Il vantaggio che Macron ha avuto al primo turno delle elezioni presidenziali in Francia, nonostante l’incertezza dei sondaggi, è sicuramente un buon segnale per l’Europa e per la pace, in un momento in cui il bisogno di pace e di Europa è diventato primario, vitale.

Ma siamo ancora a metà del cammino e il percorso, come sappiamo, è irto e ingombro di ostacoli. D’altro canto, l’indiscutibile successo che Mélenchon ha ottenuto, ha un significato inequivocabile: il disagio sociale, destinato ad aggravarsi per l’effetto combinato di guerra e pandemia, non può essere derubricato a condizione ineliminabile di una fase di sostanziale stagnazione, ma deve rappresentare una delle priorità essenziali sia delle politiche nazionali che europee. Rispetto al difficile confronto che si svilupperà nelle due settimane di ballottaggio, una cosa mi sembra chiara: il nazionalismo e il sovranismo impersonato da Le Pen rappresentano un obiettivo ostacolo sulla strada della coesione europea e della realizzazione di una linea di fermezza che possa concorrere a disinnescare le mire di Putin. Di quell’Europa che con la sua concreta solidarietà ci sta aiutando a salvare la nostra economia e la nostra società dalla pandemia, noi tutti oggi abbiamo più che mai bisogno per fronteggiare insieme il caro energia, le tendenze inflazionistiche e i rischi di stagnazione. Ne abbiamo bisogno per costruire la pace e per attrezzare finalmente e seriamente una politica della sicurezza e di difesa comune. Macron rappresenta nella situazione che si è venuta a determinare l’unico interlocutore possibile in questa direzione. La pace e l’Europa hanno bisogno di una Francia non chiusa in se stessa, ma aperta e capace di iniziativa solidale. Per questo mi auguro che il voto finale confermi il segnale positivo che i francesi hanno dato al primo turno.