Non è accettabile che migliaia di italiani residenti all’estero siano stati improvvisamente “espropriati” delle agevolazioni fiscali e previdenziali di cui godevano da anni e che rappresentavano un legittimo contributo da parte dello Stato italiano al sostegno della loro famiglia.
È proprio ciò che è avvenuto dal 1° marzo di quest’anno quando l’assegno al nucleo familiare (Anf) e le detrazioni per figli a carico di età inferiore ai 21 anni sono stati abrogati e sostituiti dall’Assegno unico che però è stato vincolato alla residenza in Italia. Mi batto da un anno per il ripristino delle agevolazioni soppresse per i nostri connazionali i quali pur risiedendo all’estero hanno pagato e pagano le tasse in Italia potendo così essere considerati, a tutti gli effetti, contribuenti italiani. Con la mia interrogazione al Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali ho evidenziato che l’improvvisa perdita, quindi, di detrazioni e Anf non compensata dall’Assegno unico ha prodotto un grave vulnus umano ed economico per migliaia di contribuenti italiani residenti all’estero i quali hanno subito una considerevole riduzione del loro reddito con conseguenze spesso drammatiche sul loro tenore di vita. Ma non ho solo sollevato principi umanitari (oggigiorno di difficile comprensione) ma ho bensì sottolineato anche e soprattutto il pasticcio giuridico causato da un legislatore che non ha previsto o ignorato gli evidenti conflitti e le possibili violazioni del diritto comunitario e internazionale. Nell’interrogazione, depositata in Commissione Affari Sociali, ho rilevato che in più occasioni la Corte di Giustizia europea ha sentenziato che (sulla scorta dell’articolo 7 del regolamento n. 883/2004, intitolato «Abolizione delle clausole di residenza») le prestazioni in denaro dovute a titolo della legislazione di uno o più Stati membri non sono soggette ad alcuna riduzione, modifica, sospensione, soppressione o confisca per il fatto che il beneficiario o i familiari risiedono in uno Stato membro diverso da quello in cui si trova l’istituzione debitrice. E anche che, per quanto riguarda i contribuenti residenti in Italia che si sono visti sospendere le prestazioni familiari che percepivano per il loro nuucleo familiare residente all’estero, la Corte di Giustizia ha sentenziato che (l’ultima sentenza in materia è quella riferita alla Causa n. 328/2020 del 16 giugno 2022 di cui ho dato ampio resoconto in un mio recente comunicato) una persona ha diritto alle prestazioni familiari ai sensi della legislazione dello Stato membro competente, anche per i familiari che risiedono in un altro Stato membro, come se questi ultimi risiedessero nel primo Stato membro. Ebbene alla luce di queste considerazioni, ho chiesto al Ministro se, in conformità con quanto disposto da regolamenti e direttive comunitari e da numerose sentenze della Corte di Giustizia europea, non ritenga che l’Assegno unico universale debba essere concesso anche ai cittadini italiani residenti all’estero i quali pagano le imposte sul reddito in Italia e non sono percettori di analoghe prestazioni all’estero, o che comunque non sia opportuno ripristinare per loro il diritto, revocato dal 1° marzo 2022, alla concessione dell’assegno al nucleo familiare (ANF), e delle detrazioni per figli a carico di età inferiore ai 21 anni, e inoltre non sia legittimo e opportuno, anche a seguito della recente sentenza della Corte di Giustizia europea summenzionata, concedere le prestazioni familiari (ora negate) ai lavoratori residenti in Italia ma con nucleo familiare residente all’estero. Il mio impegno sulla questione continua, sostenuto anche dall'iniziativa dei colleghi PD al Senato, nella speranza che si possa arrivare ad una risposta risolutiva in tempi accettabili.