L’inaugurazione del Museo nazionale dell’emigrazione italiana (MEI), avvenuta ieri a Genova dopo un lungo percorso iniziato nel 2008, è sicuramente un evento positivo e atteso, che salutiamo con convinzione ed emozione per le implicazioni storiche, sociali, culturali ed etiche che esso comporta.

Genova è indubbiamente una delle porte fondamentali verso le destinazioni transoceaniche, anche se non va trascurato il ruolo che storicamente hanno avuto Napoli, Palermo, Trieste per i viaggi di mare e altre località, come Verona e Milano, per quelli ferroviari quando l’emigrazione italiana si è massicciamente rivolta verso l’Europa. L’Italia, rispetto ai maggiori paesi di immigrazione/emigrazione, con l’istituzione di un museo nazionale recupera il suo ritardo e, almeno sotto il profilo del riconoscimento e del tributo di memoria, paga il suo debito verso la sua grande diaspora, calcolata in poco meno di 30 milioni di espatriati, una delle più consistenti del mondo. Poiché nell’enfasi delle inaugurazioni spesso si perdono i dati reali delle situazioni, ci piace ricordare che la scelta di realizzare un museo nazionale dell’emigrazione fu fatta dall’ultimo Governo Prodi, quando su richiesta del Viceministro Franco Danieli furono iscritti in bilancio 2,8 milioni da destinare al museo e con decreto del Ministro degli esteri fu istituito un comitato scientifico che ne avrebbe dovuto delineare il percorso. I governi successivi hanno continuato su quella traccia inaugurando il Museo a Roma nei locali provvisori del Vittoriano e, dopo la chiusura di quella esperienza, il Ministro Franceschini ha accolto l’istanza delle autorità genovesi e liguri di trasformare in Museo nazionale l’esperienza avviata al Galata dalle autorità genovesi. Dal momento che nelle cronache non compaiono nemmeno tra gli invitati i nomi di coloro che hanno permesso la realizzazione dell’istituzione, desideriamo ringraziare noi tutti coloro che nel tempo hanno creduto e operato per la realizzazione di questo progetto. Soprattutto, insistiamo sulla opportunità di rispettarne l’ispirazione iniziale, vale a dire di perseguire un impianto a rete sia con i musei locali dell’emigrazione, disseminati in molte località italiane, che con i grandi musei dei paesi di immigrazione degli italiani, che custodiscono e narrano le storie degli insediamenti e dei percorsi di integrazione. Solo così, tra l’altro, si potrà dare un contributo reale al turismo di ritorno. Un’ultima annotazione. Nell’enfasi dell’inaugurazione, il MEI è stato descritto come la “casa” di tutti gli italiani nel mondo. Peccato che ci si sia dimenticati di invitare coloro che oggi, in base alla Costituzione e alle leggi in vigore, gli italiani nel mondo li rappresentano, vale a dire gli eletti al Parlamento nella circoscrizione Estero. Con la nostra presenza forse avremmo potuto portare un elemento in più di consenso e un valore simbolico non marginale. Ma – si sa – tra il dire e il fare spesso c’è di mezzo il mare, anzi, trattandosi di emigrazione, c’è di mezzo l’Oceano.

Angela Schirò, Francesca La Marca, Nicola Carè (deputati PD Estero) – Fabio Porta, Francesco Giacobbe (senatori PD Estero)