Gli italiani all’estero sono stati di fatto tagliati fuori dalle misure previste dal decreto sul reddito di cittadinanza e sulla quota 100, al quale il Governo gialloverde e la maggioranza che lo sostiene attribuiscono un ruolo strategico per lo svolgimento di questa travagliata legislatura.

La condizione prevista per il reddito di cittadinanza, infatti, secondo la quale occorre una residenza nel Paese di dieci anni, di cui gli ultimi due in modo continuativo, impedisce agli iscritti AIRE che hanno interesse a rientrare per una libera scelta o per necessità, talvolta drammatiche come nel caso dei connazionali in uscita dal Venezuela, di chiedere le provvidenze che, nelle intenzioni del Governo, già nei prossimi mesi dovrebbero essere erogate. Se si trattasse di misure prevalentemente assistenziali contro la povertà, come erano quelle del Reddito di inclusione (ReI), si potrebbe giustificare il requisito della residenza continuativa degli ultimi due anni. Poiché nel progetto della maggioranza è previsto anche un costoso investimento per l’inserimento o il reinserimento nel lavoro attraverso i Centri per l’impiego, uno dei tanti italiani espatriati negli ultimi anni che sia rientrato o voglia rientrare per tentare il reinserimento lavorativo non potrà farlo. Dopo che la maggioranza ha bocciato i nostri emendamenti per un elevamento degli incentivi al rientro, si chiude dunque anche quest’altra strada. Ai connazionali costretti a fuggire dalle aree di crisi, poi, si sbatte letteralmente la porta in faccia perché, considerata anche l’eliminazione dei due milioni straordinari previsti per il Venezuela, il requisito della residenza antecedente li esclude nettamente. La stessa cosa vale per le pensioni di cittadinanza, dal momento che i nostri connazionali non potranno far valere i requisiti richiesti dal decreto. Per quanto riguarda l’applicabilità della Quota 100 agli italiani all’estero, l’impossibilità di usufruirne se si svolge un lavoro dipendente e autonomo rappresenta di fatto un altro fattore di esclusione, visto che la misura ridotta del pro-rata di cui beneficia la quasi totalità dei connazionali non consentirebbe loro di sopravvivere. Speriamo che tutti gli eletti all’estero, senza distinzione di schieramento politico, nel momento in cui il decreto arriverà per la conversione alle Camere, mettano in primo piano gli interessi veri degli italiani all’estero, rinunciando a posizioni di vuoto propagandismo e ad allineamenti acritici. Per quanto ci riguarda, saremo pronti ancora una volta a proporre modifiche migliorative, sperando che su di esse si alzi la voce anche delle nostre comunità e dei suoi organismi rappresentativi. I Parlamentari PD Estero: Garavini. Giacobbe, Carè, La Marca, Schirò, Ungaro