ROMA - Nell’ambito dell’esame del ddl di conversione in legge del decreto del 4 maggio 2022 n.41, la Commissione Affari Costituzionali della Camera ha svolto, in videoconferenza, l'audizione di Luigi Vignali (foto accanto), direttore generale della direzione generale per gli italiani all’estero e le politiche migratorie del Ministero degli Esteri.

Il decreto, ha ricordato Vignali, impatta sul voto all’estero con l’articolo 7, quello, come noto, che prevede tra l’altro il decentramento delle operazioni di scrutinio. Novità che, come ribadito anche in questa occasione, non si applicherà al referendum sulla giustizia del 12 giugno, ma solo dopo l’entrata in vigore del decreto. Nel suo intervento, dopo aver ricordato che per le consultazioni referendarie ormai prossime la rete diplomatico-consolare è a lavoro da un mese e mezzo per garantire il diritto di voto a più di 4.800.000 di aventi diritto, ha confermato il benestare del Maeci circa la previsione di 4 corti decentrate – a Milano, Bologna, Firenze e Napoli – che affiancheranno Roma nelle operazioni di scrutinio. “Non più solo Castelnuovo di Porto, quindi, ma una suddivisione dello spoglio”, ha detto Vignali. “Quelle della ripartizione Europa saranno divise tra Milano, Bologna e Firenze; l’America Latina rimarrà a Roma, Centro e Nord America, più Africa, Asia, Oceania e Antartide a Napoli”. Per garantire la “distribuzione omogenea dei plichi”, il decreto Viminale Giustizia – Farnesina che entro il 31 gennaio certifica il numero degli italiani all’estero conterrà anche “la suddivisione dei territori” con l’elenco dei Paesi. “Tutte le attività precedenti e successive allo spoglio rimangono comunque concentrate presso l’ufficio elettorale per la circoscrizione estero alla Corte d’Appello di Roma”, ha specificato il direttore generale, “che si avvarrà del Dipartimento di pubblica sicurezza del Viminale” mentre le sedi decentrate “al termine dello scrutinio invieranno i verbali dei seggi a Roma”. Queste regole si applicheranno “dopo l’entrata in vigore del decreto, quindi non al prossimo referendum” per il quale lo spoglio “avverrà ancora integralmente a Castelnuovo di Porto”. È una “novità da accogliere con grande favore”, ha commentato Vignali ricordano le criticità emerse ad ogni votazione. Inoltre, ha aggiunto, “entro 45 giorni dall’entrata in vigore del dl, con decreto Interno – Esteri – Giustizia provvederemo alla suddivisione degli uffici tra le città coinvolte”. Questo metterà fine alle “difficoltà dello scrutinio in una unica sede”, peggiorate di anno in anno, anche a causa “dell’aumento costante del corpo elettorale, più che raddoppiato in 20 anni”. Una “dinamica inarrestabile” dovuta a “vari fattori”, ha spiegato Vignali: “i giovani purtroppo continuano a partire, ci sono poi le nuove generazioni nate all’estero, e anche la generosità estrema della nostra legge di cittadinanza”. Ad oggi “dovremmo istituire circa 1700 seggi”, coinvolgendo “circa 10mila persone per lo scrutinio” in un unico luogo, “senza contare l’aggravio di lavoro per la sola Corte di Roma”. L’istituzione dei 4 uffici decentrati “non impatta sull’organizzazione”, visto che “il materiale elettorale continuerà a viaggiare su Roma, solo funzionari abilitati della Farnesina potranno rimuovere i sigilli diplomatici”. Nelle altre città sarà “garantita la presenza di funzionari del Maeci, sotto il controllo della pubblica sicurezza per quanto riguarda il trasporto delle schede votate”. L’articolo 7, al comma 7, prevede poi il coinvolgimento della Farnesina nella stesura del decreto del Ministero delle finanze che ogni tre anni determina l’importo massimo del finanziamento delle spese per le elezioni. “In questa tornata – ha detto Vignali - stiamo appunto sperimentando l’insufficienza delle risorse, sia perché ci sono più votanti, sia perché sono aumentati i costi a causa dell’inflazione”, dai voli alla carta. “Avremmo avuto bisogno di 42 milioni di euro, ne abbiamo chiesti 31, ad oggi ne abbiamo avuti poco più 24, cioè quanto previsto dall’originario decreto del Mef. Ecco perché – ha sottolineato - abbiamo chiesto di poter partecipare alla stesura del decreto: per poter valutare i costi realistici del voto all’estero”. “Mettere in sicurezza il voto costa”, ha aggiunto. “Possiamo fare tutto: mettere codici a barre, prevedere consegne personalizzate agli elettori per evitare interferenze, però questo costa”. Tornando al decreto 41/2022, Vignali ha spiegato che il comma 9 “introduce modifiche valide per questo referendum, che riprendono le modifiche introdotte per quello del 2020” e cioè la possibilità che i plichi possano viaggiare con valigia diplomatica anche non accompagnata, “cioè non necessariamente affiancata da un funzionario diplomatico, ma sempre in sicurezza, affidati, ad esempio, al comandante dell’aereo”; e poi l’aumento del numero massimo di elettori per seggio, “4/5mila invece dei 2mila previsti”. Queste previsioni “mettono in luce alcune criticità legate a voto per corrispondenza all’estero, dimostrano l’insostenibilità dell’impianto normativo vigente e l’inadeguatezza di un procedimento pensato oltre 20 nani fa per un corpo elettorale molto inferiore”, ha ribadito Vignali, ricordando che nel 2001 gli aventi diritto al voto all’estero erano 2.300.000. Visto, poi, che la prima commissione è impegnata nell’esame della riforma della legge 91/92, Vignali ha osservato che “l’attuale legge sulla cittadinanza è molto generosa”, non prevedendo “limiti generazionali" per la trasmissione iure sanguinis, “né alcuna verifica del legame genuino con il patrimonio culturale, la lingua e le tradizioni, in una reciprocità di diritti e doveri che sarebbe molto importante, anche per chi dovrà esercitare il diritto di voto, per decidere consapevolmente, capire – in questo caso - i quesiti referendari”. “Alla Farnesina siamo pronti a sostenervi in questo processo così come lo siamo qualora il Parlamento avviasse un eventuale percorso di riforma del voto che tenga presente le difficoltà attuali e che possa mettere in sicurezza questa grande conquista degli italiani all’estero”. Rispondendo a Baldino (M5S) circa la possibilità di introdurre il voto elettronico dopo la sperimentazione con i Comites, Vignali ha sostenuto che “sicuramente il voto elettronico è una prospettiva di sviluppo importante per il voto all’estero”, caratterizzato da “grandi distanze e costi molto rilevanti”. “Basti pensare”, ha aggiunto, “che noi mandiamo schede elettorali in 196 paesi, piccole isole del Pacifico e Antartide compresi”. La sperimentazione alle recenti elezioni dei Comites “ha avuto un buon successo, ha dato buona prova tecnica e di resistenza agli hacker. Ma bisognerà attendere che ci siano dei prerequisiti perché il voto elettronico possa essere ampliato alle politiche o ai referendum”. “Requisiti antihacker in primis” con cui “stiamo lavorando con i tecnici, ma non sarà semplicissimo”. Ad oggi, ha ricordato Vignali, “il voto elettronico a distanza è utilizzato solo dall’Estonia e non per tutti, ma come un’opzione. Si tratta di un Paese che ha un numero di abitanti e distanze limitate”. Nel nostro caso, invece, “si dovrebbe votare elettronicamente anche in Paesi che non hanno infrastrutture adeguate, pensate all’Africa, ad alcuni paesi asiatici o dell’America latina, dove comunque ci sono molti italiani. Il nodo qui sarebbe dell’infrastruttura locale: se c’è internet e funziona perché non possiamo rischiare il diritto dei cittadini perchè salta la rete”. “Resta una prospettiva di cui sono un forte sostenitore, che continueremo a sperimentare per mettere in sicurezza il voto”, ha assicurato Vignali. Sicurezza che per la modalità – corrispondenza potrà senz’altro migliorare “con altre modalità, come la tracciabilità dei plichi, i qr code sulle buste”; modalità “che però costano. Ecco perchè – ha concluso – abbiamo chiesto di poter concertare con il Mef alla stesura del decreto che stanzia le risorse per il voto”. (27.05.2022 ma.cip.\aise)