07/09/2022 Allora! Editorial 0 Se noi italiani all’estero abbiamo il privilegio di votare un nostro rappresentate, lo dobbiamo alla legge che regola il voto degli italiani nel mondo, la cosiddetta legge Tremaglia. I padri di quella legge in effetti furono due, Mirko Tremaglia e Piero Fassino,

che lavorarono insieme con una grande intesa fino a stabilire un rapporto personale molto forte e profondo al di là delle collocazioni politiche. È una legge che periodicamente viene messa in discussione sulla base di un presupposto sbagliato e infondato: che i cittadini italiani che vivono all’estero non abbiano più un rapporto con il Paese e non siano parte della comunità nazionale. Non è così. Forse lo era per quelli che cento anni fa emigravano per non tornare più, oggi si tratta di una emigrazione che mantiene un rapporto con il suo Paese, quindi è del tutto giusto che abbiano la possibilità, quando ci sono le elezioni, di poter far sentire la loro voce ed essere rappresentati in Parlamento. I cittadini che hanno discendenze italiane sono circa sessanta milioni, c’è un’altra Italia che vive nel mondo, oltre 5 milioni i cittadini italiani che hanno la cittadinanza italiana e quindi il diritto di voto. Italiani che vivono nel mondo sono partecipi alla vita del Paese ed è giusto che possano avere rappresentanza nel Parlamento ed essere quindi partecipi e protagonisti della vita del Paese. Da parte sua la politica italiana deve avere un’attenzione costante, adeguata e continua alle esigenze, alle domande, alle aspettative, degli italiani che vivono all’estero. Il voto degli italiani all’estero è la chiave per renderli protagonisti della vita dell’Italia e di quegli italiani che per ragioni di studio, di lavoro, di vita risiedono all’estero ma continuano ad avere un rapporto molto forte con il loro Paese. La scelta del nostro rappresentante, infine, deve premiare la persona che, per le sue qualità politiche, sociali e umane, assiduamente partecipa alla vita dei nostri due Paesi.