ROMA - “È un buco enorme, la rete diplomatico-consolare somiglia al deserto dei Tartari, solo il 20% dei posti funzione all’estero verrà occupato e nessuno sembra accorgersi del problema. Inutile limitarsi a pubblicizzare posti all’estero che nessuno occupa”.

Così il coordinamento esteri della Confsal Unsa in una nota in cui sostiene che “le soluzioni ci sono e bisogna applicarle con urgenza” perché “i consolati sono sull’orlo del collasso”. “Mentre il numero dei connazionali iscritti all’AIRE aumenta a vista d’occhio, - prosegue il sindacato – il numero dei funzionari destinati ad occuparsi delle loro esigenze all’estero è congelato a livelli che risalgono al secolo scorso. In maniera ottusa, miope, distratta e che nega la percezione di un disagio denunciato quotidianamente dai connazionali residenti all’estero in tutte le loro forme organizzate, dai Comites al CGIE, dalle Associazioni agli Enti gestori assistenziali, - accusa la Confsal Unsa - il MAECI continua a pubblicizzare come niente fosse posti disponibili all’estero che restano cronicamente vacanti”. Per il sindacato, “le politiche governative e ministeriali degli ultimi decenni hanno creato demotivazione, disincentivazione, scoraggiamento negli animi di quei funzionari, i quali nella missione all’estero non vedono più condizioni di lavoro accettabili. Il Maeci ha ridotto i Consolati a veri e propri gironi infernali e poi invita i propri dipendenti ad andare a ricoprirne i posti in motivata allegria. Tutte le proposte di soluzione a questo problema, che porta i lavoratori già in servizio all’estero in una situazione di affanno quotidiano, restano inascoltate”. In particolare, per il coordinamento esteri, la Farnesina sarebbe sorda alle richieste di “migliorare le condizioni di lavoro per il personale di ruolo con significativo adeguamento delle indennità per servizio estero in particolar modo in talune zone geografiche; fa orecchie da mercante sulla proposta di legge per il passaggio nei ruoli del personale assunto in loco e sulla necessità di decentralizzazione dei servizi all’estero con l’apertura di nuove sedi periferiche”. “L’orecchio da mercante andrà anche bene per i mercanti, ma questo approccio – conclude la Confsal Unsa – non è accettabile se adottato da parte di un Ministero, il cui compito è anche il disbrigo dei servizi statali, servizi che solo lo Stato può e deve rendere ai milioni di italiani all’estero, con il contemporaneo dovere di proteggere il proprio personale in condizioni di lavoro adeguate, accettabili e dignitose”. (aise)