Scritto da Giovanni Longu BERNA - Dalla seconda metà degli anni Sessanta, il numero degli stranieri era percepito da molti svizzeri come eccessivo e pericoloso per la stabilità della Svizzera e l’identità nazionale. Da più parti s’invocava pertanto l’intervento dello Stato per ridurre gli arrivi (che però erano regolati in parte da accordi internazionali)

e alcuni movimenti antistranieri tentarono addirittura, con iniziative popolari, di costringere il governo a prendere misure drastiche al riguardo. Per capire meglio la situazione e gli sviluppi è indispensabile riferire alcuni numeri. Rapida crescita degli stranieri Inizialmente a preoccupare molti svizzeri era la rapida crescita della popolazione straniera dovuta all'immigrazione di massa degli anni Cinquanta e Sessanta. Dal 1950 al 1970 gli stranieri residenti stabilmente in Svizzera erano passati da 285.446 a 1.080.076, portando la loro proporzione sulla popolazione residente complessiva dal 6,1 al 17,4. per cento. Nello stesso periodo gli italiani residenti erano cresciuti ancor più vistosamente, passando da 140.280 (49% della popolazione straniera) a 583.850 (54%). Oltre i continui arrivi di nuovi immigrati, a preoccupare molti svizzeri era anche l’incremento naturale degli stranieri. Fino agli inizi degli anni Settanta, la percentuale delle nascite di stranieri si aggirava infatti attorno al 30 per cento del totale dei nati vivi (nel 1970, su 99.216 nascite ben 29.687 erano figli di stranieri, fra cui 18.452 italiani). Dalla metà degli anni Sessanta erano soprattutto le nascite a far lievitare il numero complessivo della popolazione straniera (immigrati e famiglie). Molti svizzeri ritenevano che prima o poi la popolazione indigena (che cresceva mediamente di circa 38.000 persone l’anno) sarebbe stata soverchiata dagli stranieri (che invece crescevano a un ritmo di quasi 50.000 persone l’anno). Alcuni temevano che se si fosse continuato a lungo con questo ritmo non si sarebbero più sentiti padroni nemmeno a casa loro. Poiché si trattava di stranieri residenti stabilmente (esclusi pertanto stagionali e frontalieri), la loro presenza nelle aree urbane e specialmente in alcuni quartieri non poteva passare inosservata, tanto più che conducevano una vita caratterizzata nella maggior parte dei casi da una vistosa diversità di lingua, cultura, religione, formazione, gusti, vitto, modo di vestire, comportamenti, ecc. Questa prorompente varietà appariva a molti svizzeri, piuttosto tradizionalisti, destabilizzante e pericolosa. La reazione fece riemergere i sentimenti antistranieri già manifestatisi all'inizio del secolo scorso e mai completamente spenti. I movimenti xenofobi li fecero propri e li amplificarono a livello nazionale. … e della xenofobia L’insieme di paure, pregiudizi, contrapposizioni e contrasti portò alla famosa votazione popolare del 7 giugno 1970 sull’«iniziativa Schwarzenbach» che chiedeva una drastica riduzione del numero degli stranieri residenti per evitare l’«inforestierimento» della Svizzera. L’iniziativa fu respinta, ma i numeri rivelarono quanto poco benvisti erano gli stranieri: su 1.212.361 votanti (tutti maschi, perché le donne non avevano ancora il diritto di voto), poco meno della metà (557.517) aveva approvato la richiesta di Schwarzenbach. Si disse anche che molti di coloro che avevano respinto l’iniziativa (654.844) avevano votato NO non per solidarietà o simpatia verso gli stranieri ma per paura delle probabili conseguenze economiche e occupazionali per loro stessi. Non sarebbe stata infatti senza conseguenze la riduzione in pochi anni di circa 300.000 persone, molte delle quali indispensabili per l’economia. Va infatti ricordato che nel 1970 gli stranieri maschi in età lavorativa, dai 15 ai 64 anni, erano quasi tutti occupati (gli italiani al 99,0%, gli svizzeri al 97,0%) e anche le donne straniere dai 15 ai 61 anni avevano un tasso di occupazione più alto di quello delle svizzere (italiane: 71,2%, svizzere: 47,9%). Quella votazione incise profondamente sulla politica immigratoria svizzera e sul sentimento degli stranieri, specialmente degli italiani, che allora costituivano la principale componente straniera. Conseguenze per la politica e l’immigrazione Della situazione cominciarono a preoccuparsi non solo gli stranieri, gli italiani in particolare, ma anche molti svizzeri, le autorità, i principali partiti politici, gli ambienti economici e sindacali, le chiese, anche perché l’immagine della Svizzera in Europa rischiava di deteriorarsi e già si parlava di «discriminazione» degli immigrati. Dopo il 1970 molti immigrati reagirono così! Il Consiglio federale reagì immediatamente avviando una nuova politica immigratoria incentrata sulla riduzione (graduale ma decisa) e stabilizzazione della manodopera estera, migliorando gli strumenti di analisi e di consulenza riguardanti il fenomeno migratorio (attraverso la Commissione federale consultiva per i problemi degli stranieri) ed elaborando una strategia d’integrazione in particolare della seconda generazione. Tra gli italiani la reazione iniziale fu di lotta (evidenziata in numerose prese di posizione delle organizzazioni più rappresentative e del Comitato nazionale d’intesa creato dalle associazioni italiane nel 1970) a cui seguì ben presto la rassegnazione di non poter intervenire efficacemente su una realtà dipendente prevalentemente dalla politica svizzera. Gli italiani erano anche consapevoli che non potevano contare su alcuna forza politica e sindacale che li rappresentasse pienamente e nemmeno sulle rappresentanze diplomatiche e consolari vincolate al principio di non ingerenza negli affari interni della Svizzera. Oltre alla rassegnazione si diffuse anche, soprattutto tra gli italiani, il desiderio di porre fine quanto prima possibile all'esperienza migratoria. Il clima socio-politico non ispirava più fiducia nelle istituzioni, voglia d’integrarsi, aspirazione a una convivenza serena. Del resto si sapeva che persino alcune forze politiche e sindacali di sinistra auspicavano una riduzione degli stranieri, sia pure graduale, e che le associazioni padronali alla prima occasione si sarebbero sbarazzate senza troppi scrupoli della manodopera straniera in eccesso o inadeguata all'introduzione di nuove tecnologie produttive. Saldo migratorio negativo per gli italiani Di fatto, tra il 1970 e il 1980 il numero degli stranieri si ridusse da 1.080.076 a 944. 974 (gli italiani da 583.850 a 418.989) non solo per la diminuzione dei nuovi immigrati a seguito delle misure restrittive adottate dal Consiglio federale, ma anche per la minore attrattiva del mercato del lavoro svizzero e per le numerose partenze di quegli stranieri che non si trovavano più a loro agio in Svizzera. Tra il 1974 e il 1976, la crisi economica generata dallo shock petrolifero del 1973-74 contribuì in misura preponderante a far rientrare al loro Paese alcune centinaia di migliaia di stranieri che avevano perso il lavoro o rischiavano di perderlo (si è calcolato che in quella crisi sono stati persi oltre 300.000 posti di lavoro, in maggioranza già occupati da stranieri). Questa situazione colpì particolarmente gli italiani, che dal 1972 segnarono un saldo migratorio negativo (differenza tra nuovi arrivati e partiti più naturalizzati). Per il calcolo la statistica svizzera prendeva in considerazione unicamente i cittadini con la sola nazionalità italiana, escludendo pertanto i naturalizzati. Tra il 1972 e il 1977 gli italiani che rientrarono in patria dalla Svizzera furono ben 275.370, i naturalizzati circa 133.000, mentre i nuovi arrivati dall'Italia solo 216.948. Il saldo migratorio, calcolato alla stessa maniera, risulterà per gli italiani negativo fino al 2006, anche se nel frattempo la collettività italiana era cresciuta per effetto delle leggi sulla doppia cittadinanza (i naturalizzati conservavano la cittadinanza originaria). Anche il numero di nascite di stranieri andò progressivamente diminuendo. Se nel 1970 erano state ben 29.687 su 99.216 nati vivi, nel 1980 si erano ridotte a 11.993 (appena 5.430 le nascite di madre italiana) su 73.661 nati vivi. Sul finire degli anni Ottanta il numero di nascite riprenderà a crescere per toccare nel 1990 complessivamente 83.939 nati vivi, di cui 16.446 stranieri e 3531 italiani. Altri numeri… Le vicende migratorie degli anni Settanta e Ottanta sono ancora oggi oggetto di studi perché molti aspetti di quel periodo restano ancora problematici. Qualche ulteriore dato che sarà riportato nei prossimi articoli potrebbe aiutare a capire, per esempio, il ritardo con cui la Confederazione e i Cantoni hanno avviato una seria politica d’integrazione, perché anche da parte di molti immigrati ci furono scarsi tentativi d’integrazione e di collaborazione, perché tra gli svizzeri facevano più presa i pregiudizi e le paure piuttosto che le considerazioni sui benefici di un’immigrazione controllata e integrata o sui benefici dell’incremento naturale degli stranieri sull'equilibrio demografico della popolazione residente, ecc. (giovanni longu\aise 19/09/2021)