiamento" non sperato e cioè il totale abbandono e nessun interesse concreto da parte del Governo e dei partiti che sostengono questa maggioranza per gli Italiani all'estero. Nessuna proposta fatta è stata finora accolta, ma questo nel gioco delle parti tra maggioranza ed opposizione ci può stare, ma nemmeno la maggioranza e i rappresentanti eletti all'estero che sostengono questo Governo hanno proposto nulla per finanziare quei capitoli di spesa che riguardano la diffusione della lingua e cultura italiana nel Mondo, gli organi di rappresentanza degli italiani all'estero come i Comites e il CGIE, nessun finanziamento per l'editoria. Governare significa programmare, fare, realizzare. Gli italiani all’estero in questi anni sono stati destinatari di scelte, politiche, azioni di governo consolidate nel tempo. Oggi, al di là delle parole di autolegittimazione e di autoconsolazione, non ci sono stati i fatti concreti. Pronti con spirito costruttivo a stimolare, a suggerire, a concorrere al miglior esito delle azioni da mettere in campo, ma anche a giudicare e a levare con fermezza una voce critica quando gli interessi degli italiani all’estero lo richiedano ed è per questo che ad oggi possiamo affermare che a questo Governo, ai rappresentati eletti all'estero che sostengono questo Governo nulla importa degli Italiani all'estero e delle politiche che li governano. Rinnovo a tutti i miei auguri di buone feste. P.S. siamo al 20 dicembre e per la prima volta da quando sono in Parlamento (2013) non c'è il testo della legge di bilancio su cui le commissioni e l'assemblea dovrebbero discutere e approvare Intanto vi invito a visitare il mio nuovo sito internet all'indirizzo www.francescogiacobbe.it