“La mobilità in Italia e all’estero è ormai un tratto fondamentale delle strategie di vita degli italiani nel terzo millennio. La tradizione emigratoria che si è radicata nella storia del nostro popolo durante l’ultimo secolo e mezzo, si è trasformata in un dato consolidato e strutturale, una delle forme ineliminabili, ormai, della nostra condizione e delle nostre relazioni.
Il freno della pandemia e le difficoltà intervenute da quasi due anni nei sistemi di mobilità internazionale hanno appena limato questa tendenza, ma non l’hanno modificata, quando tutto faceva prevedere il contrario. Nel 2020, infatti, sono stati 109.000 gli italiani che hanno varcato i confini, contribuendo alla più ampia crescita degli iscritti all’AIRE (166.000 - +3%), l’unica Italia che cresce nel lungo “inverno demografico” che stiamo attraversando. Semmai, alla mobilità in uscita dall’Italia si è aggiunta quella in entrata o meglio in rientro, per il buon numero di connazionali che hanno deciso di tornare per questioni di sicurezza sanitaria, familiare o per perdita del lavoro al seguito della gelata che la pandemia ha provocato sulle economie locali. È la conferma che è venuta dal consueto appuntamento autunnale con il Rapporto Italiani nel Mondo, che la Fondazione Migrantes ha onorato anche quest’anno, offrendo una riflessione particolare sulla mobilità italiana ai tempi del Covid. Sono, dunque, sempre più convinta che nella girandola degli spostamenti da un’area a un’altra, da un Paese a un altro e con il crescere dei fattori di crisi e di emarginazione sociale sia indispensabile tenere ferma la barra sui diritti e sulla promozione della cittadinanza attiva delle persone. In Italia si parla giustamente delle tutele sociali e degli ammortizzatori anticrisi per i lavoratori, come premessa necessaria per le politiche di resilienza e rilancio dell’economia. E per gli italiani, di tante condizioni sociali e di tanti mestieri, che sono all’estero o che continuano a partire? Non solo è stato giusto, dunque, accrescere con un mio emendamento i fondi per l’assistenza estendendoli anche al sostegno delle piccole imprese gestite dagli italiani, ma si dovrebbe intervenire al più presto, come abbiamo proposto di fare con una risoluzione alla Camera da me promossa con convinzione, sulla riattivazione della funzionalità dei consolati che così come sono servono a poco sia per chi all’estero già c’è, sia per chi ci arriva. Non va perso più tempo, poi, per la firma della convenzione tra la rete estera e i Patronati, soprattutto per il sostegno e l’orientamento che essi possono fornire ai nuovi emigrati. E poiché i tre quarti di coloro che sono partiti si sono diretti in Europa e in particolare nel Regno Unito, credo siano giustificate le richieste che ho fatto in questi mesi di un più attento monitoraggio sulla situazione sociale e previdenziale dei connazionali che stanno facendo i conti con la Brexit. Infine, l’arrivo della legge di bilancio è l’occasione propizia per calibrare meglio da un lato gli interventi a sostegno dei rientri, dall’altro quelli relativi alla formazione, alla preparazione, all’orientamento e al sostegno di coloro che sono comunque indotti o decisi a partire”.