Sesta puntata di DossiER BOLOGNA –

“Un territorio immaginato: gli emigrati dell’Appennino di ieri e di oggi”: è il titolo della sesta puntata di DossiER, un format di approfondimento della Consulta degli emiliano-romagnoli nel mondo,

dedicato alle tematiche legate all’emigrazione emiliano-romagnola con ospiti ed esperti. Questa puntata è stata l’occasione per parlare del fenomeno dell’emigrazione della popolazione Appenninica – che conobbe i numeri più alti a livello regionale – che ha coinvolto questo territorio in maniera massiccia già dagli inizi del 1900. Le storie di chi è partito in passato e di chi parte oggi, ma anche di chi rientra dopo una vita passata all’estero, rappresentano un patrimonio culturale immateriale di un territorio oggi sempre più interconnesso e in continua mutazione, che rischia però di non essere sufficientemente conosciuto nelle sue ricche componenti culturali. Per questa ragione, dunque, la puntata è stata incentrata sui prodotti culturali, di indagine e ricerca realizzati all’interno di progetti coordinati dal Comune di Berceto, con il contributo della Consulta Emiliani Romagnoli nel mondo: “Martin J”, dedicato alla vicenda migratoria di Martino Jasoni, pittore emigrato a New York dall’Appennino parmense, “Se chiudo gli occhi vedo i monti” che racconta le nuove e le vecchie migrazioni tra un piccolo comune dell’Appennino e la grande città di New York e “Un territorio immaginato”, una ricerca sull’emigrazione dall’Appennino a cura di Maria Molinari che è antropologa e ricercatrice e che è intervenuta nel programma. Ospite della puntata, moderata da Gianfranco Coda (membro della Consulta), anche il regista e illustratore Giacomo Agnetti. “L’emigrazione non è un semplice spostamento geografico da un punto a un altro ma un susseguirsi di cambi di direzione”, ha spiegato Molinari cui non piace utilizzare i termini ordinali relativi alle generazioni come ‘prime’, ‘seconde’ o ‘terze’ generazioni. Tra gli aneddoti narrati quelli di chi è rientrato magari avendo fino a quel momento visto questo piccolo comune appenninico, Berceto, solo durante le vacanze estive da bambino. “Berceto era cambiato nel frattempo tantissimo e non si viveva più di agricoltura”, ha evidenziato Molinari parlando della dinamicità dei cosiddetti “ritornanti” in grado di raccontare i territori d’origine in modi a volte totalmente diversi a seconda dei ricordi legati a quella terra. Agnetti ha ricordato invece le difficoltà riscontrate nel decifrare lettere e documenti relativi alla storia di Martino Jasoni. “C’era una sensazione di essere una specie di Indiana Jones alla scoperta di qualche segreto: su Martino Jasoni era già stato scritto molto ma cercavamo una narrazione differente e più completa”, ha spiegato Agnetti ricordando la figura di questo artista che fece la spola tra New York e l’Appennino in un’epoca in cui viaggiare non era certamente agevole come ai giorni nostri. “Jasoni è molto importante per i nostri territori perché rappresenta quei mondi diversi che si incrociano: la montagna non è ferma perché proprio noi ci siamo sempre spostati”, ha aggiunto Molinari. Nel documentario “Se chiudo gli occhi vedo i monti” nella storia narrata da Agnetti c’è invece una narrazione del presente di persone che decidono di andare via da grandi metropoli per tornare fra i monti. Il moderatore Coda ha chiesto quali potranno essere le conseguenze della pandemia sulle comunità appenniniche e come muteranno le migrazioni stesse. “E’ difficile dirlo perché spesso quando ci riferiamo ai cosiddetti ‘nuovi montanari’ parliamo di migranti per scelta e non di migranti economici. E’ un tema di cui per tanto tempo non si è parlato e la stessa accademia si sta occupando con ritardo di questi movimenti contro-corrente, ossia da grandi città a montagne”, ha evidenziato Molinari pur riconoscendo dal punto di vista quantitativo numeri ancora bassi in questo fenomeno che però è sicuramente da approfondire dal punto di vista qualitativo. (Simone Sperduto/Inform)