La prima riunione del Tavolo di coordinamento sull’Afghanistan che abbiamo tenuto oggi alla Farnesina ha confermato l’importanza di dare vita ad una sede permanente di dialogo e collaborazione tra tutte le forze organizzate della società civile e le amministrazioni pubbliche più coinvolte sul dossier,
al fine di determinare insieme come mobilitare le risorse a nostra disposizione per assistere in modo coordinato ed efficace i bisogni degli afghani, evitando di disperdere quello straordinario patrimonio di aiuti e di vicinanza con il popolo afgano che l’Italia ha saputo esprimere nel corso degli ultimi 20 anni. Quello della crisi afghana è un quadro a tinte fosche, reso ancora più incerto dalla nomina del nuovo Governo talebano, che tradisce le aspettative – già molto modeste - di possibili margini di moderazione. Sono sviluppi poco incoraggianti, ma che ci devono rafforzare nella convinzione che gli afghani non possono essere lasciati soli. Il Ministro intervenendo martedì alla Camera, al rientro da una missione in Uzbekistan, Tagikistan, Qatar e Pakistan, ha ricordato come da settimane siamo in costante contatto con i principali interlocutori internazionali, sia in via bilaterale, sia utilizzando tutti i formati disponibili, dall'Unione europea al G7, dalla NATO alle Nazioni Unite. E come ha più volte ripetuto il Presidente del Consiglio, crediamo nella necessità di coinvolgere sul dossier tutti gli attori internazionali che possano contribuire e abbiamo per questo proposto, come Presidenza di turno, la piattaforma più ampia ed inclusiva del G20, per un possibile vertice straordinario dedicato all'Afghanistan. L’Ambasciata italiana sarà ricostituita provvisoriamente a Doha, nell’attesa di futuri sviluppi, mentre al momento lavoriamo per definire una politica di assistenza che possa scongiurare l’ulteriore deterioramento della situazione umanitaria, con conseguenze difficilmente prevedibili in termini di ondate migratorie e stabilità regionale. L’idea è quella di disegnare un quadro di interventi rapidi e di impatto, da inquadrare nei Piani umanitari delle Nazioni Unite, prevedendo la possibilità di modulare l’azione italiana sulla base dell’evoluzione della situazione in loco ma anche della possibilità concreta di vedere accolte le richieste della Comunità internazionale circa il rispetto dei diritti di tutta la popolazione, a cominciare da quelli delle donne. In altre parole, ci atterremo naturalmente ai principi umanitari di neutralità, imparzialità e indipendenza, ma occorrerà comunque prevedere un momento di revisione e valutazione periodica circa il livello del sostegno all’Afghanistan, anche sulla base dei principi guida che definiremo con i nostri principali partners. Ad oggi appare prioritario assicurare agli afghani e agli sfollati interni aiuti alimentari, materiali e servizi di salute, acqua, soluzioni abitative decorose, beni che consentano di affrontare le rigidità del prossimo inverno. L’unica strada per farlo è quella di affidarsi alle agenzie delle Nazioni Unite, con cui ci stiamo raccordando. Penso in particolare a UNHCR, a FAO e PAM, ad UNICEF e OMS. E proprio la permanenza delle Nazioni Unite nel Paese costituisce un’importante differenza rispetto agli anni ’90 e un motivo di speranza per la situazione degli afghani. In questo quadro, come hanno giustamente sottolineato le OSC italiane che continueranno ad operare in Afghanistan, sarà anche possibile e necessario sostenere la loro attività. Non posso non richiamare come l’attenzione ai diritti delle donne, alla loro inclusione nei gangli della vita economico-sociale del Paese dovrà essere una priorità trasversale assoluta della nostra azione, il modo concreto di tener fede al nostro impegno degli ultimi due decenni. Importante sarà anche prepararsi alle possibili conseguenze di un’ondata migratoria che interessi i Paesi vicini. La situazione è per ora sotto controllo, con flussi in uscita molto contenuti. Ma è chiaro che il quadro potrebbe evolvere rapidamente nelle prossime settimane e sarà quindi necessario avere un piano di intervento che faccia leva sulle Agenzie ONU o sull’azione della nostra società civile. In questo senso, la strategia migratoria che stiamo mettendo a punto potrebbe includere, accanto all’azione strettamene umanitaria, anche interventi per rafforzare le capacità di gestione dei flussi migratori, la formazione delle istituzioni locali dei Paesi limitrofi sui diritti umani, il sostegno alle comunità locali ospitanti, nonché la messa a punto di canali di evacuazione umanitaria, tramite l’emissione di visti a favore di cittadini afghani che mostrino consolidati legami con l’Italia o l’attivazione di corridoi umanitari a favore delle categorie di beneficiari maggiormente vulnerabili (donne, minori, attivisti, ecc.), previa applicazione di filtri più attenti contro eventuali infiltrazioni terroristiche. MAECI e Mininterno hanno già un canale di dialogo attivo su questo, insieme alle OSC e agli organismi internazionali coinvolti in precedenza in analoghe iniziative per elaborare un apposito Protocollo d’intesa. Altre linee d’azione in fase di analisi riguardano l’estensione a beneficiari afghani del programma nazionale reinsediamenti finanziato con fondi europei FAMI e un possibile corridoio per studenti universitari sul modello del programma UNICORE. Tra le iniziative a cui stiamo pensando in ambito universitario è molto significativa anche la ricognizione in atto per incrementare il numero delle borse di studio destinate agli studenti afghani, e l’azione di razionalizzazione e coordinamento dei diversi tipi di offerte - agevolazioni universitarie, sostegno finanziario, accoglienza - rivolte agli studenti afghani (con particolare attenzione alle studentesse) da università, mondo accademico, fondazioni, ONG, e per le quali il MAECI, in raccordo con il MUR, metterà a disposizione una casella di posta elettronica. Siamo consapevoli che quello dell’arrivo di cittadini afghani in Italia è una delle questioni pressanti dopo la conclusione dei ponte aereo di fine agosto. Tutti riceviamo accorate richieste di aiuto e dovremo riuscire a dare risposte univoche, che non appaiono semplici. C’è un problema relativo all’attraversamento delle frontiere terrestri del Paese, che presenta oggi rischi per la sicurezza molto elevati, al punto che le stesse agenzie UN raccomandano ai cittadini afghani di non sfidare la sorte in questa fase, nell’attesa che il quadro sia più chiaro. Occorre poi anche capirsi sul concetto di “corridoi umanitari”, espressione con cui vengono forse etichettate varie modalità di trasferimento verso l’Italia, con possibili implicazioni da approfondire, anche sul piano dei rapporti con i Paesi vicini dell’Afghanistan da cui queste persone potrebbero provenire. Per questo è importante ragionare anche sulla formula di “evacuazioni umanitarie”. La riunione di oggi è stata un’importante occasione per fare il punto anche su questo, vedendo i limiti ma anche gli spazi per ulteriori iniziative. Infine, l’accoglienza che riusciremo a dare agli afghani già evacuati in Italia e a quelli che verranno trasferiti sui canali cui ho accennato poc’anzi, definirà il successo del nostro sforzo. Si tratta di un impegno cui tutti gli attori che hanno partecipato al Tavolo - Ministeri, Regioni, Comuni, Università, Osc - hanno ribadito di voler partecipare, portando nella discussione proposte e idee concrete, e al quale come MAECI intendiamo contribuire per quanto possibile, nell’ambito delle nostre attribuzioni. Infine le risorse: tra fondi della Cooperazione Italiana in senso stretto e il riorientamento dei finanziamenti in ambito Maeci destinati al training delle forze di polizia afgane per il 2021 abbiamo a disposizione circa 150 milioni di Euro con i quali l’Italia potrà dare un segnale tangibile della volontà di essere al fianco del popolo afgano e soprattutto di quelle donne e quegli uomini che in questo momento non vogliono rinunciare a pensare il loro Paese come un luogo di libertà, di opportunità, di pace. 10 settembre 2021 (Marina Sereni)