Dopo una lunga preparazione fatta di confronti e di approfondimenti delle complicate problematiche del mondo delle migrazioni, arriva in dirittura d’arrivo l’ XI congresso della FILEF, che oggi ha iniziato i suoi lavori. Quello iniziato oggi, non è un congresso come se ne fanno tanti,

ripercorrendo l’abituale liturgia congressuale. Si direbbe che il presente congresso, si sia messo d’impegno per superare il lungo tempo trascorso dal X, affrontando fatti e vicende di questo lungo periodo ed aggiornando l’analisi sulle vicende migratorie. Il congresso viene aperto da una breve introduzione di Laura Salsi, presidente della FILEF di Reggio Emilia e coordinatrice nazionale della FILEF, che riassume il cammino preparatorio portato avanti per mesi dalla Federazione per la costruzione di un‘associazione all’altezza dei difficili tempi che viviamo. I lavori della giornata sono andati avanti con una tavola rotonda moderata dalla giornalista Margherita Grassi. Partecipano il sindaco di Reggio Emilia Luca Vecchi, la consigliera delegata dalla provincia Francesca Bedogni sindaca di Caviago, Nicoletta Manzini della fondazione Mondinsieme, la pedagogista Daniela Lanzi che si occupa di scuole e nidi d’infanzia e Laura Salsi presidente FILEF Reggio Emilia. Il tema che affrontano con grande competenza e dovizia di particolari, è quello dell’accoglienza e del modello Reggio Emilia che mira all’integrazione degli immigrati, al modo di trattare i bambini per farli sentire parte di una grande famiglia: la società che li accoglie e li circonda, trattandoli giustamente come titolari di diritti, attenti a non sradicarli dalle proprie origini, anzi attingendo alla loro cultura, contaminandola con la nostra. Così si forma una società multietnica e multiculturale, così nascono i nuovi italiani che hanno diritto ad avere la cittadinanza. Portatori di diritti e non schiavi da sfruttare, non numeri, non braccia, ma persone umane. Persone che possono differenziare da noi e anche tra loro solo dal colore della pelle. Il tutto con una accoglienza diffusa che non ghettizza ma accoglie ed integra. Chiude la tavola rotonda il sindaco Luca Vecchi al quale viene chiesto anche un suo parere sulle recenti elezioni appena conclusesi. Particolare quindi questo inizio di oggi, per le tematiche che affronta. Dopo quelle dell’accoglienza affrontate nella tavola rotonda, si passa ad un intervento del sociologo Francesco Della Puppa, che illustra le condizioni dell’emigrazione dei nuovi italiani, seguendo i movimenti, le condizioni di lavoro, le aspettative e i livelli di adattamento della comunità bangladese che si è trasferita nel Regno Unito, affrontando anche i disaggi della brexit, la necessità di accantonare la professionalità ed il grado di istruzione anche elevato, per adattarsi ai lavori umili e spesso anche mal pagati, rifiutati dagli inglesi, pur di sbarcare il lunario nella speranza di conquistarsi una posizione sociale e lavorativa migliore. Della Puppa conclude che per rendere appetibile questo tipo di ricerche che possono apparire noiose, oggi ricorre al fumetto che presenta problematiche anche pesanti in maniera scorrevole che incentivano la lettura. A seguire, Pietro Lunetto, coordinatore della FILEF, coautore assieme a Marco Crispigni del volume “On the road again”, una importante ricerca sulla nuova emigrazione. Preoccupante il fenomeno migratorio degli ultimi dieci anni, che ha spinto tanti giovami professionisti ad affrancarsi dal precariato al quale sono condannati in Italia, per cercare e molto spesso trovare, lavoro ben pagato che gratifica la loro professionalità. Un fenomeno quello della nuova emigrazione che sempre più massicciamente coinvolge anche lavoratori giovani e meno giovani, artigiani e piccoli imprenditori, ipotecando lo stesso futuro delle zone di provenienza. Un intervento sulla problematica dell’immigrazione, viene affrontato da Francesca Coleti dell’Ufficio di presidenza dell’ARCI, la quale evidenzia la necessità di sinergie per non perdere gli immigrati. Tra un mese circa scade l’accordo con la Libia ed allora occorre lavorare perché si arrivi a creare legami a formare una rete per cercare di garantire a queste persone diritti, quali il diritto alla cultura, al lavoro protetto, alla casa. In un intervento registrato, Edith Picler illustra quali lavoratori oggi cerca la Germania, che ne ha bisogno per mandare avanti le proprie industrie. Lavoratori generici ma anche tecnici piccoli imprenditori, persone qualificate, lavoratori da impiegare nel terziario. Lavoratori da integrare e non da utilizzare temporaneamente. Essendo nel territorio di Reggio Emilia, non poteva mancare il ricordo storico del sacrifico dei sette Fratelli Cervi che si immolarono per conquistare all’Italia la liberazione dal nazifascismo e la democrazia della quale godiamo oggi. Il ricordo lo porta Adelmo Cervi, figlio di Aldo uno dei sette fratelli, che racchiude la sua testimonianza nel volume “I miei sette padri”. La giornata si conclude con la proiezione di due docufilm, uno del 2007 sull’associazionismo in Svizzera presentato da Morena Maria La Barba dove si descrivono le varie fasi dell’associazionismo Da quello politico a quello regionale a quello dell’ultima generazione. Associazionismo che attraversa un periodo di crisi. Per la descrizione il documentario si avvale dell’apporto di due figure molto impegnati nel passato: Leonardo Zanier e Luca Criscione. L’altro importante documento filmato dal titolo “l’arrivée de la Jeunesse”, descrive l’emigrazione nel Lussemburgo. Parte da lontano il film, dall’inizio del XX secolo ad oggi. Nella complessa vicenda, si intrecciano vari tipi di emigrazione, ma anche vari episodi storici. Inizia dall’emigrazione verso le miniere dapprima senza protezione legale ed in seguito dopo accordi tra stati. Si tratta di persone che lasciavano il proprio paese in massa alla ricerca di un lavoro dignitoso del quale potere vivere ed assicurare un futuro ai propri figli. Siamo nel periodo in cui gli emigrati venivano ospitati in baracche con servizi comuni. Ciò nonostante, scendendo nelle viscere della terra, assicuravano indiscutibilmente una vita migliore alla famiglia, ma producevano nello stesso tempo, ricchezza per lo stato che li stava ospitando. Alla vita in miniera si intreccia la seconda guerra mondiale e la partecipazione alla resistenza armata per battere il fascismo e contrastare l’occupazione nazista. In ognuna di queste fasi, emerge sempre e con forza l’italianità delle persone. Alla resistenza armata si intreccia anche la deportazione, il treno della morte, i campi di concentramento quindi il ritorno alla vita normale. Le famiglie che si sviluppano, che tifano per la squadra italiana, che si uniscono in associazioni, i ragazzi che giocano a calcio con le magliette delle squadre italiane a sottolineare il loro attaccamento alla patria, anche se matrigna. Se questo voleva essere un messaggio a chi di dovere, e lo è, per ricordare il ruolo positivo che hanno giocato, giocano e potrebbero ancora giocare le associazioni e gli emigrati non solo in favore della nazione ospitante, ma anche di quella lontana, che non è mai uscita dal loro cuore, dai loro pensieri, il messaggio colpisce nel segno. Come nel segno colpisce nel ricordare quante storie e quanta storia ha generato e custodisce l’emigrazione. Una storia che è bene ricordare, fa a pieno titolo parte della storia del popolo italiano. Salvatore Augello 29 settembre 2022