ROMA – Si è svolto nei giorni scorsi al Senato un seminario di approfondimento sulla possibilità di istituire un visto permanente di ingresso in Italia per i giovani espatriati e i discendenti degli emigranti italiani all’estero non cittadini italiani. L’evento è stato organizzato dal “Comitato 11 Ottobre
di iniziativa per gli italiani nel mondo”. Si tratterebbe – spiega in una nota il Comitato – di un meccanismo di accesso in Italia diverso da quello della cittadinanza che si estenderebbe anche agli ‘italici’, ossia la vasta galassia di stranieri che è legata alla cultura italiana e che potrebbe essere concesso in modo globale previa dimostrazione documentale o notoria della conoscenza e della sintonia con la lingua, la cultura, la storia e la realtà italiana.. .L’Italia – continua il comunicato – non ha la piena consapevolezza dei problemi che a breve determinerà lo spopolamento del territorio, l’invecchiamento della sua popolazione e l’esodo massiccio e inarrestabile delle giovani generazioni (nel corso del lockdown, in piena chiusura, quindi, dalla sola Verona, una delle città più ricche d’Italia, sono ‘fuggiti’ all’estero, 2000 giovani). A differenza delle percezioni ancora troppo superficiali della nostra opinione pubblica, diversi paesi europei, come la Germania, la Spagna e perfino la Polonia, si vanno sempre più attrezzando per accogliere e inserire nel proprio tessuto produttivo giovani emigranti. “La verità è che il problema dello spopolamento e dell’invecchiamento della popolazione é poco avvertito in Italia, ma ora incombe più di prima nel paese e sarà impossibile nel futuro fingere che non esista”, commenta questa realtà la senatrice di Italia Viva eletta nella ripartizione Europa Laura Garavini, Vice presidente della Commissione affari esteri del Senato intervenendo al seminario. L’incontro è stato presieduto dal garante del Comitato, il senatore del Pd Fabio Porta, eletto nella ripartizione America meridionale, che ha messo in evidenza la necessità di portare compimento l’intensa attività intrapresa dal Comitato dai due anni della sua costituzione, volta soprattutto ad attrarre l’attenzione pubblica e istituzionale sulla possibilità di legare i problemi del depauperamento delle risorse umane del paese con quelle rilevanti esistenti nel mondo degli italiani all’estero. Porta si è concentrato sulla proposta di elaborare legislativamente uno strumento che consenta di legare le esigenze di un paese che necessita di risorse fresche con le spinte che provengono dai giovani italiani nel mondo, segnatamente dall’America Latina, in modo che possano contribuire alla crescita del nostro paese. La relazione introduttiva del coordinatore del comitato, Aldo Aledda, è stata tesa a illustrare la percorribilità tecnica e giuridica di uno strumento analogo in un ordinamento, come quello italiano, ma già conosciuto in altri paesi, senza eccessive o inutili preoccupazioni garantiste e burocratiche. A seguire un ampio dibattito sui singoli aspetti del problema grazie anche a una partecipazione altamente qualificata del mondo universitario (i proff. Riccardo Giumelli e Giuseppe Sommario), dell’associazionismo in emigrazione ( tra cui Franco Dotolo, della Fondazione Migrantes e del Cgie, e Giuseppe Petrucci), del movimento degli italici (Umberto Laurenti, Vice presidente della relativa associazione di Piero bassetti) che hanno analizzato le numerose implicazioni e i risvolti legati all’adozione di un visto come quello proposto che oltretutto avrebbe il pregio di porre l’Italia al centro dei progetti di rientro degli interessati a differenza della cittadinanza che viene utilizzata soprattutto per spostarsi in paesi più attrattivi del mondo occidentale laddove questa sia spendibile. In tutti i casi – è stato sottolineato unanimemente dai partecipanti al gruppo di lavoro istituzionalizzato dal Comitato in modo permanente anche per future iniziative – il sistema politico italiano non potrà esimersi dall’accentuare le caratteristiche di attrazione e di competitività in funzione anche delle scelte delle generazioni di residenti più giovani che oggi sono attratti da altri paesi dell’area occidentale che pongono maggiori attenzioni e risorse a questo aspetto e costituiscono la peggiore aggravante del problema dello spopolamento e dell’invecchiamento del paese. A questo proposito della coerenza della nostra iniziativa – conclude la nota del comitato – vale la pena citare l’intervento del Presidente del Consiglio, Mario Draghi, al Parlamento che ha affermato testualmente: “ È stata approvata una legge per quanto riguarda i profughi, non solo ucraini, ma tutti i profughi, e ringrazio il Parlamento per non averla ristretta ai soli profughi ucraini. Ci sono profughi scienziati o professori universitari, che potrebbero venire in Italia e potrebbero nel caso godere di borse di studio, di fondi e finanziamenti per la ricerca, di visiting professorship e di altri modi di integrazione nella nostra realtà accademica. Tra questi ci sono diversi scienziati russi che chiedono di uscire. Noi dobbiamo accoglierli e ho chiesto alla ministra Messa di farlo sapere e di prevedere addirittura un numero di telefono che possano chiamare perché si possa dare il “la” alle procedure di accoglienza di questi scienziati”. (Inform)