È stato approvato dal Consiglio dei ministri il Decreto legislativo che definisce i contorni e le modalità attuative della Legge sull’Assegno unico universale. Il Decreto passerà nei prossimi giorni al vaglio delle competenti Commissioni parlamentari prima di essere approvato definitivamente. L’Assegno unico sarà pure, come molti sostengono,

un risultato storico e il più grande riordino mai realizzato delle misure di sostegno per le famiglie italiane, ma per gli italiani all’estero invece rischia di rappresentare una bella “fregatura”. Spiego il perché. Innanzitutto l’Assegno unico (un massimo di 175 euro per ogni figlio minorenne) non è né esportabile né erogabile all’estero. Infatti – anche se il richiedente soddisfa i requisiti di cittadinanza e di obbligo fiscale (per averne diritto bisogna essere contribuente fiscale in Italia) – l’Assegno verrà riconosciuto (a partire dal 1° marzo 2022) a condizione che al momento della presentazione della domanda e per tutta la durata del beneficio il richiedente sia residente o domiciliato in Italia. La legge esclude quindi dal potenziale diritto all’Assegno unico tutti coloro i quali risiedono all’estero. In secondo luogo il Decreto attuativo della legge delega introduttiva dell’Assegno unico conferma (all’articolo 10) che a partire dal 1° marzo 2022 saranno aboliti – con alcune condizioni e peculiarità – sia l’ANF (assegno al nucleo familiare) che le detrazioni fiscali per figli a carico. Si ricorderà che già dall’aprile scorso quando fu approvata la legge delega sull’Assegno unico avevo messo in guardia (informando e sollecitando anche il Governo) sui rischi che tale nuova norma avrebbe comportato – se approvata senza opportune modifiche – per i diritti degli italiani all’estero perchè appunto la legge sull’Assegno unico subordina la fruizione dell’Assegno alla residenza o al domicilio in Italia e stabilisce il graduale superamento o soppressione delle detrazioni fiscali per i figli a carico e dell’Assegno per il nucleo familiare (ANF). Il problema è che sia le detrazioni fiscali per i figli a carico sia l’ANF sono attualmente erogati anche ai nostri connazionali aventi diritto residenti all’estero (le detrazioni sono concesse ai cosiddetti “non residenti Schumacker”, cioè coloro che producono più del 75% del reddito in Italia – tra questi i contrattisti della nostra rete diplomatica - mentre le prestazioni familiari sono concesse, a determinate condizioni e anche in virtù degli accordi di sicurezza sociale stipulati dall’Italia, anche ai lavoratori e ai pensionati residenti all’estero). Se da una parte quindi l’abolizione delle detrazioni per figli a carico e dell’assegno per il nucleo familiare (ANF) non comporta particolare nocumento per i residenti in Italia che in sostituzione si vedranno riconosciuto l’Assegno unico universale, dall’altra parte invece le pratiche conseguenze potrebbero essere pesanti per gli italiani residenti all’estero ai quali non potrà essere riconosciuto l’Assegno Unico – che richiede la residenza o il domicilio in Italia - e i quali inoltre potrebbero perdere in un prossimo futuro (probabilmente a partire dal 1° marzo 2022) anche gli attuali benefici previdenziali e fiscali (ANF e detrazioni figli a carico) di cui sono o potrebbero essere titolari. Avevo chiesto e auspicato che il decreto attuativo (approvato in questi giorni dal Consiglio dei ministri) avrebbe in qualche modo trovato un rimedio legislativo per evitare la cancellazione di diritti acquisiti da parte delle nostre collettività all’estero. Purtroppo così non è stato: infatti nel decreto non solo vengono confermate le innovazioni (l’articolo 10 cancella, come prevedibile, sia le detrazioni che l’ANF) ma i residenti all’estero non vengono neanche menzionati. Nei prossimi passaggi parlamentari sarà quindi nostra responsabilità (ed io mi sono già attivata) sensibilizzare la politica per indurre Parlamento e Governo a modificare la normativa al fine di tutelare i diritti acquisiti fiscali e previdenziali dei nostri connazionali residenti all’estero.