È di primo acchito allarmante che sia solo una scarna paginetta di poche righe, nello storico accordo di quasi 1300 pagine sugli scambi commerciali e la cooperazione siglato il 24 dicembre da UE e Regno Unito (“Trade and Cooperation Agreement”), a definire il nuovo quadro normativo sulla sicurezza sociale applicabile ai rapporti tra le due parti.

In realtà la “paginetta” rinvia ad un documento più esteso e articolato che è allegato all’accordo di base. L’importante accordo dovrebbe avere l’obiettivo di mitigare i prevedibili effetti negativi della Brexit. Va sottolineato che si tratta di un accordo provvisorio (subordinato ad una serie di adempimenti formali come l’approvazione da parte del Parlamento europeo), ma che decorre comunque dal 1° gennaio 2021. Proprio per questo i dubbi e la necessità di urgenti chiarimenti in materia di sicurezza sociale, in seguito ad una prima lettura dei contenuti, sono manifesti e giustificati. Vorremmo infatti che le istituzioni coinvolte e interessate – Governo, Ministero del Lavoro (da me interrogato), Ministero della salute, tra le altre – indicassero in maniera esauriente e sollecita come saranno tutelati libera circolazione e diritti socio-previdenziali dei lavoratori che si sposteranno dall’Italia nel Regno Unito e viceversa. Anche perché per ora abbiamo solo la certezza che i regolamenti comunitari (CE) 883/2004 e 987/2009 in materia di sicurezza sociale e in materia di assistenza sanitaria, dopo il periodo transitorio che è terminato il 31 dicembre 2020, non sono più applicabili ai rapporti tra Regno Unito e Unione Europea (e quindi Italia); anche se – giova rimarcare - tali regolamenti saranno rimpiazzati da un nuovo accordo sulla sicurezza sociale (definito “Protocollo sul coordinamento della sicurezza sociale”) che riprende, ma non del tutto e vedremo in futuro come, la complessa ed articolata normativa comunitaria non più in vigore. Ma cosa prevede esattamente in materia di sicurezza sociale l’accordo di cooperazione raggiunto all’ultimo momento dopo mesi di estenuanti negoziati che alla fine hanno allontanato l’incubo di un traumatico “no deal”? Nella versione italiana del “Trade and Cooperation Agreement” pubblicato il 31 dicembre 2020 sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, e precisamente nella “Rubrica Quarta: Coordinamento della sicurezza sociale e visti per soggiorni di breve durata” è stabilito, in linea di principio, che “gli Stati membri e il Regno Unito coordinano i rispettivi sistemi di sicurezza sociale a norma del Protocollo sul coordinamento della sicurezza sociale, al fine di garantire i diritti in materia di sicurezza sociale delle persone ivi contemplate”. Tale importante Protocollo, allegato all’accordo di cooperazione, si applica dal 1° gennaio 2021 alle persone che soggiornano legalmente in Italia (o in uno Stato UE) e nel Regno Unito (si applica quindi quando si instaura una situazione transfrontaliera). Il Protocollo lascia impregiudicati, ma non è spiegato esattamente come, i diritti relativi a precedenti periodi di soggiorno legale acquisiti al 31 dicembre 2020 dalle persone contemplate nell’ambito di applicazione personale dello stesso protocollo. In parole povere il “Protocollo sul coordinamento della sicurezza sociale”, parte integrante dell’accordo su scambi e cooperazione siglato da Regno Unito e Unione Europea, sostituirà (salvo sorprese) i regolamenti comunitari di sicurezza sociale. È quindi fondamentale capire cosa prevede il Protocollo, quali sono le differenze con i regolamenti comunitari di sicurezza sociale, quali saranno ora i diritti tutelati, se è prevista una lesione o una riduzione di tali diritti e come l’Italia intende applicare tale Protocollo nei rapporti con il Regno Unito. Sono queste le richieste di chiarimenti che ho formulato nella mia interrogazione al Ministero del Lavoro perché ritengo urgente e necessario che i nostri connazionali che vivono o andranno a vivere nel Regno Unito siano informati sui loro diritti e i loro doveri in materia di sicurezza sociale e assistenza sanitaria. Ho chiesto quindi, tra le altre cose, al Ministero del Lavoro nella mia interrogazione: “RICONOSCENDO l'importanza del coordinamento dei diritti di sicurezza sociale di cui godono le persone che si spostano per lavorare, soggiornare o risiedere, come dei diritti di cui godono i loro familiari e superstiti, se Codesto Ministero non ritiene opportuno ed urgente informare i nostri connazionali che vivono nel Regno Unito o che intendono andare a vivere nel Regno Unito, se e come i loro diritti socio-previdenziali, sulla libera circolazione e sull’assistenza sanitaria abbiano subito modifiche e/o eventuali limitazioni e lesioni nel passaggio dalla tutela dei regolamenti comunitari di sicurezza sociale – non più applicabili a partire dal 1° gennaio 2021 nei rapporti tra Unione Europea e Regno Unito – al “Protocollo sul coordinamento della sicurezza sociale” provvisoriamente in vigore a partire dal 1° gennaio 2021, così come stabilito dall’Accordo sugli scambi commerciali e sulla cooperazione firmato il 24 dicembre 2020 da Unione Europea e Regno Unito. Se inoltre Codesto Ministero, nel caso in cui fosse constatato che i diritti succitati hanno subito delle riduzioni o delle lesioni nel campo della libera circolazione, della sicurezza sociale e dell’assistenza sanitaria, in seguito all’entrata in vigore del nuovo “Protocollo sul coordinamento della sicurezza sociale”, non preveda l’esigenza di verificare l’opportunità di stipulare accordi bilaterali con il Regno Unito, possibilità contemplata dall’accordo sugli scambi e la cooperazione, concernenti questioni specifiche attinenti ai diritti nel settore della sicurezza sociale”.