Nella legge di bilancio, approvata con le forzature procedurali e le contorsioni costituzionali che abbiamo denunciato dentro e fuori dalle aule parlamentari, compaiono i resti del reddito di cittadinanza, sopravvissuti all’aggiustamento delle cifre concordato con l’Europa dopo la grottesca balconata di qualche settimana prima.
Si passa ora dalla poesia alla prosa, vale a dire alla fase applicativa. Le notizie che giungono dagli ambienti del ministero del lavoro, imprecise e contraddittorie, confermano l’impressione di dilettantismo e pressapochismo che avvolge l’esperienza di governo dei 5Stelle e, comunque, sono tali da moltiplicare inquietudine e allarme, soprattutto sul versante degli italiani all’estero. Già al primo accenno di una soglia di sbarramento riguardante il requisito del periodo di residenza in Italia richiesto agli stranieri per poterne usufruire, avevo posto con chiarezza un quesito: che ne sarà degli italiani all’estero? Quesito rimasto, naturalmente, senza risposta da parte di chi non ancora riesce a trovare il bandolo della matassa per gli stessi italiani residenti in Italia, figuriamoci per gli altri. I giornali dicono che per escludere lo straniero, che è la strategia più visibile che questa maggioranza e questo governo perseguono, s’intende portare il periodo di residenza legale dai due anni del “reddito di inclusione” a dieci anni. E allora torno a chiedere: 1) la misura della residenza continuativa è richiesta solo per gli stranieri in senso stretto o anche per gli italiani residenti all’estero che per ragioni volontarie o di necessità intendano tornare in Italia? 2) di fronte alla diversità di trattamento di cittadini di Stati che concedono un analogo beneficio assistenziale agli stranieri (in Germania, ad esempio, bastano solo 5 anni), qualcuno ha valutato le conseguenze che potrebbero venirne agli italiani, molti dei quali di recente immigrazione, che risiedono in tali Paesi? 3) poiché esponenti di questo governo, compreso il Sottosegretario Merlo che ha la delega per gli italiani nel mondo, già vanno dicendo che per gli italiani in fuga da zone di crisi, come il Venezuela, è pronto il reddito di cittadinanza, qualcuno si è posto il problema se anche per loro sia eventualmente richiesto il requisito della residenza decennale continuativa e se le strettissime condizioni reddituali previste ne consentano l’applicabilità alla maggior parte degli interessati? Parafrasando un film comico di alcuni anni fa, sarebbe da chiedersi se i nostri eroi riusciranno a venire a capo dei problemi che loro stessi stanno creando o complicando. Trattandosi di apprendisti stregoni è lecito dubitarne. In ogni caso, gli italiani all’estero forse qualche risposta chiara la meriterebbero.