Continuano ad arrivarmi le segnalazioni di cittadini italiani (soprattutto giovani) andati a lavorare all’estero i quali si lamentano di aver ricevuto avvisi di accertamento dalle amministrazioni fiscali italiane con i quali è richiesto il pagamento delle imposte sul reddito prodotto oltreconfine.

Per tutelare gli interessi di questi nostri connazionali e per rappresentare il problema al Governo italiano ho presentato in questi giorni una interrogazione al Ministro dell’Economia e delle Finanze. Nell’interrogazione ho denunciato il fatto che questi lavoratori hanno già pagato le tasse nel Paese dove si sono recati a lavorare e che quindi non dovrebbero essere tassati una seconda volta. Si tratta di lavoratori i quali non si sono iscritti (per i più svariati motivi) all’Aire (Anagrafe degli italiani residenti all’estero), hanno quindi mantenuto la residenza fiscale in Italia ma non hanno presentato in Italia, come previsto dalla legge, la dichiarazione dei redditi (o l’hanno presentata con ritardo o hanno omesso di indicare nella dichiarazione i redditi conseguiti all’estero). I cittadini italiani i quali non si iscrivono all’AIRE e producono reddito all’estero sono spesso soggetti quindi a doppia tassazione anche in virtù del diritto tributario italiano basato sulla “tassazione mondiale”, in particolare quando il Paese di destinazione ha stipulato con l’Italia una convenzione contro le doppie imposizioni fiscali che prevede la tassazione concorrente ancorchè mitigata dalla facoltà del credito di imposta. Si sta perciò sviluppando da anni una grave criticità fiscale per cui molti giovani emigrati sono sottoposti a doppia tassazione nel Paese di lavoro e nel Paese di residenza che è in questo caso l’Italia nonostante abbiano già pagato le tasse all’estero e nonostante il fatto, paradossalmente, che l’Italia abbia stipulato centinaia di convenzioni bilaterali proprio contro la doppia imposizione. Spesso si tratta di importi da pagare per migliaia o decine di migliaia di euro che sconvolgono la vita di contribuenti inconsapevoli e in buona fede che hanno già adempiuto ai loro doveri fiscali nel Paese estero dove vivono, lavorano e producono reddito regolarmente denunciato. Nell’interrogazione ho anche ricordato al Governo che più volte la Corte di Cassazione (in ultimo con l’ordinanza 9725 depositata il 14 aprile 2021) si è espressa circa la possibilità di scomputare le imposte pagate all’estero anche nel caso in cui il contribuente abbia omesso di presentare la dichiarazione dei redditi qualora con il Paese della fonte e l’Italia sia in vigore una convenzione per evitare le doppie imposizioni. Ho chiesto quindi al Ministro di intervenire anche a livello legislativo, proponendo, nei casi in cui il contribuente abbia già pagato le tasse all’estero, una sanatoria e modificando opportunamente l’articolo 165 del TUIR in modo tale da prevedere il credito di imposta anche in caso di omessa presentazione della dichiarazione dei redditi o di omessa indicazione dei redditi prodotti all’estero. Credo infine che sia opportuno ricordare che secondo la vigente normativa sono obbligati ad iscriversi all'Aire i cittadini che trasferiscono le propria residenza all'estero per periodi superiori a 12 mesi e i cittadini che già vi risiedono sia perché nati all'estero che per successivo acquisto della cittadinanza italiana a qualsiasi titolo. QUESTO IL TESTO DELL’INTERROGAZIONE Atto Camera Interrogazione a risposta in commissione 5-07753 presentato da SCHIRÒ Angela testo di Mercoledì 23 marzo 2022, seduta n. 663 SCHIRÒ. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che: sono sempre più numerose le segnalazioni di cittadini italiani andati a lavorare all'estero i quali ricevono avvisi di accertamento dalle amministrazioni fiscali italiane con i quali è richiesto il pagamento delle imposte per il reddito, prodotto oltreconfine; si tratta di lavoratori i quali, sebbene abbiano già pagato le tasse nel Paese di lavoro non si sono iscritti (per i più svariati motivi) all'Aire (Anagrafe degli italiani residenti all'estero); hanno quindi mantenuto la residenza fiscale in Italia ma non hanno presentato in Italia, come previsto dalla legge, la dichiarazione dei redditi (o l'hanno presentata con ritardo o hanno omesso di indicare nella dichiarazione i redditi conseguiti all'estero); i cittadini italiani i quali non si iscrivono all'Aire e producono reddito all'estero sono spesso soggetti quindi a doppia tassazione, anche in virtù del diritto tributario italiano basato sulla «tassazione mondiale», in particolare quando il Paese di destinazione ha stipulato con l'Italia una convenzione contro le doppie imposizioni fiscali che prevede la tassazione concorrente ancorché mitigata dalla facoltà del credito di imposta; il problema è causato dalla previsione del comma 8 dell'articolo 165 del decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986 recante il Testo unico delle imposte sui redditi (Tuir) che stabilisce che il credito di imposta dalle imposte italiane (previsto dallo stesso articolo 165 del Tuir) per i redditi prodotti all'estero non spetta in caso di omessa presentazione della dichiarazione o di omessa indicazione dei redditi prodotti all'estero nella dichiarazione presentata; si sta perciò sviluppando, da anni, una grave criticità fiscale per cui molti giovani emigrati sono sottoposti a doppia tassazione nel Paese di lavoro e nel Paese di residenza, in questo caso l'Italia, nonostante abbiano già pagato le tasse all'estero e nonostante il fatto che l'Italia abbia stipulato centinaia di convenzioni bilaterali contro la doppia tassazione; spesso si tratta di importi da pagare per migliaia o decine di migliaia di euro che sconvolgono la vita di contribuenti inconsapevoli e in buona fede che hanno già adempiuto ai loro doveri fiscali nel Paese estero dove vivono, lavorano e producono reddito regolarmente denunciato; più volte la Corte di Cassazione (in ultimo con l'ordinanza 9725 depositata il 14 aprile 2021) si è espressa circa la possibilità di scomputare le imposte pagate all'estero anche nel caso in cui il contribuente abbia omesso di presentare la dichiarazione dei redditi qualora con il Paese della fonte e l'Italia sia in vigore una convenzione per evitare le doppie imposizioni –: se il Ministro interrogato sia a conoscenza del grave problema e del pericolo concreto che, se non si interviene prontamente e adeguatamente, migliaia di giovani cittadini italiani emigrati per lavorare e i quali hanno già pagato le tasse nel Paese estero di lavoro, incorrano nel rischio, per la situazione su descritta, di essere sottoposti a doppia tassazione inasprita inoltre da probabili e pesanti sanzioni; se il Ministro interrogato non intenda adottare iniziative anche normative volte a proporre, nei casi in cui il contribuente abbia già pagato le tasse all'estero, una sanatoria e per modificare opportunamente l'articolo 165 del Testo unico delle imposte sui redditi laddove, al comma 8, prevede che il credito di imposta non spetta in caso di omessa presentazione della dichiarazione dei redditi o di omessa indicazione dei redditi prodotti all'estero; se il Ministro interrogato non intenda adottare iniziative normative e amministrative, al fine di confermare la disciplina sopra richiamata alle recenti sentenze in materia della Corte di Cassazione che ha più volte sentenziato in merito all'applicabilità del principio generale convenzionale che prevede, in ogni caso, la necessità di evitare la doppia imposizione tra i due Stati anche in prevalenza sul dettato normativo interno rappresentato dall'articolo 165, comma 8, del Testo unico delle imposte sui redditi. (5-07753)