Con 262 rintocchi di campana si è aperta la cerimonia di commemorazione del disastro minerario di Marcinelle, la più grande tragedia che ha colpito la nostra migrazione in Europa. 262 furono infatti i lavoratori provenienti da ogni parte del vecchio continente che quell’8 agosto del 1956 morirono nella miniera del Bois du Cazier.
136 di loro erano italiani, emigrati in Belgio. Una cerimonia commovente e partecipata. Insieme alle famiglie dei minatori e alle loro associazioni ci siamo ritrovati in tanti: giovani e anziani, lavoratori, sindacalisti italiani e belgi, esponenti delle istituzioni e delle amministrazioni locali, delle nostre rappresentanze diplomatiche e consolari, delle associazioni italiane, degli alpini e degli studenti del Liceo romano Francesco Vivona. Presente anche il segretario del Partito Democratico, Enrico Letta e i circoli del PD del Belgio. Ancora una volta, ma come se fosse la prima volta, ci siamo ritrovati per assolvere al nostro dovere di riconoscenza, di solidarietà umana e di memoria verso i nostri fratelli che in quel mese di agosto di sessantasei anni fa hanno perduto la loro vita e il loro futuro. Per il valore simbolico che questa ricorrenza ha assunto, ci siamo ritrovati anche per estendere questi nostri sentimenti di reverenza e di partecipazione umana e morale a tutti gli emigrati italiani che sono morti sul lavoro, in ogni parte del mondo. Anzi - aggiungo – a tutti i migranti che sacrificano la loro vita sulle rotte della speranza, alla ricerca di un lavoro e di una dignità che le loro società di origine non sono sempre in grado di assicurare. Marcinelle, tuttavia, non è solo un luogo di dolore, di lutto e di memorie. È anche un impulso di solidarietà, un impegno ad elevare il livello di protezione sul lavoro, una spinta a umanizzare le regole della nostra convivenza civile. Non a caso, a seguito di quella immane tragedia, non solo il lavoro nelle miniere incominciò a regredire, ma finalmente la silicosi fu riconosciuta come malattia professionale e prese slancio in tutta Europa il movimento che ha portato passo dopo passo, paese dopo paese, a realizzare un regime di welfare che nel giro di qualche decennio è diventato in tutto il mondo un modello di socialità equa ed avanzata per i tempi in cui era realizzata. Quel modello è stato rimesso in discussione dalle politiche finanziarie e oggi sul piano della tutela dei diritti dei lavoratori ci sono ancora molte cose da fare, tuttavia esso resta una stella polare capace di illuminare anche il cammino futuro. Senza farsi portare dall’enfasi che talvolta anima i momenti commemorativi, credo si possa dire con fondatezza che lo spirito di solidarietà e di convergenza che sui temi del lavoro Marcinelle ha fatto crescere e maturare, rappresenta uno dei valori fondativi dell’Europa unita. Questo vincolo e questo senso di solidarietà, che sono restati per molto, troppo tempo latenti tra gli stati europei e talvolta nella stessa opinione pubblica, sembrano oggi conoscere una nuova stagione, fondata sulla consapevolezza che solo unendo le forze e aiutando chi ha un passo più incerto si può aiutare l’Europa nel suo complesso ad uscire dalla pesante crisi provocata dal convergere della pandemia e del deficit energetico. Per questo, il messaggio che sento di assumere oggi è un messaggio di forza e di speranza, il senso di un dovere da assolvere nel nome degli scomparsi al Bois du Cazier: il dovere di costruire una legislazione sempre più efficace di tutela del lavoro, un sistema di welfare centrato sui diritti di cittadinanza, un vincolo di solidarietà sempre più stringente a livello europeo che consenta al nostro continente di superare le presenti difficoltà e di avere un ruolo di pace e dei equilibrio nel mondo.