Cari Amici, cari Soci, come sapete oggi le comunità sono rappresentate dai Comitati degli Italiani all’Estero, (COM.IT.ES.) che quest’anno siamo chiamati a rinnovare. Anche se la scadenza cade in un momento di grave crisi sanitaria che ostacola la possibilità di incontrarci, di fare attività,

di discutere dei problemi della comunità, non possiamo mancare a questo appuntamento e non posiamo farci trovare impreparati. Il COM.IT.ES. come tutti sappiamo, oggi è il nostro consiglio comunale che ci rappresenta nei rapporti con le istituzioni italiani in primis rappresentate dal Consolato. La legge ha dato alcuni poteri di rappresentanza e di indirizzo a sostegno dell’associazionismo sul territorio, superando inutili e spesso dannosi conflittualità che alla fine compromettono ed indeboliscono il movimento associativo. Nel tempo, i compiti dei COM.IT.ES. sono stati presi di mira e sono stati progressivamente ridimensionati, così come ridimensionati sono stati i fondi a disposizione degli stessi sia per il loro funzionamento che per organizzare attività sul territorio da soli o in collaborazione con enti ed associazioni. Tutto questo ha determinato un distacco da parte della comunità, un senso di indifferenza tipico di chi non sente proprio un organismo, uno strumento di democrazia e di rappresentanza come meriterebbe il COMITES. Il tutto per una decisione politica di svuotare di contenuti, di ruolo e di funzionalità tale conquista di democrazia e di rappresentanza. La diminuzione del numero dei consolati, le continue modifiche portate alla legge, specialmente l’ultima che prevede la iscrizione con firma autenticata di chi vuole votare per la elezione dei COMITES, per altro dando tempi molto limitati per potere raccogliere tali iscrizioni, a nostro avviso hanno un solo obiettivo: vanificare del tutto il ruolo dello strumento di rappresentanza, aumentare la disaffezione degli emigrati, dimostrare che la comunità non è interessata a questi strumenti di rappresentanza. Ora, è chiaro che una riforma si impone ormai e da troppo tempo se ne parla, mentre abbiamo assistito con indifferenza alla deminutio operata nel tempo. Spetta intanto alle associazioni prendere atto di questa situazione che è maturata nel tempo e che purtroppo coincide con una crisi del movimento associativo indebolito da una politica miope che facendosi scudo della crisi economica, ha ridotto ed in alcuni casi azzerato i finanziamenti, privandosi dell’utilizzo di una risorsa incompresa o peggio ancora ignorata ed osteggiata. Avere perso tanto tempo prima di arrivare al suo ultimo rinnovo a distanza di dieci anni dal penultimo, avere posto limiti e condizioni per ostacolarne la partecipazione, sono tutti fatti che portano ad allontanare la comunità, che non vede l’utilità del COMITES, che si allontana dalle istituzioni dando ragione a quanti vogliono dimostrare che tutto sommato gli emigrati non apprezzano questi strumenti di rappresentanza e che quindi non vale la pena mantenerli. Ho detto emigrati? E già, sembra un termine obsoleto, da cambiare, quasi da vergognarsene. Si cominciò parecchi anni fa con il chiamarli italiani nel mondo, si inventano nuovi aggettivi, ma resta il fatto che i movimenti sempre più frequenti e numerosi di persone altro non è che migrazione continua e per quanto ci riguarda, emigrazione degli italiani che lasciano il meridione per raggiungere altre realtà economiche e geografiche. Siamo di fronte ad una uova ondata di emigrazione, che ha bisogno di protezione, di punti di riferimento di enti intermedi cui riferirsi per potere avere quei servizi di cui hanno bisogno, come ad esempio la interlocuzione con le istituzioni locali, comprese quelle italiane. Chi o cosa allora meglio del COMITES (il consiglio comunale degli emigrati) e le associazioni? Ecco allora perché, ora che ci avviciniamo al rinnovo di questi consigli comunali per gli emigrati, occorre dare forza alle associazioni che ci credono e continuano a battersi per avere ruolo e rappresentanza, per mantenere i COMITES tornado a dare ad essi il ruolo che avevano prima, mettendoli in condizione di servire bene la comunità, dando loro i necessari mezzi economici per fornire servizi anche culturali come facevano prima. Quella di cui abbiamo di bisogno è una comunità che deve tornare a prendere coscienza, a stare dentro le associazioni, diventandone parte attiva, favorendone il rinnovamento ed il potenziamento. Evitiamo di delegare, pigliamo nelle nostre mani il nostro futuro, scegliamo l’associazionismo che già in passato ha dato prova di essere l’unico strumento di difesa e di rivendicazione dei diritti degli emigrati e che ora, con la ripresa dell’emigrazione deve ammodernarsi a sua volta e fare fronte alle nuove difficoltà, alle nuove problematiche. I tempi e la evoluzione dell’emigrazione lo richiedono lo richiede la necessità di non cancellare il passato, ma di rilanciarlo verso nuovi obiettivi, facendo tesoro della memoria e della storia passata e scrivendone pagine nuove piene di rinnovato impegno e di idee giovani, dove le donne e le nuove generazioni debbono essere protagonisti e costruttori dell’associazionismo rinnovato, pronto a guardare avanti, guardare con fiducia al futuro. Il futuro è giovane il futuro è donna, sta a tutti noi dimostrarlo con i fatti e non solo a parole., Salvatore Augello 27 febbraio 2021