Sulle complesse implicazioni del reddito di cittadinanza sia per i residenti in Italia che all’estero e in vista del passaggio parlamentare, durante il quale presenterò atti formali, ho sottoposto al Ministro del Lavoro un’interrogazione
a risposta immediata in Commissione Affari Sociali nella quale ho chiesto di chiarire le dimensioni quantitative dei beneficiari e la sorte che toccherà agli italiani all’estero e, in Italia, ai senza tetto. Nella mia interrogazione, in particolare, ho chiesto di chiarire la forte differenza sulla valutazione dei possibili beneficiari tra le affermazioni del Ministro, che li calcola intorno ai cinque milioni, la valutazione tecnica degli uffici della Camera, che parla di 3,7 milioni, e le previsioni di INPS e ISTAT che non superano i 2,5 milioni. Nella definizione della platea, inoltre, ho chiesto verbalmente al rappresentante del governo come mai dal provvedimento fossero esclusi gli italiani all’estero iscritti AIRE per via dei dieci anni di residenza richiesti, di cui gli ultimi due in via continuativa, nonostante il gran parlare che le forze di governo in passato hanno fatto sul rientro degli italiani espatriati. Ho anche sottolineato la negatività dell’esclusione dei più poveri dei poveri – i senza tetto –, molti dei quali non hanno la residenza. Nella sua risposta, il Sottosegretario Durigon si è soffermato unicamente nel descrivere le metodologie seguite per il calcolo del numero dei possibili beneficiari, ribadendo i criteri della relazione di accompagnamento e sostanzialmente respingendo le valutazioni di interlocutori, pur autorevoli e credibili, quali il Presidente dell’INPS Boeri e gli esperti dell’ISTAT. Insomma, il governo ha imboccato una strada senza ritorno e non vuol sentire altre ragioni, sia pure fondate. Nessuna risposta, invece, alle mie sollecitazioni ad affrontare gli aspetti del rapporto con gli italiani all’estero e dell’inclusione dei “senza tetto”. Insomma, anche per questa strada si conferma la totale lontananza di questo governo e di questa maggioranza rispetto al nostro mondo e a tutti coloro che speravano, dopo una permanenza all’estero, di potersi reinserire nel circuito lavorativo che viene ipotizzato nel decreto sul reddito di cittadinanza.