Ai cittadini ucraini i quali avevano lavorato in Italia ed erano poi tornati in Ucraina, e che ora sono nuovamente tornati in Italia perché costretti a lasciare il loro Paese di origine a causa della guerra in corso, non saranno revocate le prestazioni di vecchiaia italiana di cui erano diventati titolari grazie ad una particolare disposizione di legge del 2002
che prevedeva il pagamento della pensione italiana in caso di rimpatrio nel Paese di origine, e cioè, in questo caso, l’Ucraina. A comunicarlo è il messaggio INPS n. 1515, dopo le indicazioni ricevute dal Ministero del Lavoro. Infatti l’articolo 18, comma 13, della legge 30 luglio 2002, n. 189, stabilisce che: “ in caso di rimpatrio il lavoratore extracomunitario conserva i diritti previdenziali e di sicurezza sociale maturati e può goderne indipendentemente dalla vigenza di un accordo di reciprocità al verificarsi della maturazione dei requisiti previsti dalla normativa vigente, al compimento del sessantacinquesimo anno di età, anche in deroga al requisito contributivo minimo previsto dall'articolo 1, comma 20, della legge 8 agosto 1995, n. 335”. Si tratta in sostanza della norma che garantisce ai lavoratori stranieri che hanno pagato i contributi in Italia e che sono ritornati per sempre nel loro Paese di origine di percepire la pensione, anche se non hanno maturato in Italia il requisito minimo contributivo e anche se non esiste un accordo di sicurezza sociale tra l’Italia e il Paese di orgine dello straniero (l’Ucraina non fa parte dell’Unione europea ed è quindi esclusa dal campo di applicazione dei Regolamenti comunitari di sicurezza sociale). A partire dal 24 febbraio 2022, a causa del conflitto in corso in Ucraina, molti cittadini ucraini, titolari di un trattamento pensionistico di vecchiaia italiano conseguito usufruendo della deroga di cui sopra, sono stati costretti a lasciare il loro Paese d’origine per stabilirsi nuovamente in Italia o nel territorio di altri Stati. In base alle disposizioni previste dall’articolo 18, comma 13, della legge n. 189/2002, il venire meno della condizione del rimpatrio definitivo, comporterebbe la revoca della prestazione. Tuttavia, il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali ha rappresentato all’Istituto che “in ragione della situazione di guerra in Ucraina e della conseguente impossibilità per i lavoratori che vi risiedevano di assicurare il rispetto della condizione di rimpatrio di cui all’art. 18, comma 13, della legge 189/2002, nelle more di una definizione più precisa dello status di tali persone in fuga dalla situazione di guerra, la condizionalità si possa ritenere sospesa per causa di forza maggiore”. Conseguentemente, fino a quando non verranno a crearsi le condizioni per un rientro nel paese in condizioni di sicurezza, le prestazioni già in essere potranno continuare ad essere erogate anche in paesi diversi dall’Ucraina e in Italia.